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Giornalismo balneare: dalle “parole non dette sul Sud” del co.co.co Ernesto Galli della Loggia al buonismo social della giornalista tedesca Anja Reschke.

Creato il 09 agosto 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Pulitzerdi Rina Brundu. Non compro mai giornali o libri cartacei, mi danno un fastidio tattile e dopo averli tenuti in mano per qualche istante mi ritrovo sempre a parafrasare Lady Macbeth: “Chi avrebbe mai pensato che questo corsivo scontato necessitasse di così tanto inchiostro?”. Ma oggi è un’altra domenica d’agosto italiano e comprare un giornale da leggere all’aperto è un’abitudine dura a morire. Al solito ho optato per il Corriere della Sera e al solito me ne sono pentita dopo cinque minuti: un euro e cinquanta per quattro paginette contenenti una rassegna stampa di argomenti che si conoscono già a memoria e per leggere il trito e contrito. Il disastro mediatico è tale che se Luciano Fontana, il nuovo direttore del Corsera, non avesse ancora programmato le sue vacanze, bisognerebbe consigliargli Londra, giusto per vedere come è fatto un giornale domenicale e perché riesce a fare una differenza ancora oggi, in tempi di giornalismo digitale.

Then again, when in Rome behave like the Romans do. Scorrendo tra le pagine e le rade righe mi ha colpito questo inciso nell’editoriale “Le parole non dette sul Sud” di Ernesto Galli della Loggia: “Il problema del Mezzogiorno, del suo mancato sviluppo, non è anche questo silenzio della grande maggioranza  della società meridionale, a cui da tempo fa eco colpevolmente il silenzio e il disinteresse del resto del Paese? Non è da qui che bisogna allora ricominciare?  Sono queste le parole che mi sarebbe piaciuto sentire dire da Matteo Renzi venerdì scorso alla direzione del PD, parlando delle condizioni del Sud, al posto del “rottamare i piagnistei” e dello “zero chiacchiere” con cui invece ha condito il suo discorso”. Subito dopo il dottor della Loggia si lancia in un’altra cavalcata retorica trita e contrita come fosse un co.co.co di primo pelo, non un giornalista che, insieme ai tantissimi colleghi, è ed è stato  parte del potentissimo sistema corporativistico-mediatico che nell’ultimo mezzo secolo ha fatto da spalla sostanziale alla casta politica che  ha portato la nazione allo sfascio.

Dato che difficilmente mi si potrà accusare di simpatie renzistiche, non ho difficoltà a scrivere che il pezzo di un editorialista del Corriere che vorrei leggere, e per cui sborserei ben più di un euro e mezzo, sarebbe invece uno scritto ben costruito e pensato in cui i professionisti di questo ex glorioso giornale fanno mea culpa per essere stati, finanche in tempi recentissimi, l’organo mediatico che ha permesso al sistema cancrenoso che ci ammorba di sopravvivere immutato e immutabile. Lungi dallo scagliarsi contro Renzi, il dottor Galli della Loggia dovrebbe prendersela, tra gli altri, contro i suoi colleghi redattori online impegnati a pubblicare un poster size-lenzuolo del leader un giorno sì e l’altro no; uno status quo giornalistico-pernicioso che abbiamo più volte denunciato su questo blog, che fa poco onore all’informazione libera e rende quasi ridicole queste “filippiche” dedicate al popolino che il Corsera pubblica nelle afose mattinate d’agosto spacciandole per buone.

Ridicole quasi quanto le apologie del buonismo politically-correct che abbondano in Germania grazie alla giornalista Anja Reschke: c’è sempre qualche idiota che abbocca, e a volte gli idioti sono nove milioni, lo stesso numero di quelli che hanno guardato il suo video anti-razzistico e pro-accoglienza migranti. Non riesco neppure a figurarmi il concetto di razzismo, il concetto di una discriminazione dell’altro in virtù di una sua differenza di pelle, credo religioso, possibilità economica; di fatto, il riuscire a figurarmelo sarebbe per me una sorta di auto-offesa all’essenza stessa della mia anima libera. Di converso trovo ripugnante questa strumentalizzazione del dolore dei tanti, del dolore dei miseri per venirne fuori con l’immagine antirazzistica trendy e per celare l’incapacità di promuovere una azione internazionale politica (ma nel contesto, anche mediatica) mirata e capace di restituire una terra vivibile a ciascun popolo in difficoltà e una maggior serenità a quei popoli vicini, come il nostro, che la serenità la vivono solo come facciata.

Giornalismo balneare, appunto!


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