di Rina Brundu. In un suo recente articolo apparso su Repubblica.it, Vittorio Zucconi, commentando l’assegnazione del Premio Pulitzer al The Huffington Post di Arianna Huffington, ha scritto: “La giuria del Pulitzer ha dunque premiato, più che la novità del mezzo, la normalizzazione della professione attraverso i new media. Bentornata fra noi, internet, sembrano aver detto i giurati. L’ idealismo alto di Joe Pulitzer, il monito del primo grande cronista premiato nel 1917, possono rivivere, e addirittura rinascere migliori nella culla informatica”.
E così, dopo il Pulitzer, il giornalismo online riceve anche la benedizione di un maestro del giornalismo italiano. Ma sono tutte rose e fiori? Non si direbbe. Di fatto, sulle italiche sponde, a parte le due corazzate Corriere Della Sera e La Repubblica, che mercé la loro Storia e la loro autorevolezza sono riuscite a passare “quasi “ indenni il guado verso la dimensione digitale, e quindi viaggiano intorno al milione di click al giorno, tutte le altre testate annaspano. Per non parlare poi di quelle nate in Rete che, quando la va di lusso, collezionano circa 40.000 visite giornaliere: una miseria se si pensa che un quotidiano cartaceo di media diffusione vende almeno 150.000 copie al giorno!
Il problema, a mio avviso, è la prospettiva di visione, ovvero quel continuato misunderstanding sul cosa sia il giornalismo online. Questa tipologia di giornalismo infatti non ha nulla a che vedere con le dinamiche del giornalismo tradizionale che pure vive in Rete; tali dinamiche sono altra cosa, e sono per lo più l’ultimo tentativo della “professione che fu” di continuare ad esistere. Come niente fosse. Tuttavia, non sarà possibile fare finta che nulla sia accaduto! Ne deriva che, con le sue differenti caratteristiche tecniche, il giornalismo online (quello vero!), insidia ogni giorno che passa la supremazia del giornalismo tradizionale e non lo fa soltanto con Arianna Huffington, ma lo fa con una miriadi di giornalisti digitali, molto combattivi, alcuni anche molto famosi che sono… una testata-a-sé!
Ciò che io chiamo terzo modello giornalistico proposto dall’universo digitale (terzo, dopo il modello giornalismo cartaceo e dopo il modello giornalismo cartaceo migrato in Rete), è quindi una mera tipologia informativa e comunicazionale che deriva direttamente dalla caratteristica tecnica fondamentale del giornalismo online, ovvero quella di mancare del filtro editoriale e di concentrare tutte le sue ”aspettative” sul giornalista stesso: il giornalista diventa la testata! Un esempio nostrano, a parte quello scontato e oramai globale di Mrs Huffington? Naturalmente, Marco Travaglio. Il giornalista de Il Fatto Quotidiano, infatti, con il suo milione di followers (o di Likes facebookici che dir si voglia) è, piaccia o non piaccia, una corazzata virtuale potente quanto lo è quella del Corriere della Sera. A momenti, più potente. E più autorevole.
Guardare l’overall affaire da questa diversa (e a suo modo rivoluzionaria) prospettiva di visione è, secondo me, conditio-sine-qua-non per comprendere davvero cosa sia e cosa rappresenti il giornalismo online, o per poter speculare sul suo sviluppo futuro. Nonché per capire meglio la sua effettiva forza nel presente. Personalmente ritengo che non si possa che essere felici dello status-quo: finalmente un giornalismo che premierà il merito dell’individuo, il suo coraggio, la sua capacità di cogitazione e di riflessione, la sua “inclinazione” ad essere giornalista! Insomma, come scrivevo molto, molto tempo fa: giornalismo online, niente più alibi in Rete, e niente più ridicoli esamini di Stato!
Featured image, Joseph Pulitzer (Makó, 10 aprile 1847 – Charleston, 29 ottobre 1911), fonte Wikipedia.