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Giallo incasinato | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Creato il 14 aprile 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Giallo incasinato | di Iannozzi Giuseppe aka King LearGiallo incasinato

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

In realtà una storia da raccontare non ce l’ho. Ho preso in mano un thriller, uno di quelli economici stampati su carta riciclata, ma la noia m’ha ucciso in un lampo. Intanto fuori ha preso a piovere. Il fatto è che una storia non ce l’ho proprio. In realtà non ho nulla da dire. Proprio nulla. E siamo in tanti a non avere niente da dire: però ripetiamo sempre che non abbiamo una storia, che non abbiamo niente da dire; ripetiamo ripetiamo ripetiamo, manco ci stessero soffocando con un mantra. Sarà questo il motivo per cui si scrivono così tanti thriller? Insomma, se non c’è niente da dire, perché viene scritto? perché il niente viene scritto? E’ questo che intendo, porca la miseria! E ci si gira pure intorno cercando di farci il buco in mezzo, manco fosse ‘na ciambella! Perché? Semplice: perché qualcuno abbia in mano un bel niente da leggere che si possa ficcare comodamente in tasca o nella borsetta o su per il culo, come una pistola. Siamo proprio messi male, non c’è che dire.
Intanto fuori continua a piovere, e io ho avuto un’idea da niente: scriverò pagine su pagine, parlerò di un serial killer, e poi ci metterò di mezzo i fascisti e i partigiani, e non contento accennerò pure alle grandi stragi italiane che hanno fatto la storia. Insomma, l’idea alla fine ce l’ho avuta: sarà trita e ritrita, ma volete che non venda in un paese come il nostro, with a little help from my friends? O con un piccolo aiuto dello Spirito Santo?
Siamo abituati a leggere volumi di cinquecento e passa pagine, purché il contenuto sia pari a zero. Siamo abituati ai tascabili, sempre di cinquecento pagine, ma c’è chi giura che con il progresso presto arriveremo ad avere tascabili di ottocento e passa pagine. Io, il giorno che si arriverà ad avere ottocento pagine a portata di mano, io quel giorno giuro che farò un party con pallottole tritacarne e tritacarta. Ma per il momento chiamo Dio al telefono: “Dio, ma che c’hai in testa? Le pigne? No, i thriller. L’avessi capito quand’ero ancora un bambinetto non mi sarei sprecato gli occhi su quaderni e libri, mentre i miei compagni dentro i bagni a giocare con il loro pistolino. Insomma, se m’avessi illuminato pure a me! E invece niente. Solo i miei compagni illuminati sparandogli la verità dritta nel cuore. ‘Fanculo a te. Sono l’unico idraulico laureato del mio paesino: nemmeno t’immagini lo sfottò che sono costretto a subire. Un idraulico laureato disoccupato con velleità thrilleristiche. Ti sembra che sia una cosa bella quella che m’hai fatto? Potevi illuminare pure me: l’avessi fatto, oggi sarei uno stupratore, un assassino, un brigatista del cazzo, e avrei pubblicato libri su libri, tutti di successo. E invece sono qui che sogno, che rimpiango di non aver tentato almeno la strada dello stupratore professionista. Ma devi saperlo pure tu, pure io ho scritto un giallo, un thriller, un noir, insomma una cosa così, e l’ho inviato pure a quelli del Giallo Incasinato… dentro c’è di tutto, soprattutto tutto quello che non serve. In tutto quattrocentocinquanta pagine sparate in questa notte che non sapevo che diavolo fare, in una notte che non sapevo proprio che cosa scrivere. Sì, Dio, anch’io ho peccato come tutti: non sarò un assassino ancora, non sarò uno stupratore né un brigatista pentito, però il mio cazzo di thriller l’ho scritto. Adesso Dio, devi pensarci tu te ad illuminarli a quelli del Giallo Incasinato: fagli capire che il mio è un thriller di quelliii… Sì, m’hai capito, un thriller impegnato, una cosa sociale e politica anche, di sinistra chiaramente. Insomma gli devi far capire che c’hanno in mano il proseguo di quel Petrolio che fu di Pier Paolo Pasolini. Glielo devi far capire che fra le mani c’hanno il grasso che cola, mica balle! Che dici, Dio? Non mi senti. Ah, vuoi sapere come inizia, l’incipit: ‘Sul quel cazzo di ramo del lago di Como…’ Poi continua, ma l’importante è nel Genesi. Che dici? E’ una formula già usata? Dio, ‘fanculo a te. Se solo avessi ‘na pistola qui, a portata di mano, ti sparerei in bocca. Non solo mi sono dovuto illuminare da solo – e sono solo un povero idraulico disoccupato però con la laurea in saccoccia – e tu ora mi rifiuti un po’ di Spirito Santo con la scusa che è roba trita e ritrita. E allora, e allora perché agli altri sì, perché? Dio, ‘fanculo a te. E non gridare. T’ho sparato alla tempia con un tascabile di appena cinquecento pagine. Aspetta il progresso, aspetta le ottocento pagine: poi sì che avrai davvero motivo di gridare, mica come adesso. Che cosaaa? M’accusi di essere… di non essere diverso? Sì, lo ammetto: sono uguale a chi critico, uguale uguale, perché c’ho il livore dentro che mi divora. Intanto c’ho avuto un’altra idea: scriverò di te, di Dio. Sì, di un Dio che muore e non risorge più manco con le cannonate. Causa del decesso: prostrata, rubinetto spanato, carta igienica riciclata restata incastrata su per il buco del culo a mo’ di pallottola. Bang!”

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