Da molte generazioni gli Orléans (quei Borboni che discendono in linea diretta dal fratello del Re Sole, Philippe duca di Orléans il quale, a dispetto del suo amore per i cavalieri giovani e aitanti, si sposa due volte e genera un buon numero di eredi sparsi oggi per le case reali di tutta Europa) possiedono quasi tutti occhi azzurrissimi. E ovviamente essendo il blu e l’azzurro dei colori, come dire, di famiglia, cosa c’è di meglio per metterli in risalto dell’intensità profonda degli zaffiri? La storia degli zaffiri Orléans, iniziata quasi certamente alla Malmaison, proseguita nei saloni delle feste di mezza Europa e finita al Louvre, è complessa, articolata, intrigante e decisamente stupefacente. Eccola a voi.
Nell’ottobre del 1821 la duchessa di Oréans allora in carica (Marie Amelie, figlia del re di Napoli e di Maria Carolina di Asburgo, quindi nipote della regina Maria Antonietta) riceve nei suoi appartamenti del Palais Royal una certa madame Lacroix, cameriera della duchessa di Saint Leu, titolo fittizio dietro al quale si cela la ex regina d’Olanda Ortensia de Beauharnais. Figlia dell’imperatrice Joséphine, sposata controvoglia al fratello più giovane di Napoleone, Ortensia dopo la caduta dell’Impero sopravvive vendendo i suoi gioielli, buona parte dei quali viene dall’eredità materna. Napoleone aveva coperto Joséphine di brillanti, perle, zaffiri, rubini, cammei, e all’epoca del divorzio, forse anche a causa di violenti sensi di colpa per il subitaneo ed inatteso abbandono, glieli aveva lasciati tutti. Madame Lacroix alla duchessa di Orléans propone alcuni pezzi stupendi fra cui un insieme di diamanti e zaffiri che, quasi sicuramente, è la “garniture” (bandeau-diadema, collana e orecchini) menzionata nell’inventario stilato alla morte dell’Imperatrice nel 1814. Fra l’altro un ritratto (realizzato da Henri Francois Riesener nel 1808), recentemente acquisito dal museo della Malmaison, ci mostra una Joséphine un po’ idealizzata che indossa una parure di zaffiri molti simile a quella che porterà in un successivo dipinto la duchessa di Orléans.La vendita permette alla ex regina di Olanda di intascare 160 mila franchi dell’epoca, una cifra generosa, ma il duca d’Orléans avendo passato lunghi anni in un penoso e difficile esilio, non ama speculare sulle sfortune degli altri e quindi decide di non mercanteggiare ed accetta il prezzo proposto.
Nel 1839 la maison parigina Bapst cataloga, su incarico della proprietaria, i gioielli di quella che è già regina dei Francesi (il marito Luigi Filippo, il re borghese, è stato messo sul trono dalla rivoluzione del 1830) e qui cominciano le sorprese perché gli zaffiri sono misteriosamente aumentati sia in quantità che di valore. Nell’elenco ci sono ovviamente il diadema formato da nove elementi grandi ed otto intermedi, gli orecchini, il collier con otto grossi zaffiri ovali e la spilla acquistati dalla regina Ortensia, ma vi compaiono anche un pettine-corona con ornato da quindici zaffiri (fra grandi e piccoli), settanta perle e diamanti e due braccialetti entrambi guarniti da un grosso zaffiro. Da dove vengono questo ulteriori tre pezzi? Difficile dirlo con certezza, forse sono un dono di nozze dei sovrani di Borbone Napoli, genitori di Marie Amelie, ma non è escluso siano omaggi del regale marito. Una cosa è certa, il pettine-corona, usato per guarnire un cappello piumato, la collana, gli orecchini e la spilla più in alto, sono quelli indossati dalla regina nel ritratto che le fa Louis Hersent nel 1836, oggi conservato al museo del castello di Compiègne.
