Storia di un “capitano” che lottava contro la “Stronza”.
Gianluca Signorini è nato il 17 marzo 1960. Era un giocatore di calcio. Ruolo: libero. Caratteristiche fisiche e tecniche: difensore vecchio stampo, un colosso dai piedi dolci. Pronto a far scattare il fuorigioco (si dice che Arrigo Sacchi abbia insegnato la zona e il fuorigioco a Franco Baresi mostrando i video di Gianluca Signorini …) e a rilanciare l’azione. E’ stato il capitano del Genoa. Il capitano di quella squadra che un giorno di marzo (il 3 per l’esattezza …) del 1992 andò a vincere a Liverpool. Il capitano dell’unica squadra italiana nella storia a sbancare Anfield Road. Gianluca Signorini è stato per sette anni il capitano coraggioso di una squadra coraggiosa. Era il Genoa di Skuhravy, ”Speedy Gonzalez” Aguilera, “Dinamite” Branco, “Superman“ Braglia, Eranio, Fiorin, e di un giovane ed instancabile motorino quale Ruotolo … Era una squadra con un cuore enorme. Come il Foggia di Zeman o la Sampdoria di Boskov . Una squadra impossibile da odiare. Guidata da un capitano che usciva sempre dalla propria aria a testa alta e palla al piede. Un capitano pronto a difendere su ogni campo i propri compagni e l’amore per il Genoa. Gianluca Signorini non era un capitano. Ma era Il Capitano. E sempre tale resterà per i tifosi rossoblù.
Gianluca Signorini è morto il 6 novembre 2002. Stroncato da una malattia assurda, terribile. Disumana. Perché una malattia che ti costringe a vegetare per anni non ha nulla di umano. Nel 1999 lo storico capitano rossublù scopre di essere affetto da sclerosi laterale amiotrofica, meglio nota come SLA o Morbo di Lou Gherig. Lou Gherig era un giocatore statunitense di baseball, la prima vittima accertata di questa malattia. “Malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso”, cosi direbbe un dottore dal camice bianco e dal tono solenne. Per tutti noi è meglio nota come quella malattia che colpisce soprattutto gli atleti, portando alla perdita progressiva e irreversibile dei muscoli scheletrici. Fino alla morte.
Il “nostro capitano” era abituato a lottare in campo con avversari davvero tosti. Careca, Van Basten, Maradona, Gulllit, Klinsmann, Schillaci, Vialli… Ma la “Stronza” (così come l’ha ribattezzata con disprezzo Stefano Borgonovo, che sta lottando attualmente anch’egli contro la SLA) era terribilmente tosta. Gianluca per tre anni ha provato a fermarla in tutti i modi: col cuore, l’impegno, anticipi, scivolate, tattiche del fuorigioco, strattonate, ma non ce l’ha fatta. Ha sperato che il recupero di questa tragica partita non finisse più. Sperava in una rete miracolosa allo scadere. E’ arrivato purtroppo il triplice fischio finale.
Storia di un “angelo” che lotta contro la “Stronza”
Il “sacrificio” di Gianluca Signorini non va dimenticato. Anche Ugo Foscolo era dell’idea che le persone amate vivranno per sempre grazie ai nostri ricordi. Gianluca non va dimenticato. E per non dimenticarlo bisogna far luce su questa malattia. Capirne le cause. Aiutare la ricerca è fondamentale, ma è necessario capire i motivi di questo diabolico legame tra lo sport e questa malattia. Cosa c’era in quelle maledette siringhe che i medici sociali delle squadre di calcio somministravano nei muscoli dei giocatori per rigenerarli dalle fatiche sportive? La causa della “Stronza” è davvero il doping? Chi sa, parli. Non sia omertoso. Il miglior modo per ricordare Gianluca è quello di battere la stronza. Per Gianluca quella maledetta partita non è ancora finita …
Gianluca Signorini ora è un angelo. L’angelo dell’aria di rigore. Per favore, almeno questa volta, non cancellate il sorriso dal suo volto …
Marco Giuseppe Zefilippo,
giornalista, attualmente collaboratore per Agicos e profondo conoscitore del pianeta calcio, da quello giocato, a quello, meno "commerciale" delle stanze dei bottoni. Notevole la sua capacità di sottolineare sempre gli aspetti più suggestivi e non scontati delle vicende calcistiche, con pennellate di colore e richiami al mondo del cinema e della cronaca.