Sangue e sabbia
I “Giochi di morte” italiani sono in realtà il “Salute of the jugger” del titolo (come al solito, infinitamente piu’ figo) originale.
In “Salute of the jugger” il protagonista è quel biondone algidissimo di Rutger Hauer, che noi tutti ci ricordiamo fin troppo bene nella strepitosa interpretazione di Blade runneriana memoria.
Rutger da solo vale la pellicola.
Rutger parla poco e combatte tanto, anche con un occhio solo e vestito di stracci fa sempre la sua porchissima figura.
Rutger fa il capo gruppo di una improvvisata squadra di gladiatori del futuro.
Siamo nel post-atomico piu’ classico, con atmosfere alla “Mad max” e costumi alla “Waterworld”. Rutgerone allena i suoi ragazzi in uno pseudo gioco (di morte appunto) il cui scopo è infilare un teschio di cane su un palo senza lasciarci le penne.
Detta così sembrerebbe una trama un po povera per ricavarci un film, ma la realtà è ben diversa ed il film, non solo ce l’hanno ricavato ma è anche, e soprattutto, una figata assurda.
Un po “Rollerball” un po “Doomsday”, “Giochi di morte” fa nel 1990 quello che ad oggi non ero riuscito a vedere nemmeno in produzioni molto piu’ recenti.
E’ ben fatto, carico di azione, appassionante e soprattutto sincero. Pochi, pochissimi, effetti speciali e tanta adrenalina nei punti giusti.
Assolutamente da riscoprire, per godersi il buon Rutger, per sollazzarsi con i costumi post-punk dei neo gladiatori e per lasciarsi cullare da una storia ben raccontata dall’inizio alla fine. Serve altro? No, non serve, accomodatevi e godetevelo.