Germania contro resto d’Europa, la partita dell’euro

Creato il 23 dicembre 2013 da Blogaccio @blogaccioBlog

Uscire dall’euro e non dalla UE si può secondo Paolo Savona anzi, si deve perché i rischi sono comunque minori rispetto alla disgregazione di quanto di buono è stato già realizzato come il mercato comune. Si può ritornare consensualmente alle monete nazionali ed al vecchio serpente monetario cioè, alla banda di oscillazione entro la quale ciascuna moneta poteva attuare politiche di espansione od austerità. Un passo indietro per farne uno avanti e non rinunciare al sogno dell’Europa di fronte all’arretramento degli USA, all’espansionismo cinese ed all’egemonia che la Russia prova ad esercitare sull’Europa orientale e nel Mediterraneo. Inutile illudersi scrive Mario Pirani, ritornare alla Lira e cominciare a stampare per sostenere la crescita oppure restare nell’euro e sperare nella ripresa della spesa pubblica. Quest’ultima è una eventualità inverosimile mentre il ritorno alla Lira sarebbe uno scenario catastrofico che determinerebbe la fuga degli investitori, la corsa agli sportelli bancari delle famiglie, i tassi che s’impennerebbero mentre i costi andrebbero alle stelle per la inevitabile svalutazione che porterebbe con sé ineluttabili disordini sociali delle masse salariate. Semplicemente non si può fare un percorso diverso dall’euro non c’è nel quadro di una ripresa della solidarietà politica ed economica tra gli Stati dell’Unione finalizzata al ripristino dell’ordinato sviluppo. L’euro è oramai irreversibile conferma per la prima volta Praet, capo economista alla BCE: in Italia avete dimenticato come andavano le cose con Lira soggetta a ripetute svalutazioni con una inflazione a due cifre così come per gli interessi sul debito. Impensabile anche solo pensare di usire dall’euro, non vi potete permettere alcun cedimento. Per riportare il vostro debito al 100% entro il 2025, avete bisogno di un avanzo primanio annuale del 4,5%. La sola via d’uscita è tagliare la spesa più che pensare ad aumentare le tasse; ridurre il costo del lavoro e per diventare competitivi flessibilizzare il mercato in modo tale da attrarre gli investimenti che durante il periodo della crisi sono calati del 30% contro il 20% nell’area euro. Quella dell’euro è una partita Germania contro resto d’Europa per Romano Prodi. Nulla di nuovo è venuto dall’ultimo vertice di Bruxelles ed in tema di integrazione e solidarietà, nulla di nuovo possiamo aspettarci dal rinnovato Governo Tedesco nato dai patti firmati tra Merkel e la SPD che non mutano di una virgola le politiche verso l’Europa del cancelliere tedesco. S’avverte quindi la necessita che Francia, Spagna ed Italia sviluppino una coraggiosa proposta comune che ci permetta di agganciare la crescita già robusta negli USA, in cambio di riforme. Non si possono però nascondere le difficoltà che nascono dal fatto che la Francia ritiene di avere un sistema industriale più forte del nostro e la Spagna, pensa di essere fuori dalla crisi mentre l’Italia, che pure esporta tanto, ha il grande peso del debito che si trascina sulle spalle e ciò alimenta la diffidenza nei nostri confronti anche perché come al solito non rispettiamo i patti: ci eramo impegnati a trasferire il carico fiscale dal lavoro agli immobili ed abbiamo fatto esattamente il contrario…


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