Quello della libertà d’espressione in rete e della legge bavaglio (nelle sue varie versioni) è argomento da sempre dibattuto che torna d’attualità più o meno ogni volta ci sia bisogno di una ‘merce di scambio’ tra i politici per appoggiare o meno questa o quella legge.
Per questo la notizia di quanto accaduto a Pordenone qualche giorno orsono non mi ha sul momento stupito più di tanto. Una Web tv, PN Box ed il suo titolare (che rischia ora fino a 6 mesi di carcere) sono stati denunciati per aver diffuso [cito]
“gratuitamente notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale specie riguardo ad avvenimenti di attualità, politica e spettacolo”.
Ovvero per aver fatto quello che più o meno chiunque di noi che ha un blog fa periodicamente, cioè scrivere prendendo più o meno spunto dalla realtà quotidiana.
Storia vecchia mi state dicendo? Vero, ma con un particolare ‘nuovo’ e, se confermato, a mio avviso un tantino inquietante: a muoversi stavolta non è stato il soggetto “vittima” dell’eventuale cattiva informazione quanto, udite-udite, pare proprio lo stesso Ordine dei Giornalisti che ha accusato il sito di “esercizio abusivo della professione” non essendo lo stesso iscritto all’Ordine e quindi NON avendo l’abilitazione a fare informazione.
Il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, interpellato da un giornalista, ha risposto (per chi ci crede) che:
”Il nostro esposto è a tutela della categoria e dell’ordine. Se viene meno la garanzia della legge sulla stampa siamo nella giungla. E se le piattaforme online, dalle web tv ai blog, fanno informazione continuativa, allora noi tuteliamo la categoria”.
Ma siccome noi italiani negli anni siamo stati allenati a diffidare delle verità pret-a-porter e dove c’è “difesa” di qualcosa solitamente c’è anche qualche privilegio, stavolta ho deciso di cercare di capire una volta per tutte cosa difendano costoro. Perché se è vero che per i petrolieri, gli assicuratori, i farmacisti qualcosa s’intuisce o si può intuire, per i giornalisti il discorso mi appariva abbastanza nebuloso e non credo il tutto sia fatto in difesa del diritto alla libera (perchè da tempo non le è più) e corretta (men che meno) informazione.
E nebuloso sarebbe probabilmente rimasto se non mi avessero dato (grazie al mio “consulente previdenziale”) l’imbeccata di andare a vedere il loro sistema previdenziale.
Potete farlo anche voi, non è assolutamente difficile e con pochi semplici click potrete scoprire che mentre si parla di una riforma del lavoro a 360° mirata a prolungare l’età pensionabile in modo di farci schiattare senza aver prelevato un solo euro di pensione, per “qualcuno” (ad esempio per gli iscritti all’INPGI, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”), rimane valida la possibilità di ottenere la pensione di anzianità con i precedenti requisiti ovvero con 35 anni di contribuzione e 57 anni di età.
Un vantaggio che, viste le tensioni sociali di questi tempi, forse è bene non far sapere troppo in giro tanto per… non diventare troppo “impopolari“. Viene quasi, sbagliando chiaramente, logico e naturale pensare che:
E riflettendoci bene per controllare ancora meglio la circolazione e la diffusione di certe informazioni cosa c’è di meglio che far dare le notizie solo ed esclusivamente agli interessati preventivamente ‘abilitati’?