Gesta e Opinioni del Dottor Faustroll patafisico V

Creato il 19 settembre 2012 da Marvigar4

XV
DELLA GRANDE SCALA DI MARMO NERO

A Léon Bloy [13]

   All’uscita della valle, noi costeggiammo un ultimo calvario, che lo spavento della sua altezza avrebbe permesso di prendere senza esame per un monumentale altare da messa nero. Alla punta smussata dell’impraticabile piramide di marmo scuro, tra due accoliti assai simili a dei cinocefali di Tanit, la testa del re gigante si carbonizzava davanti la fornace della luna. Egli teneva stretta una tigre per l’estensione della pelle del suo collo, e forzava il popolo del mare d’Abondo a una ascensione in ginocchio. Dopo il previo taglio delle ossa con la mannaia dei gradini successivi, egli lasciava spalmare, le zanne sul suo pugno, della loro carne il mostro venatore.
   Accolse con onore Faustroll e, tendendo il braccio dall’alto del calvario, depositò nel nostro asse il viatico di ventiquattro orecchie del mare d’Abbondesi allo spiedo di un corno di unicorno.

[13] Léon Bloy (1846-1917) scrittore cattolico, apprezzato da Jarry, autore del famoso scritto polemico Exégèse des lieux-communs.

XVI
DELL’ISOLA AMORFA

A Franc-Nohain [14]

   Quell’isola è simile a corallo molle, ameboide e protoplasmico; i suoi alberi differivano poco dal gesto di chiocciole che ci avessero fatto le corna. Il suo governo è oligarchico. Uno dei suoi re, così come ce l’indicò la statura del suo pschent, vive della devozione del suo serraglio; per sfuggire alla giustizia dei suoi Parlamenti, la quale procede solo tramite l’invidia, egli ha strisciato attraverso le fognature fin sotto il monolito della grande piazza e l’ha roso fino a lasciare soltanto una crosta dello spessore di due dita. E così egli sta a due dita dalla forca. Simile a Simeone lo Stilita, lui si isola dentro quella colonna cava, perché è di moda al giorno d’oggi mettere sulla piattaforma del capitello solamente le statue che sono le migliori cariatidi delle intemperie. Egli lavora, dorme, ama e beve sulla verticalità d’una grande scala, e non ha punto altra lampada per le sue veglie che il pallore della sua bisboccia. Una delle sue minori scoperte è l’invenzione del tandem, che estende ai quadrupedi il beneficio del pedale.
   Un altro, versato in alieutica, infiorò delle sue lenze i binari delle ferrovie di circonvallazione, comparabili ai letti dei fiumi. Ma i treni, la cui età è spietata, scacciano davanti a loro i pesci o schiacciano nel loro ventre l’embrione de morsi. Un terzo re ha ritrovato la lingua paradisiaca, intelligibile anche agli animali, e perfezionato alcuno di questi animali. Egli ha fabbricato delle libellule elettriche e censito le innumerevoli formiche con la figura della cifra 3.
   Un altro, ragguardevole per il suo volto glabro, ci istruì su dei preziosi artifici, rendendoci atti a utilizzare le nostre sere perdute, a consolidare i nostri crediti ubriachi fradici, e a conquistare, senza lo scialacquio del nostro merito, le ricompense della Académie Française.
   Questo mima i pensieri degli uomini con personaggi di cui non ha conservato che la parte superiore del corpo, affinché in essi non vi sia niente se non del puro.
   E quello costruisce un grosso libro, al fine di contare le qualità del Francese, il quale non sarebbe, egli arrischia, meno valoroso che galante, né meno galante che spirituale; per dedicarsi tutto a questa opera, ha approfittato di un momento di distrazione della sua giovane posterità per perderla nella fustaia d’una passeggiata di provincia. E mentre che noi banchettavamo in sua compagnia, e con altri re, sui diversi gradini della grande scala, Bosse-de-Nage essendo incaricato di regolarne la stabilità, le grida sulla piazza maggiore degli strilloni ci informavano che i suoi nipoti si sarebbero informati quel giorno, come i precedenti, sulla venerabile scomparsa, disperatamente sotto le quinconce.

[14] Franc-Nohain (1873-1934), scrittore autore di numerosi libretti per musica, umorista, poeta.

