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George soros e l’ucraina. nuove occasioni per speculare

Creato il 31 maggio 2014 da Conflittiestrategie

 

George Soros bacia Kiev e poi schiaffeggia l’Europa. Il finanziere non interviene a caso sull’affaire Ucraino, eppure l’UE sembra proprio non capire che questa crisi internazionale è, innanzitutto, un suo grattacapo. Certo, è anche di Putin, ma per diversi motivi. Se Bruxelles fosse stata in grado di curare i suoi interessi strategici, in maniera indipendente e aderente alle sue esigenze di fase epocale, avrebbe scacciato con ogni mezzo una simile tragedia regionale, trasformatasi in un grosso guaio internazionale, tanto per il deterioramento delle relazioni con il mondo euroasiatico che per l’ulteriore intromissione dell’ingombrante amico americano nelle sue vicende continentali.
La Casa Bianca, infatti, conduce i giochi ed esclude volontariamente gli altri titubanti partner, fatta salva la Polonia che per essa rappresenta una base logistica di provocazione, sia sul fronte interno europeo che su quello esterno russo. Quel fuck the Eu, da parte della Nuland, non era stato pronunciato a vuoto. Ma poiché l’Ue esiste unicamente sulla carta (quella moneta dei suoi avidi banchieri e quella straccia dei suoi stupidi trattati) non ha mosso un dito per impedire che ciò avvenisse, o se lo ha fatto è stato per accecarsi e cadere più rapidamente ai piedi statunitensi.
Adesso siamo alle prese con un pericoloso focolaio d’instabilità e di terrorsimo che verrà incluso, forzatamente, nei nostri confini, così come Washington pretende. Cui prodest? Non alla Germania che faceva i suoi affari in quell’area con la compiacenza di Mosca, e nemmeno a tutti gli altri membri che ora si dovranno accollare il risanamento un paese fallito. Ed i tempi non sono propizi per sperperare. Nessuno ha voluto salvare la Grecia ma risolleverà Kiev? Perché? Lasciateci dubitare della generosità delle nostre cancellerie. Londra ha già fatto sapere che non scucirà un soldo per l’Ucraina e così pure le altre Capitali che hanno i loro problemi economici e non si metteranno a fare beneficienza, a meno di non scatenare rivolte sociali in casa propria, dove l’umore è nero e la vita sempre più difficile per via della crisi. Inoltre, c’è da chiedersi come mai mentre noi italiani, spagnoli, portoghesi, greci dobbiamo sottostare a regole stringenti di spesa pubblica e di parametrazione finanziaria per l’Ucraina dovremmo chiudere non un occhio ma entrambi, e lasciarla passare alla frontiera senza garanzie. Forse a Bruxelles stanno studiando anche per gli oligarshenko una di quelle soluzioni spumeggianti e creative, alla Mario Draghi e Goldman Sachs, di taroccamento dei conti (vedi Grecia) per l’adeguamento agli standard comuni di ingresso nell’UE?
I nostri governanti, si sa, sono molto presuntuosi e benché pensino di farla sempre franca, questa volta rischiano di brutto. Il clima sociale non è favorevole a questi imbrogli. Cosa fa pensare loro di riuscire lì dove Mosca ha fallito per decenni e con perdite immani di denaro dei contribuenti russi? Cosa li spinge a credere di poter sistemare in pochi mesi il futuro di un paese devastato dalla guerra civile che periodicamente sprofonda nella confusione? O stanno bluffando o sono pazzi o, “tertium datur”, sono costretti…da terzi. E così torniamo a Soros ed ai suoi consigli che non si possono rifiutare. Suggerisce il magnate delle cedole: svenatevi per l’Ucraina perché l’Ucraina porterà una ventata di fresco europeismo sulla vostra burocrazia appesantita e ingrigita. Ci vuole meno istinto conservativo per tornare a crescere e prosperare, dice il grande trafficante mentre si tocca il portafogli. Soros vuole speculare e cerca di convincerci che le sue buone raccomandazioni servono a far girare l’economia. Sì, quella Usa. Infatti, aggiunge subito dopo: gli europei si affidino alla Overseas Privat investment corporation (agenzia del governo americano) per tutelare i loro investimenti, sia all’interno che fuori dai propri territori. Tutta questa pippa trasognante per maneggiare i nostri soldi. Come europei siamo bolsi ma non così scemi, almeno speriamo. Anche se dei nostri dirigenti non c’è mai da fidarsi.


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