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Giornalismo e salute mentale, un rapporto difficile. Un convegno a Udine

Creato il 09 ottobre 2015 da Gaetano61

 Giornalismo e salute mentale, un rapporto difficile. Un convegno a Udine
Domani, 10 ottobre, ricorre la Giornata mondiale della salute mentale (qui
Nell'ambito di questo appuntamento, stamattina, a Udine, si è parlato di salute mentale e informazione, nel convegno dal titolo "Per una corretta informazione sulla salute mentale". L'incontro, tenutosi alla sala Ajace, è stato organizzato dalla Cooperativa Itaca in collaborazione con l'Ass n. 4 Medio Friuli e l'Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia. Vi hanno partecipato Mario Asquini - direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Udine -, la psichiatra Maria Angela Bertoni, i giornalisti Gianpaolo Carbonetto e Raffaella Maria Cosentino, e il presidente di Legacoopsociali Friuli Venezia Giulia, Gian Luigi Bettoli (qui)
Dal convegno è emerso che il rapporto tra la salute mentale e l'informazione presenta rilevanti criticità, a partire dal ricorso, da parte dei media, al pregiudizio per descrivere e commentare alcuni fatti di cronaca. L'uso del pregiudizio rappresenta sia la via più facile per scrivere un pezzo o fare un titolo, sia per dare (quando si è in buona fede) una risposta immediata all'opinione pubblica che si chiede "chi ha commesso quel tal fatto", oppure (quando si è in mala fede), per un piccolo calcolo di aumento delle copie vendute o dello "share". Nei casi di cronaca nera, il ricorso della comunicazione allo stigma della "malato di mente", viene usato per descrivere la personalità degli autori di atti di estrema violenza, come un omicidio in famiglia, parlando in questi casi di un "atto di un folle" o di un improvviso "raptus violento"; altre volte si fa un collegamento di causa-effetto con lo stato depressivo dell'autore del fatto delittuoso. L'uso dello stigma viene quindi fatto in due sensi: attribuendo l'etichetta di "malato di mente" a persone perfettamente sane e coscienti di ciò che stavano commettendo (in pratica lo "squilibrio mentale", anche improvviso nella forma del "raptus", è la via più facile per spiegare un atto violento); dall'altra, nel collegare arbitrariamente, ad esempio, l'atto omicida allo stato depressivo del suo autore, inducendo l'idea, nell'opinione pubblica, della pericolosità sociale di chi soffre di depressione. In entrambi i casi l'effetto finale è quello di accentuare l'emarginazione delle persone che effettivamente soffrono di disturbi mentali. É evidente, quindi, come l'informazione giochi un ruolo a dir poco socialmente delicato, e come quello che questa mattina è stato definito l' "autocontrollo", sia uno degli ingredienti del mestiere di giornalista. 
I giornalisti presenti hanno anche parlato dell'esistenza di una Carta di Trieste, ancora in bozza, documento di natura deontologica riguardante le notizie sui cittadini con disturbo mentale (qui, la traccia trovata in rete)
Infine, una segnalazione: l'impiego di alcune parole con effetto stigmatizzante, è l'oggetto del libro che uno dei relatori presenti questa mattina, la giornalista Raffaella Maria Cosentino, ha co-curato per "Redattore sociale", dal titolo "Parlare Civile" (Bruno Mondadori. 2013), (qui la scheda del libro, qui il il sito parlarecivile.it).

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