DemSpeaking ospita con piacere il seguente pezzo scritto dall’amico Enea Moscon.
Il dibattito politico italiano negli ultimi mesi tra scandali e dimissioni, primarie e liste, salite in campo e, ahinoi, eterni ritorni, sta vivendo un momento di grande frenesia.
I partiti, visto vicino il traguardo delle politiche, hanno tutti lanciato il proprio sprint, a 40 giorni dal voto, quando la volata è ancora molto lunga, sono già entrati in apnea. Se da un lato è giusto che tutti profondano il massimo sforzo per raggiungere la meta, dall’altro ben sappiamo come il poco ossigeno possa far perdere lucidità.
Per questo ci fermiamo un attimo, tiriamo una bella boccata di ossigeno, e fissiamo lo sguardo su casa nostra.
Il grafico, basato sui dati che Pagnoncelli puntualmente tutti i martedì ci snocciola nel salotto di Floris, ci dà due indicazioni chiare: innanzitutto che il PD ha guadagnato, costantemente e in grande misura, consenso negli ultimi tre mesi, portandosi dal 26% al 36%; in secondo luogo, che nelle ultime settimane, questo trend non solo si è arrestato, ma i consensi sono ridiscesi a quota Veltroni2008 (33%).
La chiave di lettura di questi numeri non credo vada però ricercata all’esterno dal partito, nel ritorno del Cavaliere, nella salita del Professore o nel nuovo competitor a sinistra. Penso invece che il PD fino a un certo punto della campagna elettorale sia riuscito ad avere una Vision, un progetto, un’idea dell’Italia che vorrebbe. Anzi più di una perché l’ascesa vertiginosa nei sondaggi corrisponde alle primarie per la scelta del candidato premier. Bersani, che ha il merito di avere fortemente voluto le primarie, e Renzi, che ha il merito di averle rese una competizione vera ed entusiasmante, si sono confrontati, anche aspramente a tratti, sempre però parlando agli elettori di un progetto serio e concreto per il paese, dipingendo un’Italia “che sarà” secondo le proprie convinzione e ideali. Neanche per un momento i due sono sembrati personaggi delle favole, perchè, oltre ai curricula e alla loro credibilità personale, molto differente da quella di qualche famoso pifferaio, erano sostenuti da una folla di amministratori locali e militanti conosciuti e apprezzati sul territorio per serietà, impegno e passione, un tesoretto di tali dimensione che solo il Partito Democratico può vantare in questo momento. In questa crisi nella quale la luce in fondo al tunnel continua a intravedersi ma non si riesce a raggiungerla mai, una credibile Vision del nostro paese era esattamente quello che gli elettori cercavano. È così spiegato l’incredibile escalation di 10 punti in tre mesi.
Sono convinto che anche la frenata nei sondaggi possa essere spiegata dalla stessa chiave di lettura.
Finite le primarie, e iniziata la competizione vera, con avversari molto agguerriti, il PD si è fatto risucchiare da logiche politichesi, richiudendosi in se stesso e smarrendo quella vocazione ecumenica più renziana, parlando e facendo parlare di sè per la composizione delle liste invece che per gli investimenti su asili e scuola, di alleanze invece che merito, di voto utile invece che di dimezzamento dei parlamentari e riduzione di costi della politica.
Mai come ora il PD ha avuto tanto elettorato potenziale e mai come adesso è stato “faber suae quisque fortunae”: saranno le sue scelte da qui al 24 febbraio a determinare il risultato della competizione elettorale.
Ora, in quello che resta di questa lunga volata della campagna elettorale, il PD ha ancora il tempo per ritrovare lo “spirito delle primarie” ossia offrirsi agli elettori e al paese con un progetto unitario, concreto ambizioso, e convogliare non tramite strani appelli o patti, ma con credibilità e VISIONE il consenso e le speranze della maggioranza degli italiani, sfidando gli altri candidati su come ci immaginiamo il paese; oppure potrà impostare l’ennesima campagna contro Berlusconi, snobbando Ingroia e contrattando con Monti, giocando con il catenaccio, ma rischiando di rinchiudersi nel solito recinto (il 33% lo fece già Veltroni).
Fate vobis, ma poi che nessuno ci accusi che non ve l’avevamo detto.
Enea Moscon
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