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Giocavo da sola

Da Elys
Giocavo da sola Non era una questione di simmetria. Era più un venirsi incontro e provare a costruire un puzzle vedendo se i nostri pezzi,  anche se storti e un po’ sbilenchi, potevano combaciare in qualche punto, in qualche buffa maniera. Poi è arrivato il giorno o forse sarebbe meglio dire l’ennesima sera e mi sono resa conto che in realtà giocavo da sola. Accanto un’altra maschera, un altro stupido e vanesio mulino a vento abituato a specchiarsi nel lago di se stesso. Perché è questo che succede sempre ma mi ostino e mi ostino a non imparare mai la lezione: le persone deludono, le persone tessono i loro minuti ignorando i tuoi, le persone ti raccontano storie complicate solo per nascondere la verità. Ma io la conosco, l’ho sempre conosciuta eppure ho voluto concedere ancora, con errore, un brandello di fiducia. Esistono mondi diversi? Forse ma non è detto non possano incontrarsi. È un fatto di pelle, odore e parole. Empatia. Non la incontri dovunque, non te la vendono al supermercato allo scaffale “prodotti per la casa”. Te lo senti dentro l’altro e non sai neanche spiegarti perché. La razionalità non c’entra, è pura percezione. Cosa può nascere da questo? Tutto o niente. L’importante è rischiare, vedere, provare, conoscersi, discutere, odiarsi, amarsi ma tu hai rinunciato a priori. Hai deciso per entrambi. I baci, gli abbracci sono solo scambi di effusioni tra amici. Io ne prendo atto, brindo alla mia notte con un bicchiere di sano vuoto e scelgo il silenzio. Almeno questo mi è concesso. Foto di Auro http://www.flickr.com/photos/auro

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