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La famiglia Baffo giunse a Venezia nell'anno 827 e fu inscritta nella nobiltà nel 1297. Essi contribuirono alla costruzione della Chiesa della Maddalena e di San Secondo (nell'isola omonima) e Giorgio non perdonò mai ai suoi antenati di aver speso parte del capitale di famiglia a favore del clero. Le sue invettive contro preti e frati furono assai accese:
De povertà fè voto e castitae,
e po' ve volè tior tutt'i trastuli,
se ziogadori, puttanieri e buli,
e questa xe la vostra santitae.
La sua avversione al clero si spiega con la grande corruzione e i cattivi costumi che serpeggiavano nella Venezia del Settecento.
Giorgio nacque nel 1694 da Andrea Baffo e Chiara Querini: studiò scienze, storia e filosofia. "Fu uomo robusto e di forte complessione, sebbene piccolo di statura e grosso... Era faceto ed allegro nel parlare e trattare, facile ed affabile con tutti, egli era la delizia della conversazione, ne v'era alcun cittadinesco passatempo cui il nostro Autore non intervenisse e non rallegrase co' suoi lepidi versi ora studiati ed ora improvvisati che a gara gli dettavano le Muse e il suo libero genio".
Le poesie di di Giorgio Baffo, pur suscitando polemiche per il loro erotismo e anticlericalismo, erano lette ovunque in quanto affrontavano temi di grande attualità, quali il libertinaggio a Venezia. E Baffo, sebbene membro della Quarantia, scriveva moltissimo:
Me lambicco el cervello zorno e notte
per far sonetti grassi e buttirosi
per divertir le donne e i so morosi
ma mi fazzo sonetti e i altri fotte.
I suoi versi nascevano dall'osservazione della vita cittadina in giro per caffè, sale da gioco e bordelli:
Amigo vol contarve in t'un sonetto
la mia gran bela vita buzarada
tutta la sera vago per la strada
ma vago per toccar qualche culetto.
Baffo fu amico di personaggi illustri suoi contemporanei ed ebbe molta influenza negli anni dell'infanzia di Giacomo Casanova. Fu lui infatti che convinse la famiglia a mandare Giacomo a studiare a Padova e sempre lui lo presentò al senatore Malipiero che divenne suo protettore per un lungo periodo della sua vita.
Nel 1727 Baffo sposò Cecilia Sagredo, suonatrice di clavicembalo, dalla quale ebbe un'unica figlia. L'unione fu voluta dai Baffo perché Giorgio era l'unico maschio rimasto; il poeta ebbe sempre una certa ritrosia verso il matrimonio. Pare che i rapporti tra marito e moglie non fossero buoni, o almeno così traspare dalle sue parole:
Pur a mi la me tocca de sta' fatta
e se la soffro e la sopporto in pase
perché digo, gramassa la xè matta.
La Mona el ciel a ella l'ha fatta
e più darmela adesso no ghe piase
e mi vago a puttane, ed ecco fatto.
Fu definito poeta osceno, trasgressivo, licenzioso e morboso, ma è palese che questo suo scrivere è una spia dei disagi sociali, umani e politici degli anni che precedettero la caduta della Serenissima, quando tutti i valori del passato vennero meno.
Stanco di ipocrisie e falsità, durante un attacco di ira diede alle fiamme tutta la raccolta dei suoi scritti. Fortunatamente erano però stati trascritti da chi lo ascoltava e sono così giunti fino a noi.
(Fonte: M.C. Bizio)
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