Come comprendere Gian Marco Montesano, artista che par a prima vista contraddittorio e ambiguo? Passa senza soluzione di continuità da Edmondo De Amicis (le tristi e poetiche infanzie torinesi) al marchese De Sade, da Liala (immagini di donne innamorate, di esasperato dulcore, sulle rive del lago) a Hitler, da Leni Riefensthal a Nilla Pizzi, dai santini più sdati (il cuore di Gesù Cristo in mostra, le immagini oleografiche dei santi) a Stalin (il “piccolo padre”), da Hollywood ai santuari cattolici. È un rivoluzionario o un reazionario? È devoto o blasfemo? Mistico o provocatore? Inneggia o irride? Inquieta o consola?Certamente un artista pop, per l’uso che fa delle immagini correnti. Ma anche molto di più. I suoi dipinti appaiono come microcosmi, mondi autonomi, spazi dell’anima, sfere magiche riportate su un piano, bolle di spazio spirituali che vibrano di compartecipazione, luoghi simbolici chiusi in loro stessi e avvolti da un’aura.
Montesano è un asettico catalogatore di archetipi, di simboli e figure che, nella storia, hanno avuto il potere di legare le masse, unirle, comandarle, e non importa se gli esiti sian stati letali (Hitler, Stalin), o addormentanti (Gesù, i santi, l’oppio dei popoli) o semplicemente consolatori o compensatori. I suoi quadri sono cerchi magici in cui lo spettatore vien letteralmente tirato dentro, reso partecipe di un momento cruciale. La mistica delle Alpi si unisce a quella dell’Amore, della Guerra, dell’Infanzia, dei Tiranni, della Bellezza, dei Re e delle Regine (anche della canzone). Montesano è il pittore dell’estasi, dell’imbambolamento, mercé il potere terribile delle immagini, compreso per primo da Giordano Bruno. Statolatria, seduzione erotica, idolatria, e capitalismo consumista si basano su codesto potere. Montesano sa riprodurre le esperienze sia della mistica naturale che di quella sovrannaturale. Decritta gli arcani di tutti i poteri, che san tenere affascinati gli uomini. Ci spiega la potenza della croce, e della croce uncinata. Riflette sull’uso politico che è sempre stato fatto della pittura. Getta incanti, suscita evocazioni nel corpo sognante degli uomini.
Dunque nessuna ambiguità, nessuna parodia, nessun facile gioco con immagini note, ma una coerenza da lucido critico sociale e della cultura. Quando dipinge immagini della natura (cime innevate, boschi, marine, rive di laghi, ghiacciai) se ne percepisce subito l’aura, e il genius loci che vi presiede. Dipinga un bambino davanti alla torta di compleanno, o le immagini più spettacolari della propaganda sovietica o nazista, un’erotica star del cinema (dal titolo “la bellezza del diavolo”), o un pensoso Francesco Giuseppe, un angelo lezioso o un corrusco paesaggio naturale, Montesano è sempre un “mago” nel senso rinascimentale e bruniano della parola: colui che conosce il potere vincolante delle immagini, l’operatore del mondo delle corrispondenze occulte, delle influenze subliminali, delle attrazioni fatali, dei colpi di fulmine. È l’interprete dell’anima mundi, la cui estensione nascosta fa procedere ogni cosa verso le altre. Montesano ha imparato, dal Bruno del De Vinculis, che “il ligabile, per essere davvero ligato, non necessita tanto di vere ligature, quanto di ligature apparenti, che dall’opinione derivano. L’immaginazione infatti può ligare anche senza verità, obbligare il ligabile mediante l’immaginazione… Solo l’opinione e l’immaginazione dell’inferno, senza alcun fondamento di verità, crea veramente un inferno”. E lo stesso vale per i paradisi fasulli promessi da pubblicità, cinema, religioni, propaganda politica.
Giuseppe Benassi
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 22 – Marzo 2015.
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