Gioannbrerafucarlo (by Marius)

Creato il 30 agosto 2013 da Simo785

Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Dicembre 2012.

Luigi Veronelli, grandissimo enologo e gastronomo, raccontò un giorno sulle pagine del Corriere della Sera che in occasione della sua ultima visita ufficiale a Milano la regina Elisabetta II d’Inghilterra poté gustare, nel corso del pranzo formale in Prefettura, il risotto alla milanese preparato dal grande cuoco Chicco Cerea secondo la ricetta elaborata dello stesso Veronelli e da Gianni Brera.

Sì, proprio lui, Gianni Brera, classe 1919 come il Campionissimo Fausto Coppi, bassaiolo di San Zenone Po e, come si definisce nell’incipit del suo “Storia dei Lombardi”, cresciuto brado o quasi tra boschi, rive e mollenti. Riduttivo definirlo giornalista sportivo anche se ai più giovani forse viene in mente solo così. Ma Gioannbrerafucarlo, come spesso si presentava tirando in ballo suo padre, era giornalista, scrittore, storico sopraffino e uomo di cultura e intelligenza superiori nonché amante della buona cucina e del buon vino.

E inventore.

Se avesse ricevuto una lira per ogni volta che qualcuno avesse ripetuto le parole da lui inventate sarebbe divenuto paperone in breve tempo. Abatino, Bonimba, Rombo di Tuono solo per nominare Rivera, Boninsegna e Gigi Riva; così vennero ribattezzati tra gli anni sessanta e settanta questi fuoriclasse. Incornare, goleador, centrocampista solo per citare tre termini entrati nel dizionario italiano e comunemente adottati da chiunque anche solo sappia che cos’é il gioco del calcio. Brera nacque cronista di atletica che è la base di qualunque altro sport o gioco, fu appassionato inviato e cronista del ciclismo degli anni ’40 e ’50, con Fausto Coppi diventato vero e proprio protagonista di un romanzo, che poi è la sua vita, in “Coppi e il Diavolo”. A soli trent’anni, record di precocità ad oggi imbattuto, fu Direttore della Gazzetta dello Sport e successivamente firma di primo piano per oltre quarant’anni delle maggiori testate sportive italiane, dai quotidiani ai settimanali. La sua “Storia critica del calcio italiano” è basilare per conoscere l’abc del pallone, dai tempi storici del Genoa di cui egli era tifoso e addirittura custode dell’atto originale di fondazione del Club. La sua grande conoscenza del popolo italico, e per l’indole e per le caratteristiche fisiche, lo portò a propugnare un calcio basato sull’accortezza difensiva, la scaltrezza e la velocità di ribaltamento dell’azione in quello che egli definì contropiede. Assertore di quello che sarebbe stato così etichettato gioco all’italiana, evoluzione del “verrou” dello svizzero Rappan: il catenaccio. Solo così era possibile superare avversari di classe ancora legati al sistema o al modulo. Grande amico del Paròn Rocco, con cui condivideva le idee calcistiche e soprattutto enogastronomiche.

Impossibile riassumere Gianni Brera in poche righe, si possono solo dare poche sensazioni, ma i suoi articoli, i suoi romanzi, i suoi libri restano e ogni tanto ci prende il bisogno di sfogliarli, di andare a rileggere qualche passaggio.

A vent’anni dalla scomparsa ci manca. Ma alzando un calice di Barbaresco possiamo brindare a lui, magari accompagnando un delizioso risotto cucinato secondo la ricetta sua e di Veronelli.


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