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Gianfranco Manfredi TECNICHE DI RESURREZIONE GARGOYLE BOOKS. Tecniche di recensione e memoria. Intervento di di Alessia e Michela Orlando

Creato il 30 settembre 2010 da Stefanodonno

Gianfranco Manfredi TECNICHE DI RESURREZIONE GARGOYLE BOOKS. Tecniche di recensione e memoria. Intervento di di Alessia e Michela Orlando

L’uomo attraversa il presente con gli occhi bendati. Milan Kundera.

Scrive Paul Bowles: La vita non è movimento da e verso qualcosa, neppure dal passato al futuro. Tutta la vita è uguale a ogni sua parte. Non c’è somma. La vita, dunque, la si definisce anche in chiave sganciata dai canoni consueti; ma la letteratura, quella con la elle maiuscola, che è espressione vitale, nata da una mente contemporanea eche si inserisce nella produzione di mille o di poche altre menti superlative del passato, quali connotati assume? Cosa ne increspa e fa avvizzire la pelle, ne riduce il fascino, la calcifica, la incenerisce, la fa buttare nel dimenticatoio? E cosa la può riportare in vita, in quale giorno può risorgere, tornar di moda, appassionare nuovamente, invadere altre forme di comunicazione che siano essi il cinema, la televisione, You Tube l’iPad e così via?Domande affascinanti, tutte, ma qui rilevanti come mero stimolo di analisi, di approcci, che ci avvicinano a un libro, per una comprensione immediata del suo peso specifico, rimandandoci al titolo; domande cui non occorre dare risposta immediata, non prima di dar modo di farlo a chi abbia in desiderio di farlo, di aver letto ciò che ci narra Gianfranco Manfredi. L’architettura stilistica e l’intreccio delle vicende esposte confermano la maestria dell’autore, che è notissimo artista a tutto tondo, nonché prolifico agitatore di coscienze e produttore di stimoli, domande, casi risolti come di ambientazioni da incubi adorabili. Altrettanto significative sono le vicende che in gergo teatrale si definiscono come trama non esposta, ovvero quelle che si intuiscono e si leggono in controluce, cosi come si può vedere, attraverso i cristalli di gelo, la forma degli alberi scuri. Si tratta di un ulteriore intreccio finemente intessuto, tanto da rappresentare lo stimolo a ulteriori letture che, nel mentre aiutano a risolvere ciò che ancora ti appare enigmatico e coperto dal fascino del mistero, ricreano innovative condizioni di interesse. Alla nostra seconda rilettura, seguendo le vicende, tra i tanti altri, dei gemelli Aline e Valcour de Valmont, ci è parso di comprendere e svelare un mistero: il quadro che dipinge Gianfranco Manfredi non è prodotto con l’uso del solo pennello, quello della penna fine che scende nei particolari e arricchisce il testo con note pertinenti. Egli usa anche la spatola, lo strumento che aggredisce la materia grassa pigmentata, che spalma il colore con apparente casualità, per delineare ciò che deve saltare agli occhi con immediatezza. In questo caso usa strumenti che influenzano i miti popolari, li infetta con lo stimolo del dubbio (elemento colto anche da Sergio Pent in “Tutti libri” de La Stampa, citato in quarta di copertina) e, dunque, ti costringe a riflettere di nuovo sul magma della cultura, così come ti accade nell’ammirare un quadro in cui l’autore è intervenuto con la spatola: il colore non è mai esattamente decodificabile; lo spessore che ci restituisce l’immagine che aveva in mente l’artista, è stata in realtà rielaborata con geometrica e fantasiosa esattezza; è così che può gettare ombre sempre diverse sui particolari; cosicché lo guardi-rileggi mille volte, e ogni volta scopri elementi fondamentali che ti erano sfuggiti. Si tratta di ulteriori stimoli che rimettono in campo il desiderio di leggere, leggere, leggere ancora, fino alla fine del tuo tempo o almeno fino a che non ti addormenti, e la trama ti pervade in altre dimensioni. Tutto ciò aumenta il fascino dell’opera e ti segna. Ma, così come il quadro, ogni quadro, risente ed è fatto anche dalle luci, quando smetti di leggere, così come quando smetti di sognare e ti risvegli, ti ritrovi con un sorriso di piacere, che ti riconcilia con la parola scritta. Si tratta di uno stato in cui stai ri-scoprendo che se non poche volte le parole sono solo vuoto, qui ogni parola è agganciata a sensi, ad oggetti, a realtà, a sogni, a bisogni, ad altri sensi letterari. È un libro, Tecniche di resurrezione, che acuisce molte forme di memoria, tra cui quella delle cose e dei luoghi, quella che arricchisce e contribuisce alla formazione di una identità europea, quella dei corpi e di ciò che permea le menti e la psiche dei lettori. È così che Gianfranco Manfredi, con la sua ultima opera, ovverocon ciò che escogita al ritmo dei fuochi pirotecnici, ti avvince, costringendoti a buttare alle ortiche i dubbi sulla giusta tecnica da adottare per recensirlo. E non si limita a ciò, giacché, infine, scopri che riesce a riempire mille vuoti; e forse scongiura anche l’idea affermata da Saul Bellow: Il continuo spazio-temporale reclama i suoi elementi pezzo per pezzo, poi ritorna il vuoto.

 

Dalla Introduzione. Prima di Frankestein, di Carlo Bordoni.

Quando si pensa a Frankestein, si pensa al primo romanzo in cui si tratta della vita dopo la morte o, meglio, della resurrezione post-mortem per effetto di una tecnologia umana. Una sorta di apoteosi dell’uomo che, grazie alla scienza, è in grado di ridare la vita a un corpo inerte; l’uomo che riesce a realizzare il suo sogno profondo, quello di appropriarsi del potere divino di dare la vita. Ci avevano già provato gli antichi con la magia, la cabala e la stregoneria, non riuscendo ad oltre il Golem ebraico. (…) Dopo aver letto Tecniche di resurrezione, Frankestein non sarà più lo stesso. Lo vedremo in una luce diversa. Questo è, in verità, l’effetto perverso di quello che Borges ha definito l’anacronismo deliberato: “che cosa succederebbe se l’Odissea fosse posteriore all’Eneide?”. Tecniche di resurrezione ci fornisce una prima inquietante risposta.

L’incipit. 1. Teatro Anatomico

La carrozza procedeva a strappi, imbottigliata nel traffico. Valcour sporse la testa dal finestrino. Il carro dei netturbini ostruiva la strada. Sovraccarico di blocchi di neve ghiacciata, a ogni scossone riversava fuori la porcheria appena raccolta dai marciapiedi. L’ultima frase, prima di una Nota finale in cui Gianfranco Manfredi dà conto della fine dei molti personaggi storici, tanti quanti mai aveva addensato in nessuno dei suoi romanzi precedenti. Solleva lo sguardo al cielo. Un falco sta volteggiando, lassù, sopra le loro teste. Poi punta in alto, diritto verso il sole, e scompare inghiottito dalla luce.

L'illustrazione: copertina di Tecniche di resurrezione. La foto è di Luca Viggiani

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