Per trenta anni Gian Carlo, milanese di nascita, prima fiesolano, poi sacrofanese d’adozione, ha progettato giardini. Quattro anni fa si è stancato di questa attività e ha realizzato il suo sogno: un orto da coltivare con altre persone. Ci pensava da anni. Ha trovato il coraggio di buttarsi in questa avventura quando si è accorto di quanto fosse inutile disegnare giardini ornamentali.
Così a Sacrofano, vicino Roma, per merito della sua determinazione, è sorto un orto che soddisfa le esigenze alimentari delle famiglie che lo coltivano. Quindici in tutto “che – fa capire Gian Carlo – non sono più schiave dell’industria agroalimentare, dei suoi prezzi, che da qualche anno si alimentano in modo sano e lavorano ad un progetto per loro entusiasmante”.
Agli inizi pochi metri quadrati di terreno. Oggi cinquemila, su cui le quindici famiglie hanno piantato di tutto.“L’orto – assicura Gian Carlo – è molto originale. In Italia non ce ne sono di simili. E sa perché? Dal cancello d’ingresso non entra una sola caloria, che non sia prodotta dalle nostre braccia. Il prodotto dell’orto dà più calorie di quelle che riceve per crescere”. Il senso è presto spiegato. “Le calorie immesse – fa intendere – possono derivare dai carburanti o dall’utilizzo nella coltivazione di altri derivati del petrolio concimi, diserbanti, pesticidi o anche dal lavoro umano. Quelle prodotte nel nostro orto sono il risultato del raccolto e del nostro impegno. Una grande rivoluzione. E c’è altro. Fermo restando il principio dell’inviolabilità degli strati naturali del terreno e del massimo arricchimento della biodiversità, tutto il prodotto proviene dalle piante orticole stagionali e la ricchezza del terreno è garantita dalla gestione della crescita delle erbe spontanee”.
Nell’orto vigono alcune regole: non lavorare la terra per non far morire l’erba e gli abitanti degli strati del terreno, non irrorare sostanze, neppure naturali, non concimare in nessuna forma.
Le quindici famiglie non hanno investito alcunché in termini economici per questa iniziativa, ma non hanno neanche beneficiato di finanziamenti.
“Non solo non ne abbiamo ricevuti – aggiunge – ma ritengo che offrirne e accettarne sia funesto. Le istituzioni poi si sentono autorizzate a controllare il tuo operato. Andiamo avanti da soli. Coltiviamo insieme tutto il terreno, poi ogni nucleo familiare preleva il prodotto a seconda delle sue necessità. Ci piace sapere che rappresentiamo un prototipo di coltivazione svincolato dalla degenerata industria agroalimentare. Non solo. Pensiamo che il villaggio sovrastrutturale possa essere edificato anche vivendo ognuno nella propria abitazione, condividendo le attività più qualificanti per il contesto sociale. Per esempio, coltivare”. L’orto produce circa 800 chilogrammi di verdure al mese. “Il prodotto non è mai stato – garantisce Gian Carlo - non è, né mai verrà venduto.”
Ma è faticoso coltivarlo? “Io – ancora le sue parole – lavoro nell’orto per venti ore la settimana e gli altri più o meno per quattro. La fatica è bandita dall’orto. Se un lavoro è faticoso vuol dire che fa danni alla terra, a noi e alle piante coltivate. Non mi risulta che in natura gli animali facciano particolare fatica per procacciarsi il cibo. Certo, è stato problematico avviare una nuova forma di coltivazione, non avevamo precedenti, ma ce l’abbiamo fatta. Se il primo passo è nella direzione giusta – e direi che lo è stato – la velocità di avanzamento non è poi così importante. E si consideri che facciamo tutto da soli, forti delle nostre convinzioni”.
Per Gian Carlo il progetto dell’Orto di Sacrofano si può facilmente estendere. “Di terra disponibile – ce n’è abbastanza. E non si deve per forza acquistare”.
La sperimentazione va avanti. “Puntiamo – conclude – ad abbandonare ogni forma di coltivazione convenzionale. Ovvio, ci piacerebbe avere altre persone disposte a coltivare il nostro orto e a portare avanti le nostre idee: condivisione del raccolto, orticoltura senza lavorazione, né concimazione della terra. Tutte le grandi aspettative si costruiscono con piccoli atti quotidiani: prendere un seme e un po’ di terra per coprirlo, piantare una piantina e far sì che l’erba possa aiutarla a crescere, invece di soffocarla. E ancora, aspettare prima di uccidere un afide. Si potrà scoprire che anche un esserino così è cibo per altri esseri viventi, tutti indispensabili l’uno per l’altro e noi tra loro. Non al di sopra”Per info http://www.facebook.com/patrizia.a.bassi#!/civiltadellorto.sacrofano
Cinzia Ficco