Giass: programma vecchio che, ogni tanto, fa buon brodo. l'immutabile ricci di sempre

Creato il 02 aprile 2014 da Carloca

Certo non si può dire che "Giass" sia una trasmissione che divide pubblico e critica. L'uno e l'altra, infatti, l'hanno già bocciata a stragrande maggioranza: gli esiti dell'Auditel e buonissima parte delle recensioni parlano chiaro, in proposito. Non mi va di unirmi al coro del "dalli a Ricci", e non certo per il gusto di fare il bastian contrario: semplicemente, e al di là di quella che sarà la  sorte di questo nuovo prodotto televisivo (cancellazione per bassi ascolti?), non mi è parso così terribile come in molti l'hanno disegnato. Un programma dalle aspirazioni comico - satiriche che riesce a strapparmi qualche sorriso (non parliamo di risate, per carità), per quanto mi riguarda merita già un pizzico di benevolenza "a prescindere", ma guardiamo oltre. VECCHI SCHEMI - Il problema dell'accoglienza fredda, quando non acida, riservata a "Giass" va analizzato innanzitutto in una duplice prospettiva: ciò che il pubblico si aspetta da una trasmissione, e come questa trasmissione viene presentata da chi l'ha creata e dall'emittente che la propone. Il primo errore nel concepimento e nella gestione dell'operazione "Giass" sta proprio in quest'ultimo punto: se n'è sbandierata ai quattro venti mediatici la carica innovativa di format moderno e politicamente scorretto, quando invece si tratta di un prodotto sostanzialmente vecchio: vecchio nella scrittura, nella scelta delle tematiche, nel cast, nelle scalette. Non vi è nulla di innovativo, né si può dire che la satira proposta sia particolarmente spiazzante, né cattiva e urticante come altri, su altre emittenti, riescono a fare con minor grancassa pubblicitaria (avete mai visto la sequenza finale di vignette di Makkox a Gazebo, Rai Tre a tardissima ora? Spartana, eppure caustica e incisiva). RICCI IMMUTABILE - In "Giass" c'è tutto Antonio Ricci, c'è il "solito" Antonio Ricci. Il quale, anche se non lo ammetterà mai, non inventa alcunché di nuovo dalla fine degli anni Ottanta, da Odiens e Striscia la notizia. Gli stilemi narrativi, la filosofia di fondo, la costruzione delle sue "creature" sono da allora più o meno sempre le stesse, con le ovvie, ma minime, variazioni dovute alla diversa natura dei vari programmi (varietà, contenitore comico, tg satirico...).  Non si parla, ovviamente, solo delle risate registrate, che del resto venivano usate dalle sitcom americane, per sottolineare battute ritenute particolarmente meritevoli, ben prima che l'autore ligure le portasse in Italia ai tempi del Drive In. La satira è sviluppata secondo le medesime modalità di Striscia: ossia senza affondare particolarmente i colpi, se non in rare eccezioni (la Ferilli - Raffaele divorata dal tarlo della mancata convocazione alla notte degli Oscar, o anche le "eccellenze contadine" italiane con Pietro Pacciani e Michele Misseri in primo piano: perfidia ai confini col cattivo gusto, il che è però caratteristica di tanta altra satira...). Quando si superano i limiti del politicamente corretto, accade solo grazie a qualche guizzo di Luca e Paolo, la cui canzone sui marò, per dire, è molto più tagliente di quanto possa sembrare a un primo ascolto. LUCA, PAOLO E VIRGINIA - Ecco, Luca e Paolo: sono loro l'autentico valore aggiunto, sono loro che consentono a Giass di assumere vesti un po' più fresche, di attenuare il sapore di deja vu. Anche da parte dei due genovesi poche novità (il successo pop riscritto in chiave ironica venne già lanciato qualche anno fa a Sanremo, con "Ti sputtanerò" dedicata a Berlusconi e a Fini), ma aggrapparsi a "modalità operative" già collaudate non è una colpa: tengono il palco con disinvoltura, la conduzione è sufficientemente spigliata, non ci sono passaggi a vuoto e la battuta buona per ogni circostanza è sempre lì, pronta a sbocciare. E poi la finta fiction "I Parolioni" è davvero una piccola perla, dissacrante al punto giusto, amaramente divertente. Continua, semmai, ad essere troppo ridotto lo spazio riservato a Virginia Raffaele (anche a Striscia fu una toccata e fuga), una che avrebbe le idee e il talento per sparigliare davvero le carte dello spettacolo: godibili le "cartoline" in esterno nei panni dei suoi personaggi più gettonati (ieri, a parte la Ferilli, il ritorno di Ornella Vanoni), ma la sua verve ne risulta un po' limitata. 