XVII
DELL’ISOLA FRAGRANTE

A Paul Gauguin [15]

   L’isola Fragrante è tutta sensitiva, e fortificata di madrepore coralline. Il cavo d’ormeggio dell’asse fu avvolto intorno a un grande albero, dondolante al vento come un pappagallo oscilla al sole.
   Il re dell’isola era nudo in una barca, le anche cinte del suo diadema bianco e blu. Inoltre era drappeggiato di cielo e di verde come la corsa in biga d’un Cesare, e rossiccio come su un piedistallo.
   Noi lo onorammo bevendo assieme dei liquori fermentati negli emisferi vegetali.
   La sua funzione è di salvaguardare per il suo popolo l’immagine dei suoi Dèi. Egli ne fissò uno con tre chiodi all’albero dell’imbarcazione, e fu come una vela triangolare, o l’oro equilatero d’un pesce secco importato da settentrione. E sopra de la dimora delle sue donne, lui ha incatenato gli svenimenti e le torsioni d’amore con un cemento divino.
   Fuori dagli intrecci dei loro seni giovani e delle terga, delle sibille constatano la formula della felicità, che è duplice: Siate innamorate (Soyez amoureuses), e Siate misteriose (Soyez mystérieuses).
   Egli possiede anche una cetra, che ha sette corde di sette colori, che sono gli eterni; e una lampada nel suo palazzo alimentate da sorgenti odorose della terra. Quando il re canta, lungo il lido, sulla sua cetra, o sfronda con un’ascia dalle immagini di legno vivo, i cui germogli qui sfigurerebbero la somiglianza degli Dèi, le sue donne interrano negli incavi dei letti il peso della paura caduta sulle loro reni dagli sguardi di lume dello Spirito dei Morti, e dalla porcellana profumata dell’occhio della grande lampada.
   Appena l’asse sopravanzò le scogliere, noi vedemmo le donne del re scacciare dall’isola un cul-de-jatte [16], erboso di alghe verdi come un vecchio granchio di mare; una maglia da lottatore di fiera scimmiottava sul suo torso nano la nudità del re. Saltellò con i suoi pugni avvolti da cesti, e con stridore delle rotelle della sua base volle inseguire e arrampicarsi sulla piattaforma dell’Omnibus de Corinthe [17], che incrociava la nostra rotta; ma un tal balzo non è concesso che ai molti. E il cadde miseramente, incrinando la sua catinella posteriore con una fenditura meno oscena che risibile.

[15] Paul Gauguin (1848-1903) pittore francese famoso per aver soggiornato molto tempo a Tahiti, dove realizzò i suoi capolavori. Jarry in questo capitolo cita sintetizzandoli due titoli di opere di Gauguin: Soyez amoureses vous serez heureuses (Tahiti, 1888) e Soyez mystérieuses (Tahiti, 1890).

[16 La parola francese originale “cul-de-jatte”, tradotta alla lettera “culo di ciotola”, allude allo scrittore Pierre Loti, verso il quale Jarry non risparmierà anche altrove nel suo Faustroll (cfr. cap. XXX) battute al vetriolo e politicamente scorrette ante litteram.

[17] Alfred Jarry collaborò con la rivista Omnibus de Corinthe nel luglio e nell’ottobre 1897.

XVIII
DEL CASTELLO-ERRANTE, CHE È UNA GIUNCA

A Gustave Kahn [18]

   Faustroll, l’occhio sulla calamita, concluse che noi non dovevamo essere molto lontani dal nord-est di Parigi. Avendolo anzitutto udito, noi scorgemmo presto il vetro verticale del mare, contenuto da una fortificazione di piante tutte in radici che servono da scheletro alla sabbia; e scivolammo sulla lunga plaga liscia e baia, tra la viscosità dei frangiflutti simili a paralleli leviatani.
   Il cielo stagnato raffigurava rovesciati i monumenti dell’altra parte del sonno verde delle carcasse; dei vascelli vi passarono all’inverso, simmetrici a dei futuri invisibili, poi l’immagine dei tetti ancora lontani del castello dei Ritmi.
   Vogatore infaticabile, io remai per più ore, senza che Faustroll sembrasse scoprire l’approccio al fine prossimo con il castello che fuggiva secondo i miraggi; dopo strette vie di magioni deserte che spiavano la nostra venuta con gli occhi sfaccettati di complicati specchi, noi toccammo con la fragilità sonora della nostra prua la scala lignea traforata del nomade edificio.
   Tirammo l’asse sulla riva, e Bosse-de-Nage nascose gli attrezzi e i tesori in una grotta profonda.
   “Ha ha !” disse ma noi non ascoltammo affatto il seguito del suo discorso.
   Il palazzo era una bizzarra giunca, su un’acqua calma ovattata di sabbia; Faustroll mi affermò Atlantidi sotto. Dei gabbiani oscillavano come i batacchi della campana blu del cielo, o gli ornamenti della librazioni di un gong.
   Il signore dell’isola giunse a piedi, saltellante attraverso il giardino disseminato di dune. Aveva una barba nera e un’armatura di corallo antico, e su più dita aveva degli anelli d’argento in cui turchesi languivano. Bevemmo skhiedam e birre amare, negli intervalli fra ogni sorta di carni affumicate. Le ore erano scoccate dai timbri di tutti i metalli. Dopo che l’ormeggio fu staccato dal nostro mozzo laconico, il castello crollò e morì, e riapparve specchiato nel cielo, qualche lega più lontano, la grande giunca scalfendo il fuoco di sabbia.