I ritratti di queste celebri dame con indosso la parure o anche solo alcuni elementi facilmente riconoscibili, sono in qualche modo un punto di partenza, ma l’origine dell’insieme rimane un mistero. L’identificazione delle pietre è difficile e il gioiello non può essere datato mancando del tutto fatture di acquisto o il punzone. Il committente e l’autore sono ad oggi sconosciuti (anche se una leggenda familiare fa risalire parte degli zaffiri addirittura alla regina Maria Antonietta, senza però che ci siano prove specifiche a riguardo) però l’insieme resta una testimonianza preziosa della qualità raggiunta dai gioiellieri parigini nei primi anni del XIX secolo.
La regina dei francesi è una signora precisa ed ha la passione degli inventari, perché nel 1863 ormai vedova ed esiliata in Inghilterra, fa stimare di nuovo il suo scrigno (miracolosamente scampato, insieme a tutta la famiglia reale alla rivoluzione del 1848 che caccia dal trono Luigi Filippo) ma questa volta la catalogazione ha un obiettivo preciso, Marie Amelie vuole dividere le sue gioie in parti uguali fra i numerosi nipoti. Nel frattempo, cioè prima della fuga precipitosa da Parigi, la regina aveva affidato al gioielliere di fiducia Bapst un rimaneggiamento della sua collezione di zaffiri in modo da creare due parure distinte. Dal diadema vengono tolti quattro elementi principali e cinque secondari e uno degli zaffiri grandi, con il suo motivo a ramage di brillanti a cui viene sospeso un altro zaffiro a goccia, diventa una imponente spilla da “corsage” (molto in voga all’epoca come ornamento per la parte anteriore appunto dei corsetti) che completa, con il diadema stesso, il collier e gli orecchini la parure numero 1. Gli altri elementi tolti dal diadema, la spilla restante e i due braccialetti, sono rimontati in un paio di orecchini, tre spille da “corsage” e tre spille a “bottone” da “spalla” che uniti al “pettine-corona” formano la parure numero 2.
Nel 1865 Luigi Filippo conte di Parigi (il primo della serie) e nipote di Marie Amelie, sposa la cugina Isabella di Orléans y Borbòn, figlia dell’ultimogenito della vecchia regina e nell’occasione la principessa riceve la parure n.1. L’insieme n.2 viene assegnato, nel testamento della ex regina, al suo figlio minore, Antonio duca di Montpensier il quale altri non è se non il padre della contessa di Parigi di cui sopra. Da questo momento le due superbe parure non smetteranno di incrociarsi secondo il caso voluto dalle successioni e dai matrimoni familiari visto che gli Orléans (guardati con disprezzo dalle altre case reali a causa del loro trono arrivato grazie ad una rivoluzione, quella del 1830, e per via dell’antenato regicida Philippe Egalité) hanno la molto accentuata tendenza a sposarsi fra di loro.
Il duca di Montpensier alla sua morte lascia la parure n.2 alla figlia già felice proprietaria dell’insieme n.1, ma a questo punto gli zaffiri sono diventati una specie di simbolo, gli emblemi stessi del prestigio della famiglia reale, sono la corona dei pretendenti orléanisti al trono di Francia e come tali indossati solo dalle mogli del capo della casata. Gioielli di famiglia, dinastici, non privati e personali, dunque. Nel 1925 alla morte del duca di Orléans, il cugino duca di Guisa eredita il titolo (comprensivo, come capo della casata, dell’esilio decretato dalla III Repubblica per tutti i discendenti degli ex sovrani) e i beni storici della famiglia fra cui le due parure di zaffiri. La duchessa di Guisa, bellissima ed elegante (anche se pare che non esitasse ad usare in certe situazioni anche un linguaggio abbastanza colorito) li indossa spesso, alla moda del tempo, con il diadema portato come “bandeau” sulla fronte e l’azzurro delle pietre che mette in risalto il blu dei suoi occhi.