Certo non si può dire che "Giass" sia una trasmissione che divide pubblico e critica. L'uno e l'altra, infatti, l'hanno già bocciata a stragrande maggioranza: gli esiti dell'Auditel e buonissima parte delle recensioni parlano chiaro, in proposito. Non mi va di unirmi al coro del "dalli a Ricci", e non certo per il gusto di fare il bastian contrario: semplicemente, e al di là di quella che sarà la sorte di questo nuovo prodotto televisivo (cancellazione per bassi ascolti?), non mi è parso così terribile come in molti l'hanno disegnato. Un programma dalle aspirazioni comico - satiriche che riesce a strapparmi qualche sorriso (non parliamo di risate, per carità), per quanto mi riguarda merita già un pizzico di benevolenza "a prescindere", ma guardiamo oltre. VECCHI SCHEMI - Il problema dell'accoglienza fredda, quando non acida, riservata a "Giass" va analizzato innanzitutto in una duplice prospettiva: ciò che il pubblico si aspetta da una trasmissione, e come questa trasmissione viene presentata da chi l'ha creata e dall'emittente che la propone. Il primo errore nel concepimento e nella gestione dell'operazione "Giass" sta proprio in quest'ultimo punto: se n'è sbandierata ai quattro venti mediatici la carica innovativa di format moderno e politicamente scorretto, quando invece si tratta di un prodotto sostanzialmente vecchio: vecchio nella scrittura, nella scelta delle tematiche, nel cast, nelle scalette. Non vi è nulla di innovativo, né si può dire che la satira proposta sia particolarmente spiazzante, né cattiva e urticante come altri, su altre emittenti, riescono a fare con minor grancassa pubblicitaria (avete mai visto la sequenza finale di vignette di Makkox a Gazebo, Rai Tre a tardissima ora? Spartana, eppure caustica e incisiva). RICCI IMMUTABILE - In "Giass" c'è tutto Antonio Ricci, c'è il "solito" Antonio Ricci. Il quale, anche se non lo ammetterà mai, non inventa alcunché di nuovo dalla fine degli anni Ottanta, da Odiens e Striscia la notizia. Gli stilemi narrativi, la filosofia di fondo, la costruzione delle sue "creature" sono da allora più o meno sempre le stesse, con le ovvie, ma minime, variazioni dovute alla diversa natura dei vari programmi (varietà, contenitore comico, tg satirico...). Non si parla, ovviamente, solo delle risate registrate, che del resto venivano usate dalle sitcom americane, per sottolineare battute ritenute particolarmente meritevoli, ben prima che l'autore ligure le portasse in Italia ai tempi del Drive In. La satira è sviluppata secondo le medesime modalità di Striscia: ossia senza affondare particolarmente i colpi, se non in rare eccezioni (la Ferilli - Raffaele divorata dal tarlo della mancata convocazione alla notte degli Oscar, o anche le "eccellenze contadine" italiane con Pietro Pacciani e Michele Misseri in primo piano: perfidia ai confini col cattivo gusto, il che è però caratteristica di tanta altra satira...). Quando si superano i limiti del politicamente corretto, accade solo grazie a qualche guizzo di Luca e Paolo, la cui canzone sui marò, per dire, è molto più tagliente di quanto possa sembrare a un primo ascolto. LUCA, PAOLO E VIRGINIA - Ecco, Luca e Paolo: sono loro l'autentico valore aggiunto, sono loro che consentono a Giass di assumere vesti un po' più fresche, di attenuare il sapore di deja vu. Anche da parte dei due genovesi poche novità (il successo pop riscritto in chiave ironica venne già lanciato qualche anno fa a Sanremo, con "Ti sputtanerò" dedicata a Berlusconi e a Fini), ma aggrapparsi a "modalità operative" già collaudate non è una colpa: tengono il palco con disinvoltura, la conduzione è sufficientemente spigliata, non ci sono passaggi a vuoto e la battuta buona per ogni circostanza è sempre lì, pronta a sbocciare. E poi la finta fiction "I Parolioni" è davvero una piccola perla, dissacrante al punto giusto, amaramente divertente. Continua, semmai, ad essere troppo ridotto lo spazio riservato a Virginia Raffaele (anche a Striscia fu una toccata e fuga), una che avrebbe le idee e il talento per sparigliare davvero le carte dello spettacolo: godibili le "cartoline" in esterno nei panni dei suoi personaggi più gettonati (ieri, a parte la Ferilli, il ritorno di Ornella Vanoni), ma la sua verve ne risulta un po' limitata.
