Gianluigi Paragone – sabato al Bad King con gli Skassakasta

Creato il 09 aprile 2015 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

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di Floriana Lenti
Pierluigi Paragone è giornalista e conduttore televisivo. E’ stato definito spesso “il Santoro di destra”, e non ci si stupisce, dato il suo trascorso: ex direttore della Padania, ex giornalista di Libero, ex vicedirettore di Raiuno e di Raidue. Nel suo programma L’ultima parola si è presentato con chitarra a tracolla e orecchino al lobo per fare editoriali in musica. Sabato 11 aprile sarà ospite al Bad King alle 21 e 30 per cantare con gli Skassakasta. Il direttore artistico Antonio Ballarano specifica solo: “Potremo godere gratuitamente di uno spettacolo che diverte e fa riflettere, suoni ed emozioni si mescoleranno… Già le prenotazioni in sala sono numerose”. Abbiamo intervistato Paragone, scoprendo l’uomo che è diventato, l’attenzione per le parole recitate e musicate e la voglia di cantare contro politica e finanza.

Cosa proporrai sabato sera?

Uno spettacolo particolare. Non sono un cantante e non ho una bella voce. Utilizzo le canzoni per lanciare dei concetti. Mi piace definire la mia performance ‘attualità appoggiata sul pentagramma’. Il titolo Spoon Rock River si rifà alla crisi politica ed economica che stiamo vivendo. Racconto in musica le cause e gli effetti del declino, le vittime silenziose che ne derivano.

Ti cimenterai in cover oppure hai pezzi tuoi?

Insieme a Luca Pedroni (chitarra), Luca Fraula (tastiere), Francesca Morandi (basso) e a Marco Mengoni (batteria) porteremo sul palco cover, sì, in una chiave rock. Poi ci sono anche pezzi nostri… non molti. Sono rocchettaro, il rock mi dà energia anche se mi piace un po’ tutta la musica. Adoro il cantautorato italiano cui rimprovero però assoluta semplicità di scrittura. Noi vogliamo sottolineare la parola.

Chi ha scelto il nome SkassaKasta?

L’ha scelto il mio capo-autore Sergio Bertolini.

Quando è iniziata la tua carriera da “musicante” e come si concilia con il tuo lavoro giornalistico?

In gioventù ho sempre avuto il pallino della musica; è il quarto anno che la porto in tv. Il giornalismo, poi, è un racconto di notizie. Se riesci a scriverle su carta stampata, se riesci a trarne pezzi televisivi non è detto che le notizie non possano declinare altre forme d’arte. Ad un certo punto comunque ho provato l’esigenza di andare oltre la telecamera. Avevo voglia di un contatto diretto, di un palco reale.

Rispetto al tuo trascorso politico, come ti senti?

Ho capito che c’erano vecchi schemi che non funzionavano. Con la politica il mio conto è saldato ed ho rotto anche con la dirigenza Rai. In passato si fanno sempre delle cose e l’onestà intellettuale sta nel capire, valutare e giudicare obiettivamente. Ho fatto una scommessa sbagliata. Ora mi sento libero. Non a caso la parola ‘libertà’ è quella che uso di più nello spettacolo. Non si può rimproverare il passato. Se tornassi indietro rifarei tutto, non ho rimpianti. A 42 anni speri di fare altre cose.

Qual è la tua idea politica?

E’ l’idea di uno che ha perso e che adesso si limita a guardare le storie piccole. Il punto di vista è quello più distaccato possibile perché non mi interessa adesso la politica. 

Guardiamo il presente. Di cosa ti occupi?

Per ora sono quotidianamente impegnato nella conduzione della trasmissione Benvenuti nella Giungla in onda su Radio 105 con Mara Maionchi. E’ un programma di grande popolarità. Poi continuo con La Gabbia su La7. Sto anche portando lo spettacolo Spoon Rock River in giro, cerco piccoli locali, mi piace stare appiccicato alle persone, nei teatri c’è più distacco. Il cronista, d’altronde, deve stare sul campo, se ci si allontana si rischia di raccontare solo la propria visione.

Cosa vuoi trasmettere, qual è il messaggio che desideri far arrivare al tuo pubblico?

Prima di tutto: state attenti alla realtà virtuale, ci sono troppi pericoli in questo mondo a taglia dura. Farò una canzone che parla di facebook e social network. In secondo luogo: ricordate che c’è sempre la possibilità di chiudere gli occhi e vedere la strada che porta alle favole! E’ su questo concetto che si basa il monologo d’introduzione a L’Isola che non c’è di Bennato.

Il tuo idolo internazionale?

Bruce Springsteen. Ho tutti i biglietti dei suoi concerti.

Con quali artisti italiani hai collaborato?

Ruggeri, Bennato, Baccini, Finardi…

Come spieghi il cambio del tuo look?

Giacca e cravatta fanno parte della fase in cui devi mettere un abito per essere un monaco. In questo Paese ci vogliono uniforme e gradi per esser presi in considerazione. Adesso posso fare quello che voglio.



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