Magazine Bambini

Giochiamo?

Da Psytornello @psytornello

giocare

E’ piacevole. Ci dà energia. Rende più creativi. Stiamo parlando del gioco, un’attività divertente e serissima che però gli adulti si concedono con qualche remora.

Eppure giocare è un processo biologico profondo, che nel corso degli anni si è evoluto in molte specie animali per uno scopo non trascurabile: favorire la sopravvivenza. Infatti non solo forma il cervello, ma rende più intelligenti e adattabili. Nelle specie più evolute, favorisce l’empatia e rende possibile la costituzione di gruppi sociali complessi.

Non è semplice definire in modo assoluto il concetto di gioco. “L’essenza più profonda del gioco sta nel piacere, nel divertimento” spiega il professor Gianfranco Staccioli, pedagogista e docente di Metodologie del gioco e dell’animazione all’Università di Firenze. “Ma attenzione: nell’attività ludica il divertimento non coincide con una fuga dalla realtà, ma è piuttosto l’occasione per cambiare ottica e guardarsi intorno da un punto di vista diverso. In questo senso, esiste un legame molto stretto tra gioco e creatività. Ci si può divertire, e dunque giocare, immergendosi in qualunque attività, dal far rimbalzare una palla al cucinare un dolce, dallo spolverare la libreria all’immergersi in un cruciverba. Quello che marca la differenza tra evasione, attività ludica e lavoro è l’atteggiamento con cui lo si vive. Il gioco è libero, privo di scopi, aperto alla novità. Altri tratti caratteristici delle attività ludiche – citando le teorie del sociologo francese Roger Caillois – sono l’essere regolamentate, l’avvenire entro precisi spazi fisici e temporali (“il bel gioco dura poco”) e la loro assoluta improduttività.
Ed è proprio quest’ultima caratteristica – dal tempo passato a divertirsi non si trae alcun beneficio materiale – uno dei fattori che possono rendere difficoltoso, per gli adulti, godere di un giro sull’altalena o scatenarsi in una battaglia con i cuscini. Non è del resto un caso se espressioni quali “Guarda che non stiamo mica giocando!” sono ricorrenti nel linguaggio delle persone adulte. Alcuni “grandi” disprezzano la giocosità, quasi che divertirsi liberamente sia un tabù. “Crescendo, a un certo punto cominciamo a sentirci in colpa se giochiamo. Ci viene detto che non è produttivo, che è uno spreco di tempo, addirittura che è immorale” spiega lo psichiatra americano Stuart Brown, che aggiunge: “Abbiamo interiorizzato a tal punto i messaggi della società, che vedono il gioco come una perdita di tempo, che ci vergogniamo a lasciarci andare”.
Negli adulti può agire anche l’inibizione. Spiega Staccioli: “I grandi, molto più dei bambini, si vergognano a lasciarsi trasportare dal gioco, perché equivale a “scoprirsi”. Mettendosi a nudo, si abbandonano le maschere protettive dei ruoli abituali per mostrare nuove parti di sé. Questo è percepito come pericoloso per timore del giudizio altrui. Per poter giocare si ha quindi bisogno di un ambiente in cui è chiaro che non ci sarà valutazione, né negativa, né positiva: solo così so può agire serenamente”.  

Per fortuna non tutti gli adulti hanno un rapporto problematico con il divertimento. “Esistono anche quelli con un animo da Peter Pan, che sembrano non crescere mai e riescono ad affrontare numerose situazioni del quotidiano come fossero un gioco” puntualizza lo psichiatra Michele Cucchi, direttore del Centro medico Santagostino di Milano e autore di ‘Vincere l’ansia con l’intelligenza emotiva’. Per queste persone la familiarità con un atteggiamento ludico si può trasformare in un vantaggio, perché aiuta a vivere una realtà meno stressante senza perdere efficienza. Improduttivo non vuol quindi dire inutile. Anzi! Medici, psicologi e psichiatri appaiono concordi nell’attribuire proprio al gioco molteplici funzioni essenziali per il corpo, la mente e la psiche. Divertirsi fa bene e, al contrario, smettere di farlo può avere conseguenze negative, fino a condurre alla depressione. Per dirla con George Bernard Shaw: “Non smettiamo di giocare perché invecchiamo, ma diventiamo vecchi perché smettiamo di giocare”. 

Giocare è una formidabile palestra psicologica. Abitua a tollerare le frustrazioni, a elaborare strategie, a sviluppare l’abilità di problem-solving e a collaborare con gli altri. Soddisfa anche alcuni bisogni umani primari, come l’istinto ad affermarsi attraverso la sfida. Inoltre, nel gioco è possibile imparare lezioni e abilità senza essere direttamente a rischio. I timidi possono provare a esprimersi, i paurosi ad essere aggressivi, gli asociali imparare il valore della collaborazione. Attenzione però: il gioco può anche diventare un problema, se viene vissuto come un surrogato della vita reale o una fuga. Può anche trasformarsi in una vera forma di dipendenza. I campanelli d’allarme? “Se si gioca più di quattro ore al giorno, soprattutto da soli, online o sul computer, il rischio è quello di sviluppare disturbi emozionali. 

Fonte: Focus. Scoprire e capire il mondo. N. 259 – Maggio 2014


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :