Massimo Giletti, come si fa a catturare 4.200.000 spettatori tutte le domeniche pomeriggio? «Forse per capirlo si dovrebbe venire in via Asiago dove lavoriamo accampati uno sull’altro in quattro stanze miracolose... Gli ingredienti si possono sintetizzare in due parole: passione e credibilità. Solo così si possono realizzare, nel primo pomeriggio, delle cifre da orari serali, cifre numericamente altissime».
Conta la fascia oraria? «I numeri si possono fare ovunque. Nel primo pomeriggio, normalmente, si può arrivare, al massimo, a un milione, un milione e mezzo di telespettatori. Ma con L’Arena riusciamo a superare la prima serata. Questo grazie a un grande sforzo redazionale, con circa quindici collaboratori, abbiamo costruito una "macchina da guerra" che in due ore propone dieci filmati-inchiesta. Così siamo riusciti a creare un appuntamento...».
Mentana afferma che L’Arena è una «contaminazione di genere». «Sì, è vero. Noi lavoriamo con le inchieste, andiamo a scavare a fondo. L’Arena non è Porta a Porta, non c’è mai un momento di tregua, il mio è un appuntamento che cambia pagina ogni dieci minuti. Così è possibile raggiungere il grande pubblico, io non sono un uomo di nicchia e propongo sempre cose diverse, tutte insieme: non solo politici, non solo magazine, non solo cronaca».
Ma il talk show oggi è in crisi o no? «C’è il pericolo di un’inflazione di talk show politici e questo avviene perché La7 ha scelto questo tipo di televisione tutte le sere... Il lunedì c’è Formigli, il martedì c’è Sottile, poi La Gabbia... è una questione di costi. Il talk è economico. Ma se il genere si inflaziona alla fine resteranno solo i migliori, quelli che danno emozioni allo spettatore. Credo che la cosa più importante sia questa: dare emozioni».
C’è chi si lamenta che nei talk le facce sono sempre quelle. «Certo, la formazione delle compagnie di giro è una di quelle cose che fanno parte della vita. È normale. E quando si ha paura ci si affida all’"usato sicuro", alle facce note, i politici. Comunque sono pochi i politici bravi in tv. C’è anche da dire che le facce note servono: chi gira tra i canali se vede una faccia nota, famosa, si ferma. E anche per questo noi conduttori abbiamo il dovere di proporre nuove facce: io, per esempio, ho voluto far conoscere Tommaso Cerno dell’Espresso. Poi le persone, se funzionano, vengono invitate anche in altre trasmissioni e ci vanno... In ognuno di noi c’è un po’ di narcisismo».
Il suo modo di fare televisione ricorda quello di Enzo Tortora. «Io, da ragazzo, ho guardato tanta televisione, tutti i grandi che l’hanno fatta . Enzo Tortora è stato un grande, un uomo intelligente del quale si ricorda sempre solo la terribile tragedia giudiziaria dalla quale è stato travolto. Ma lui è stato uno dei grandi della tv: dal suo Portobello sono nati metà dei programmi moderni: come Carramba, ma anche Chi l’ha visto e anche, ad esempio, I Cervelloni. Sentire il mio nome accostato al suo mi riempie di orgoglio».
Domenica 29 L’Arena spegne dieci candeline, è in programma una torta? «Non ci abbiamo ancora pensato, ma un bel regalo, spero, potrebbe arrivare nella puntata successiva con un contributo di Fiorello».
Il ricordo più bello? «La generosità di Gianni Morandi, che annunciò in diretta i cantanti dell’edizione 2011 di Sanremo. E poi quella di Celentano che telefonò in trasmissione, per commentare un caso. Fu un evento, non l’aveva mai fatto».
Intervista di Antonio Angeli per "Il Tempo"