                                        Virginia Raffaele, sempre poco sfruttata     SATIRA MORBIDA - C'è molto Ricci e c'è molto di "Striscia", dicevo: e poiché l'uno e l'altra sono in calo di popolarità da anni, risulta fin troppo ovvio che Giass fosse atteso coi fucili spianati e con uno scetticismo preventivo. Ho spesso trovato le critiche a Ricci pretestuose. Esempio: satira troppo all'acqua di rose, soprattutto nei confronti dei politici e soprattutto nei confronti dei politici vicini al "padrone di casa". A parte che le accuse di... dispar condicio sono prive di fondamento (per un Berlusconi "lisciato" con parodie tipo "Cavaliere mascarato" c'era il D'Alema del fu-fu, per dire: morbide entrambe, ma parità perfetta) ma è più o meno da vent'anni che le sue trasmissioni hanno questo tratto stilistico: quello di non infilzare ma solo di punzecchiare, quello di fare una comicità da cassetta, da "un morso e via", fast food, più di stampo "zelighiano" che non da Avanzi o Pippo Chennedy. La verità è che Giass, nonostante tutto, regge bene l'impatto con lo schermo: detto dei due presentatori e di Virginia, il ritmo generale è buono, qualche sorriso arriva, l'idea della gara fra macro-regioni offre momenti di stanca ma anche qualche spunto degno di nota: ad esempio la proposta di video divertenti creati da utenti di You Tube (spettacolare quello dei "gay ingenui" con Cecchi Paone). C'è qualche cascame di troppo ripreso da Striscia, ma se, ad esempio, serve a rilanciare la galleria del parentame illustre che alberga in Rai, delle varie figliolanze berlingueriane e augiasiane, beh, ben venga comunque, perché certe cose non vanno mai dimenticate. CARUSO E LUOTTO, CHE TRISTEZZA - La vena comica è presente, pur fra alti e bassi, grazie ai volti noti del cabaret fininvestiano. Ha fatto tenerezza il ritorno di Gaspare senza il povero Zuzzurro: lo sketch di ieri era quello che era (mediocre assai, diciamolo pure) ma era comunque importante rompere il ghiaccio e intraprendere un nuovo percorso, cominciare a reinventarsi per andare avanti dopo la perdita del compagno artistico di una vita. Non è dunque detto che "vecchio" e "già visto" siano forzatamente caratteristiche negative, però non bisogna esagerare: con tutto il rispetto, Pino Caruso ed Andy Luotto sono davvero fuori tempo massimo, il primo legato a una comicità talmente in punta di spillo da risultare demodé, costruita per uno spettatore assai meno pretenzioso di quello attuale, il secondo perché, semplicemente, non fa ridere, e deve la sua fin troppo prolungata fama alla luce riflessa di Renzo Arbore, che ha avuto il merito (o demerito?) di creare dal nulla tante carriere superiori ai meriti. Le cose davvero poco digeribili di Giass sono, a ben vedere, marginali rispetto alla struttura del programma: il martellante battage che, sera dopo sera, porta avanti "Striscia la notizia" (ho sempre odiato queste sinergie fra trasmissioni, a maggior ragione insopportabili quando l'autore è il medesimo e quindi si fa autopromozione) e l'inutile ricorso al televoto per la gara nord - centro - sud, una "disfida" la cui funzione poteva esaurirsi tranquillamente all'interno delle due ore di messa in onda, senza appendici telefoniche lungo la settimana (ma poi, seriamente, quanti saranno gli italiani che comporranno il numero per votare?). 

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