22 ottobre 2011 di Massimiliano Scordamaglia Lascia un commento
Parlare di Gio Ponti e’ parlare dell’orgoglio di essere italiani, e’ ripercorrere il senso di uno stile che si compie nell’universalita’ del quotidiano dando un tocco di sublime al far parte di un ambiente, al camminare per le strade di una citta’, nel compiere i gesti piu’ semplici all’interno delle proprie abitazioni.
Ponti, come tuti i grandi architetti, ha una visione randiana del proprio lavoro similmente al Roark de "La fonte meravigliosa" o nel mondo reale Gropius, Le Corbusier o appunto Frank Lloyd Wright.
Sono i committenti ad inseguire il suo ingegno a non viceversa e del resto Ponti fu un artista dal talento universale e l’architettura uno dei suoi innumerevoli doni col quale espresse un’idea di stile applicato al consueto come pochi altri hanno saputo fare, non almeno a questi livelli.
Cio’ che piu’ colpisce e’ la passione che sostiene il suo lavoro, una ricerca di perfezione che non vuole ergersi a nuovo creato ma ad originale conseguenza di scelte stilistiche ben precise.
Se un ambiente lo necessitava, per esso Ponti inventava nuove poltrone, nuove ceramiche dai pattern originali, suppellettili e quadri non limitandosi ad una rigida struttura architettonica ma esaltando la forma col gesto.
Suo fu il "Pirellone" ma sua fu anche la Cattedrale di Taranto e allo stesso tempo a lui dobbiamo la sedia "superleggera" e la rivista "Domus".
Eclettismo infinito per la bellezza applicata alla praticita’ e ci vuole ben altro che questo volume per descrivere il suo lavoro ma ancora una volta le pubblicazioni Taschen non smentiscono la loro natura di riassunto e riepilogo, questa volta piu’ di altre con l’autrice Roccella che con ottimo stile sa cogliere lo spirito di Ponti ed esporlo al meglio nei limiti dello spazio a disposizione.
Se l’accento e’ posto sull’architettura, non meno cura e’ riservata all’interior design, rispettando la visione globale di Ponti che non dimentica mai lo scopo di un edificio nel suo insieme e l’importanza per le persone che lo abitano, facendo del confort e dell’estetica un diritto.
Resta quindi l’unico inevitabile difetto delle poche pagine che non possono che tratteggiare la figura di uno dei grandi personaggi italiani nel mondo, un artista consacrato dalla potenza del proprio ingegno e una volta tanto non da una critica compiacente e faziosa, meriti conquistati sul campo perche’ personaggi come Ponti, hanno bisogno di qualcuno non a favore o contrario ma che viva di loro.
"Interrogato su quale fosse per lui la forma perfetta, Ponti avrebbe fatto riferimento all’obelisco che definiva ‘ il vero e puro simbolo dell’architettura.’. L’obelisco ‘ e’ un enigma, e’ sibillino, e’ metafisico, rappresenta l’architettura arcana non funzionale, disinteressata, il puro, il solo atto plastico, l’accento ‘. Cosi’ l’obelisco puo’ essere considerato il simbolo della sua ricerca artistica verso l’estrema chiarezza formale e il raggiungimento dell’equilibrio attraverso armonia e bellezza."