[18] Gustave Kahn (1859-1936), scrittore francese, tra i più attivi rappresentanti della scuola simbolista nonché fondatore delle riviste portavoce del gruppo, La Vogue e Le Symboliste (1886). Nella prefazione alle poesie de Les Palais nomades (1887 ) formulò la teoria del verso libero, di cui si proclamò inventore. Jarry in questo capitolo fa riferimento a quest’opera.

XIX
DELL’ISOLA DI PTYX

A Stéphane Mallarmé [19]

   L’isola di Ptyx è fatta di un solo blocco della pietra che porta questo nome, pietra che è inestimabile, poiché la si è vista soltanto in quest’isola, che la compone interamente.
   Essa ha la traslucidità serena dello zaffiro bianco, ed è la sola gemma il cui contatto non assideri, ma il cui fuoco entri e si dispieghi, come la digestione del vino. Le altre pietre sono fredde come il grido delle trombe; essa ha il calore precipitoso della superficie dei timpani. Noi vi potemmo attraccare agevolmente, dacché era tagliata in forma di tavola, e credemmo di porre piede su un sole purgato delle parti opache o troppo luccicanti della sua fiamma, come le antiche lampade ardenti. Non vi si percepivano più gli accidenti delle cose, ma la sostanza dell’universo, ed è per questo che noi non ci preoccupammo affatto se la superficie irreprensibile fosse d’un liquido equilibrato secondo le leggi eterne, o di un diamante impenetrabile, salvo alla luce che cade retta.
   Il signore dell’isola venne verso di noi su un vascello: il camino arrotondava aureole blu dietro la sua testa, amplificando il fumo della sua pipa e imprimendolo in cielo. E al beccheggio alterno, la sua sedia a dondolo scrollava i suoi gesti di benvenuto.
   Egli tirò da sotto il suo plaid quattro uova, dal guscio dipinto, che consegnò al dottor Faustroll, dopo aver bevuto. Alla fiamma del nostro punch lo sboccio dei germi ovali fiorì sulla riva dell’isola: due colonne distanti, isolamento di due prismatiche trinità di canne di Pan, dischiusero allo scaturire dei loro cornicioni la stretta di mani quadridigitale delle quartine del sonetto; e il nostro asse ninnò la sua amaca nel riflesso neonato dell’arco di trionfo. Disperdendo la curiosità villosa delle belve e l’incarnato delle ninfe destate dalla melodiosa creazione, il vascello chiaro e meccanico arretrò verso l’orizzonte dell’isola il sui alito azzurrognolo, e la sedia scrollante che salutava addio.*

[19] Stéphane Mallarmé (1842-1898) è il padre della scuola simbolista francese. Jarry lo omaggia servendosi dell’hapax “ptyx” (dal greco πτυχή, che vuol dire «piega», da cui i termini «dit-tico», «trittico » ecc. che indicano nella tarda età imperiale romana e anche in seguito le tavole d’avorio o di legno scolpite o dipinte divise in due, tre pieghe e riunite da una cerniera) presente nel quarto dei Plusieurs sonnets del grande poeta parigino:

Ses purs ongles très haut dédiant leur onyx,
L’Angoisse, ce minuit, soutient, lampadophore,
Maint rêve vespéral brûlé par le Phénix
Que ne recueille pas de cinéraire amphore
Sur les crédences, au salon vide: nul ptyx,
Aboli bibelot d’inanité sonore,
(Car le Maitre est allé puiser des pleurs au Styx
Avec ce seul objet dont le Néant s’honore).
Mais proche la croisée au nord vacante, un or
Agonise selon peut-etre le décor
Des licornes ruant du feu contre une nixe,
Elle, défunte nue en le miroir, encor
Que, dans 1’oubli fermé par le cadre, se fixe
De scintillations sitôt le septuor.

(Le unghie sue pure donando al culmine la loro onice,
L’Angoscia, questa mezzanotte, sostiene, lampadofora,
Molti sogni vespertini cremati dalla Fenice
Che non raccoglie che una cineraria anfora
Sulle credenze, nel vuoto salone : nessuna piega,
Ninnolo abolito d’inanità sonora,
[Ché il Padrone s’è recato ad attingere pianti dallo Stige
Con quel solo oggetto di cui la Natura s’onora].
Ma presso la crociera che vaga a nord, un oro
Agonizza secondo forse il decoro
Di liocorni scalciante fuoco contro una ninfa d’acqua,
Ella, defunta nuda nello specchio, benché,
Nell’oblio chiuso dal riquadro, si attira
Presto il settimino di scintillazioni.)

* (N.d.A.) Il fiume dell’isola è diventato, dopo questo libro, una corona mortuaria.



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