Un accorato appello ai responsabili istituzionali, alle associazioni e ai cittadini da parte della Delegazione Vibonese di Italia Nostra e del suo presidente Gaetano Luciano, attraverso questa lettera aperta come sostegno all’impegno del comitato “San Ferdinando in movimento” affinché venga bloccato il progetto che prevede la costruzione del rigassificatore nella Piana, una megastruttura con conseguenze catastrofiche per l’ecosistema marino ma anche per le comunità dell’intero territorio che comprende la provincia di Reggio e di Vibo. All’appello si uniscono l’associazione culturale Alma Tellus e Alighistos.
Lettera aperta ai calabresi, ai popoli italici e alle creature della terra, del cielo e dell’intero creato
Come una nemesi, a cinquant’anni dalla morte di Umberto Zanotti Bianco (fondatore di Italia Nostra), dopo aver scoperto e amato la Calabria e la Manga Grecia all’indomani del terremoto del 1908 e scritto un libro profetico “Tra la perduta gente”, per denunciare la miseria e l’arretratezza, ma anche per richiamare l’indifferenza e l’abbandono delle istituzioni,i novelli illuminati assertori delle “magnifiche sorti e progressive” (La ginestra, Leopardi) del XXI secolo, hanno deciso di sublimarci in eterno “tra la perduta gente” insieme a Proserpina.
Ci eravamo illusi che le famigerate camera a gas appartenessero al passato e alla follia dei nazisti! Invece no. Lo hanno decretato il ministro Corrado Passera, tutto il governo dei professori ispirati da Monti, le diverse giunte della Regione Calabria e i tre sindacati, Cgil, Cisl, Uil, con il via libera a costruire un megamostro, per gli addetti “rigassificatore” in grado di riportare allo stato gassoso 12 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto ogni anno. Ad occuparsi della realizzazione la società “LNG MedGas Terminal” (composta da più società, tra cui Iride e Sorgenia della famiglia De Benedetti), da localizzare nella Piana di Gioia Tauro sul territorio del comune di San Ferdinando, su quattro faglie sismo-genetiche attive (è una delle maggiori aree a rischio sismico del Paese) che hanno causato il terribile sisma del 5 febbraio del 1783. Uno studio citato dalla Commissione energetica della California prevede la formazione di una nube di gas incendiario di un’area vasta che ricade in un raggio di 55 kilometri, nel caso di fenomeni tellurici di un certo rilievo, che provocherà l’immediata distruzione di tutta l’antica Italia (da Reggio a Catanzaro).
A niente è valso il doppio parere negativo del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici (l’ultimo il 22 giugno del 2012), perché non esiste la Valutazione di impatto ambientale e soprattutto la Vas (Valutazione ambientale strategica) come previsto dall’articolo 7 del Codice dell’Ambiente. Che importa se tutta l’area verrà devastata (circa 50 ettari); che importa se il mare sarà sterilizzato e le specie ittiche scompariranno; che importa se il turismo e la pesca andranno in malora; e che importa se su ogni creatura che ha avuto la malasorte di nascere in questa terra maledetta, ogni attimo della sua vita lo vivrà con l’incubo di una catastrofe pari ad una bomba atomica. Con il consenso del dio degli inferi Plutone anche gli attori del nostro destino che dovrebbero tutelare la legalità e il rispetto della Costituzione su cui hanno solennemente giurato, hanno carta bianca per violare la legge e commettere crimini contro l’ambiente e le comunità. Questa inutile propaggine di terra così sarà destinata alla perdizione.
A che cosa servono gli studi e i modelli elaborati che attestano questi scenari catastrofici – non considerando i danni all’ambiente e alla salute – e se questa tecnologia è obsoleta e superata. In questa terra ferita, tradita e assalita dai nuovi barbari, c’è posto per ogni specie di relitto e delitto. “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”: il verso di Dante sembra risuonare in modo terrificante di fronte all’inferno di questa nuova realtà che ci attende.
Nicola Rombolà (portavoce Delegazione Vibonese di Italia Nostra, presidente delle associazioni culturali
Alma Tellus e Alighistos
Cronistoria del rigassificatore di San Ferdinando
Come denunciato dal comitato “San Ferdinando in movimento”, da anni impegnato per cercare di bloccare la costruzione della megastruttura, il progetto va avanti dal 2002 quando all’epoca la Regione era governata da una giunta di centrodestra con governatore Chiaravalloti. Successivamente nel 2006 è stata la giunta Loiero a dare l’autorizzazione con la stipula di un protocollo d’intesa. Tutto si è svolto sotto silenzio. Oltre alle condutture e all’attracco per le navi che portano il gas liquido a 160 gradi sotto zero, verrà costruito un megaserbatoio con una capienza di 640 mila metri cubi, mentre l’impianto più grande d’Europa ha una capienza di 12 mila. All’inquinamento marino con l’utilizzo di un prodotto, l’ipoclorito di sodio (candeggina) come biocida nel ciclo di riscaldamento del gas poi rigettato in mare, assieme agli alo-derivati , si avrà un rilascio in atmosfera di sostanze tossiche pericolose che avranno effetti corrosivi e cancerogeni e andranno a incidere sul buco dell’ozono già gravemente compromesso. Inoltre tra i fattori di rischio la mescolanza di questi componenti darà vita ad una schiuma chimica che ricoprirà la spiaggia per parecchi chilometri con la presenza di quantità enormi di batteri potenzialmente tossici e sostanze contaminanti. Un tale fenomeno è già stato osservato. Cosa ancora più grave è che le tubazioni criogeniche che condurranno il gas dalla nave ai serbatoi secondo il progetto, sorgeranno a 100 metri dalla scuola elementare “G. Carretta”, che esporranno ulteriormente questi bambini ad ulteriore pericolo). Tutti questi effetti nocivi e che pregiudicheranno l’ecosistema marino e causeranno la devastazione di tutta la zona, sono poco cosa di fronte alla probabilità di un sisma che provocherà la distruzione di un’area vasta che ricade in un raggio di 55 kilometri (da Reggio fino a Catanzaro) a causa della formazione di una nube di gas incendiario, come attesta uno studio citato dalla Commissione energetica della California. Da segnalare infine che il responsabile del procedimento autorizzativo dell’impianto è stato Franco Canepa, a oggi ancora presidente della Olt Energy Toscana (di cui possiede il 29%), la società impegnata nella costruzione del rigassificatore offshore di Livorno. Oltre ad essere stato arrestato con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta, nel 1997, è citato nell’operazione “mafia e appalti ter” della Procura di Palermo). Il costo dell’opera è di oltre 1 miliardo e 340 milioni di euro e il gestore si assicurerà un aiuto di Stato per vent’anni, al di là se ci sia o non ci sia la produttività.