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Al ragazzo è andata male. Pensava di suscitare una reazione ben più veemente con i suoi insulti nei confronti del tutore della legge. Deve aver scelto bene le parole, perché non c'è offesa peggiore dell'essere paragonato al deputato nonché avvocato di Berlusconi. Pensava che rincarare la dose facendo commenti sul suo alito fetido e sulle sue capacità balistiche avrebbero comportato un cedimento nella maschera imperturbabile del carabiniere. Si aspettava un insulto di rimando, una manganellata, una testata velenosa, insomma qualcosa da gettare in pasto alle telecamere che in tutta tranquillità coglievano ogni sua singola parola senza tentennamenti, a prova di spelling. Qualcosa che potesse ribadire la violenza dello Stato su un cittadino inerme. Il ragazzo ha giocato pesante, con la sicurezza di avere la partita in pugno, ma ha perso. Lo Stato, o meglio, l'uomo dall'altra parte non ha fatto nulla. Avrebbe voluto, questo è certo. Si è figurato quella faccia piena di barba piena di sangue, quella bocca privata di ogni singolo dente. Oh sì, gli sarebbe piaciuta tantissimo quella scena. E chissà, forse senza quell'occhio indagatore sarebbe andata veramente così. Invece ha risposto al gioco e ha vinto la mano. Un gioco in cui ragione e torto spariscono. Sparisce il Tav, spariscono le mafie che la costruiranno, sparisce lo Stato che lo sta permettendo e i valsusini che vogliono impedirlo. Rimane il gioco con il suo sapore, troppo forte per alcuni, delizioso e insostituibile per altri. Il sapore della guerra. E mentre il carabiniere lo sta ancora assaporando, il ragazzo barbuto stasera ne coglie solo l'amarezza data dalla sconfitta. A questo giro è andata così. Ma gli è piaciuto giocare. Oh, se gli è piaciuto, giocare alla guerra.
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