Giorgio Napolitano, Peer Steinbrück ed il tassista greco

Creato il 28 febbraio 2013 da Filelleni

Odos Mitropoleos 12-14, Sas parakalò. Sto estiatorio  “O Tzitzikas kai o Mermigkas”. (“A via Mitropoleos 12-14, per favore. Al ristorante La cicala e la formica”). Sono le 20.30 di ieri. Siamo una compagnia di quattro italiani e, in taxi, stiamo andando a cena fuori. Il conducente conosce il locale e si districa nel traffico serale di Atene che, anche a causa della crisi, non è più caotico come un tempo. Nella penombra della vecchia Skoda cominciamo a parlare tra di noi, fitto fitto, in italiano. Il tassista tace.

Poi capisce la nostra nazionalità ed intona un peana: “Siete italiani vero? Grande popolo il vostro, grande il vostro Presidente. Evviva! Finalmente qualcuno ha avuto  il coraggio di reagire alla prepotenza dei Tedeschi con uno scatto di orgoglio. Bravo Napolitano!”. E  prosegue con uno dei refrain più amati e ripetuti dai Greci, secondo solo a “una faccia, una razza”: “anche in guerra voi Italiani, quando eravate nostri nemici ed alleati dei Tedeschi, non avete avuto nulla a che spartire con loro. I vostri soldati  spesso hanno sfamato i nostri bambini, gli altri hanno commesso solo atrocità”. Retorica da Bar Sport? Forse anche. Ma il nerbo del problema c’è e resta.

A cosa si riferisca il tassista è evidente. Giorgio Napolitano, in visita ufficiale in Germania, ha provveduto ad annullare l’appuntamento serale con Peer Steinbrück, leader della Spd e candidato alla Cancelleria che, solo poche ore prima, aveva dichiarato: “In Italia hanno vinto due clown” e proseguito: “uno è un comico di professione e l’altro agisce sotto l’impulso del testosterone”.

Bastano le giustificazioni che oggi i quotidiani hanno cercato di avanzare? Nell’ordine, Steinbrück è un noto gaffeur; dietro l’attacco ai leader italiani si cela,  in realtà, la preoccupazione, tutta interna, per la minacciosa ascesa dei Piraten, partito fautore e frutto dell’antipolitica, critico verso le privatizzazioni e convinto assertore di linee economiche che tornino a privilegiare il sociale. Bastano le giustificazioni? Direi di no. Né, data la mancanza di scuse o, almeno, di rettifiche ufficiali, è da pensare che si sia trattato semplicemente di una gaffe.

Forse non si è accorto Peer Steinbrück che la vera minaccia all’Europa sta arrivando dalle derive populiste (nella migliore delle ipotesi) o nazi-fasciste (Chrisi AvghiAlba dorata, in Grecia, che a maggio, è entrata in Parlamento e che i sondaggi danno in continua ascesa); che queste derive sono il frutto della disaffezione, della rabbia, della ribellione della gente che paga in prima persona, da un lato le conseguenze di politiche economiche nazionali sbagliate nel passato; dall’altro, nel presente,  i prezzi di una cura, non meno sbagliata, di cui la Germania è la principale interprete e portavoce. Non è un caso se proprio i partiti tradizionali e l’Europa sono sul banco degli imputati. E’ nelle maglie di tali riflessioni, all’interno di questi rapporti sfilacciati, che  dovrebbe inserirsi e muoversi la Politica (quella con la P maiuscola). Gli insulti non servono. Anzi, casomai sortiscono l’effetto contrario.

“In quanto presidente della Repubblica io rappresento l’unità nazionale, che non credo sia una cosa molto diversa dal rappresentare la dignità del Paese. Ora, noi rispettiamo profondamente la Germania, per i suoi successi, per avere saputo risorgere dalle rovine e costruire una nuova Europa insieme all’Italia… La rispettiamo, ma naturalmente esigiamo rispetto per il nostro Paese.” Ha risposto Giorgio Napolitano.

Vogliamo solo sperare che, a settembre, Peer Steinbrück non sia il nuovo Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca. Diversamente i margini per colloqui e trattative diverranno davvero molto stretti e, nonostante i giornali d’Oltralpe titolino l’esatto contrario, non sarà colpa dell’Italia se, insieme alla Politica, anche l’Europa rischierà il fallimento.


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