L’uomo che dipingeva il silenzio è la nuova convincente prova narrativa di Georgina Harding, un libro che si muove tra due mondi, quello idilliaco e pastorale del paese di Poiana, visto prima della guerra (la Seconda, siamo in Romania), un luogo scolpito da una fantastica luce, e quello desolato e austero del dopoguerra comunista. In questa tetra terra due persone si incontrano, un uomo sordo dalla nascita, debilitato, apparentemente senza passato, e una giovane infermieria nel luogo in cui è ricoverato, che riconosce la persona che frequentava la ricca residenza di famiglia nell’ombra umana capace ormai solo di comunicare con il disegno, prima che il passaggio del conflitto e l’avvento del nuovo regime disgregasse la sua casa e i suoi legami.
Una storia intensa e coinvolgente scritta con prosa serrata e poetica, immersa negli orrori della storia recente e nel vasto oceano del cuore dei sentimenti umani.
Georgina Harding, L’uomo che dipingeva il silenzio, Einaudi
Tgraduzione di Federica Oddera
Sordo dalla nascita e di umili origini, Augustin viene allevato insieme ai figli di una facoltosa famiglia di proprietari terrieri nella Romania tra le due guerre. Con Safta, la piú giovane, nasce un legame speciale destinato a rimanere inalterato nel tempo, nonostante le tormentate vicissitudini che travolgeranno le loro vite. Augustin non sente e non parla, ma percepisce persone, luoghi, persino gli eventi storici che stanno cambiando il mondo. La sua lingua è il disegno, per il quale manifesta da sempre un innato talento. Allo scoppio della guerra e all’avvento del comunismo che scompaginano ogni armonia resiste però il filo tenace della loro intesa silenziosa.
Iasi, Romania, inizio degli anni Cinquanta. Nella città grigia e monocolore come una fotografia, un uomo giunge alla stazione ferroviaria, poi a fatica si trascina fino all’ospedale dove viene soccorso dalle infermiere di turno, estenuato dalla debolezza e dalla tosse. Non ha documenti, solo un mucchietto di pezzi di carta incomprensibili in tasca, non parla. La caposala, Adriana, intuisce che potrebbe essere sordo e una delle infermiere, Safta, lo riconosce pur senza rivelarne l’identità: è Augustin, detto Tinu, come lo chiamavano affettuosamente a Poiana, nella grande residenza di campagna dei Valeanu, dove entrambi sono nati e cresciuti come fratelli, lei rampolla di una famiglia benestante, lui unico figlio illegittimo di Paraschiva, la cuoca di casa. Nel tentativo di comunicare con Tinu, Safta comincia a rievocare vicende sepolte nella sua memoria da anni: monologhi attraverso cui esprime il fluire dei pensieri, come se l’amico d’infanzia potesse udirla, come se solo la sua presenza silenziosa e indifferente potesse accogliere il dolore di quei racconti. Paradossalmente Augustin con la sua sordità incarna l’ascoltatore ideale, colui al quale confidare emozioni, segreti, reminiscenze che non potrebbero piú altrimenti riaffiorare. È cosí che il lettore passo dopo passo scopre le vicende dei due protagonisti: Augustin, che impara a usare la matita come la bacchetta di un rabdomante con cui intercettare la realtà e fissarla in forme del bello che siano per lui suoni e parole, e Safta, che sotto gli abiti del generoso servizio nasconde le ferite di privilegi spezzati e sogni infranti. Ed è in questo gioco di prospettive che la storia si dipana in un ritmico alternarsi tra presente e passato, tra Iasi e Poiana: la vita agiata dei Valeanu in contrasto con le fatiche quotidiane di domestici e contadini; la Romania precedente alla Seconda guerra mondiale e quella precipitata di lí a pochi anni sotto il regime comunista. Un passato scorto attraverso la lente della nostalgia e un presente tetro e difficile in cui anche gli essere umani scontano il trascorrere degli anni e delle esperienze vissute trasformandosi un poco alla volta in altri da sé: «Cosa importa chi siamo o chi siamo stati? … Abbiamo tutti tante di quelle identità, di questi tempi… C’è la persona che siamo dentro di noi, quella che eravamo in passato e poi quella che appare agli occhi degli altri».
riportiamo la nostra recensione de LA SOLITUDINE DI THOMAS CAVE, precedente libro dell’autrice
Georgina Harding fa tornare con la memoria ai capolavori di Defoe e Stevenson, alle storie di naufragi e solitudine, per poi condurci nei territori dell’attuale canone letterario esplorando l’animo del suo protagonista alle prese con la più terribile delle solitudini, alla ricerca di una fede nella propria forza interiore per affrontare i pericoli esterni e i tormenti del proprio animo. Una storia essenziale nella prosa (adatta ai paesaggi artici ottimamente descritti), ma ricca di emozione e trasporto.
Georgina Harding, La solitudine di Thomas Cave, Vertigo
Agosto, 1616. La baleniera Heartsease ha trascorso la stagione di caccia presso una sconosciuta isola delle Svalbard, in pieno Artico, dove pochi osano spingersi. Ma presto verrà il grande freddo e tutti sono ansiosi di tornare indietro prima che il ghiaccio si richiuda. Tutti, tranne Thomas Cave che, davanti ai compagni increduli, scommette di poter resistere da solo in quella terra estrema fino alla primavera seguente. Qualche provvista, un riparo e un giornale di bordo, nel caso non dovesse vivere abbastanza per raccontarla, saranno il suo unico equipaggiamento. E quando l’interminabile notte polare calerà, si scateneranno contro di lui tutte le innumerevoli insidie dell’inverno artico. Cave si troverà allora esposto a tempeste di neve, orsi, valanghe, malattie, nonché ai suoi stessi demoni: paura, apatia, superstizione, ricordi. Avvolto in quelle tenebre bianche, il suo passato tornerà a fargli visita: la donna che ha amato, il dolore straziante che lo ha spinto a fuggire nel ghiaccio. Potrà Thomas Cave uscirne vivo? Cosa troverà sul fondo della propria immane solitudine? Dio o l’uomo? La pace o la follia? Splendido ed evocativo, La solitudine di Thomas Cave è fra i libri più celebrati degli ultimi anni, già divenuto un classico.
Georgina Harding è autrice di due saggi: Tranquebar: A Season in South India e In Another Europe: Journey Across Hungary and Roumania. La solitudine di Thomas Cave è il suo primo romanzo, a cui è seguito The Spy Game: A Novel.