Negli anni ottanta, i giovani camerati del Fronte della Gioventù, dopo aver deposto i gagliardetti tricolori di Salò, lanciarono per un loro convegno nazionale il motto: Che Guevara uno di noi!! Operazione di marketing postfascista che fortunatamente non ebbe un seguito.Oggi lo stesso processo di "appropriazione indebita" lo subisce Giacomo Mancini: calabrese, antifascista e padre nobile del socialismo italiano.
Certo è difficile spiegare ai giovani di oggi che i socialisti del tempo si chiamavano compagni, si salutavano a pugno chiuso e nel loro simbolo, prima del mortuario garofano craxiano, campeggiavano la falce e martello e il sol dell'Avvenire.Più difficile concepire la tre giorni( 31 marzo, 1 e 2 aprile) organizzata a Cosenza per ricordare il decennale dalla scomparsa di Mancini.
I fascisti lo volevano così!!!!!!
A scorrere l'elenco dei nomi, ad esclusione di Paride Leporace, ci s'imbatte in una sfilata di politici, avvocati e giornalisti che poco hanno avuto a che fare con la storia dell'azione e del pensiero manciniano, anzi tra i relatori molti "Boia chi molla", oggi transitati dalle barricate al doppiopetto in salsa pidiellina.Siccome amo la storia, fatta di documenti e fonti ho ritrovato per "puro caso" nel mio archivio una raccolta del Candido, 1970-1971, un settimanale diretto da Giorgio Pisanò e finanziato dai servizi segreti deviati per spargere fango e creare cumuli di menzogne contro chi si opponeva alla rivolta reggina per il capoluogo.Leggete cosa dicevano allora quelli che ora lo vogliono commemorare. Miserabili calunnie, prove fasulle, parole incendiarie e violente. Ed è solo una rapida selezione.