Giass: programma vecchio che, ogni tanto, fa buon brodo. l'immutabile ricci di sempre
Creato il 02 aprile 2014 da CarlocaCerto non si può dire che "Giass" sia una trasmissione che divide pubblico e critica. L'uno e l'altra, infatti, l'hanno già bocciata a stragrande maggioranza: gli esiti dell'Auditel e buonissima parte delle recensioni parlano chiaro, in proposito. Non mi va di unirmi al coro del "dalli a Ricci", e non certo per il gusto di fare il bastian contrario: semplicemente, e al di là di quella che sarà la sorte di questo nuovo prodotto televisivo (cancellazione per bassi ascolti?), non mi è parso così terribile come in molti l'hanno disegnato. Un programma dalle aspirazioni comico - satiriche che riesce a strapparmi qualche sorriso (non parliamo di risate, per carità), per quanto mi riguarda merita già un pizzico di benevolenza "a prescindere", ma guardiamo oltre. VECCHI SCHEMI - Il problema dell'accoglienza fredda, quando non acida, riservata a "Giass" va analizzato innanzitutto in una duplice prospettiva: ciò che il pubblico si aspetta da una trasmissione, e come questa trasmissione viene presentata da chi l'ha creata e dall'emittente che la propone. Il primo errore nel concepimento e nella gestione dell'operazione "Giass" sta proprio in quest'ultimo punto: se n'è sbandierata ai quattro venti mediatici la carica innovativa di format moderno e politicamente scorretto, quando invece si tratta di un prodotto sostanzialmente vecchio: vecchio nella scrittura, nella scelta delle tematiche, nel cast, nelle scalette. Non vi è nulla di innovativo, né si può dire che la satira proposta sia particolarmente spiazzante, né cattiva e urticante come altri, su altre emittenti, riescono a fare con minor grancassa pubblicitaria (avete mai visto la sequenza finale di vignette di Makkox a Gazebo, Rai Tre a tardissima ora? Spartana, eppure caustica e incisiva). RICCI IMMUTABILE - In "Giass" c'è tutto Antonio Ricci, c'è il "solito" Antonio Ricci. Il quale, anche se non lo ammetterà mai, non inventa alcunché di nuovo dalla fine degli anni Ottanta, da Odiens e Striscia la notizia. Gli stilemi narrativi, la filosofia di fondo, la costruzione delle sue "creature" sono da allora più o meno sempre le stesse, con le ovvie, ma minime, variazioni dovute alla diversa natura dei vari programmi (varietà, contenitore comico, tg satirico...). Non si parla, ovviamente, solo delle risate registrate, che del resto venivano usate dalle sitcom americane, per sottolineare battute ritenute particolarmente meritevoli, ben prima che l'autore ligure le portasse in Italia ai tempi del Drive In. La satira è sviluppata secondo le medesime modalità di Striscia: ossia senza affondare particolarmente i colpi, se non in rare eccezioni (la Ferilli - Raffaele divorata dal tarlo della mancata convocazione alla notte degli Oscar, o anche le "eccellenze contadine" italiane con Pietro Pacciani e Michele Misseri in primo piano: perfidia ai confini col cattivo gusto, il che è però caratteristica di tanta altra satira...). Quando si superano i limiti del politicamente corretto, accade solo grazie a qualche guizzo di Luca e Paolo, la cui canzone sui marò, per dire, è molto più tagliente di quanto possa sembrare a un primo ascolto. LUCA, PAOLO E VIRGINIA - Ecco, Luca e Paolo: sono loro l'autentico valore aggiunto, sono loro che consentono a Giass di assumere vesti un po' più fresche, di attenuare il sapore di deja vu. Anche da parte dei due genovesi poche novità (il successo pop riscritto in chiave ironica venne già lanciato qualche anno fa a Sanremo, con "Ti sputtanerò" dedicata a Berlusconi e a Fini), ma aggrapparsi a "modalità operative" già collaudate non è una colpa: tengono il palco con disinvoltura, la conduzione è sufficientemente spigliata, non ci sono passaggi a vuoto e la battuta buona per ogni circostanza è sempre lì, pronta a sbocciare. E poi la finta fiction "I Parolioni" è davvero una piccola perla, dissacrante al punto giusto, amaramente divertente. Continua, semmai, ad essere troppo ridotto lo spazio riservato a Virginia Raffaele (anche a Striscia fu una toccata e fuga), una che avrebbe le idee e il talento per sparigliare davvero le carte dello spettacolo: godibili le "cartoline" in esterno nei panni dei suoi personaggi più gettonati (ieri, a parte la Ferilli, il ritorno di Ornella Vanoni), ma la sua verve ne risulta un po' limitata.
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