Giacomo Furia
E’ morto ieri, venerdì 5 giugno, a Roma, l’attore Giacomo Furia (G.Matteo Furia, Arienzo, CE, 1925), probabilmente l’ultimo dei caratteristi del cinema italiano, celebre in particolare per aver recitato a fianco di Totò in numerosi film (17, al bando la scaramanzia), offrendo, fra ironia, vis comunicativa e grande naturalezza, la caratterizzazione di un “tipo” cinematografico ben preciso, un misto di indolenza e bonomia, ingenuità e (rara) scaltrezza, quest’ultima tanto inopportuna da ritorcersi spesso a suo danno.
Una genuina combinazione di particolarità fisiche (l’andatura “dondolante”) e comportamentali (la ritrosia nei confronti di ogni evento idoneo a turbare il tranquillo andamento quotidiano), che hanno portato negli anni ad una identificazione totale con il genere filmico in cui l’attore si trovava frequentemente a recitare.
Furia ne “L’oro di Napoli”, 1954
Partecipazioni accuratamente calcolate nell’improvvisazione sovrana di pellicole, come quelle con protagonista il Principe della risata, spesso girate “in serie”, dove il ruolo di Furia si inseriva perfettamente all’interno dell’impianto narrativo, idoneo a conferire ulteriori sfumature umoristiche, al di là della funzione di spalla comica.
Di formazione teatrale, Furia frequentò fin da ragazzo le scene dilettantistiche a Napoli. Una volta diplomatosi in ragioneria, accettò la proposta lavorativa da parte di un amico, un doposcuola estivo di matematica.
Sophia Loren e Furia (“L’oro di Napoli”, 1954)
Si trovò quindi ad insegnare a Luigi De Filippo, figlio di Peppino e nipote di Eduardo e Titina. Eduardo ne apprezzò la bontà recitativa e lo volle nella sua compagnia: il debutto ebbe luogo il 7 dicembre 1945, a Napoli, presso il Teatro Santa Lucia, Furia sostituì l’interprete titolare nel ruolo di Peppe ‘o cricco in Napoli milionaria!. Due anni dopo ecco l’esordio cinematografico, la parte di Tifariello in Assunta Spina, diretto da Mario Mattoli, per poi, riprendendo quanto già scritto, identificarsi come memorabile caratterista in varie pellicole con protagonista Totò, anche se due ruoli ben definiti da protagonista restano certo indimenticabili: Rosario, il pizzaiolo ingenuo (e cornuto, pardon), marito di Sofia (Sophia Loren) nell’episodio Pizze a credito de L’oro di Napoli (Vittorio De Sica, 1954, dai racconti di Giuseppe Marotta) e il pittore Felice Cardoni timoroso “cocco di mamma” coinvolto insieme al portiere Antonio Bonocore (Totò) e il tipografo Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) nella “diserzione dall’onestà”, la stampa di biglietti da diecimila lire, un reato dopotutto “a responsabilità limitata”, visto che mettono in atto “un lavoro proprio di una succursale della Zecca”… (La banda degli onesti, Camillo Mastrocinque, 1956).
Da segnalare, per ricordare tanto l’attore quanto un certo periodo del nostro cinema, la biografia Le maggiorate, il principe e l’ultimo degli onesti (Amico Vip, 1997), 30 storie inedite raccontate da Furia su Totò, Sophia Loren, Gina Lollobrigida, i fratelli De Filippo, Vittorio De Sica e Tina Pica, scritte dal giornalista Michele Avitabile, con prefazione di Sophia Loren e gli interventi di Maurizio Costanzo, Marcello D’Orta e Antonio Lubrano.