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Giornalisti in fuga dall'Africa: "Rapporto Giornalisti in esilio 2012"

Creato il 21 giugno 2012 da Marianna06

Lilanga-Wacha-Hayo-Si-Mayani

 

Chi racconta con le parole o con le immagini,  mantenendosi aderente alla realtà dei fatti accaduti e sollecitando semmai, nei lettori o negli ascoltatori, una visione critica di “uomini e cose”, non può più fare, oggi,  il giornalista in Africa .

E a me,mentre pigio i tasti del computer, viene in mente quanto impegno ha profuso l’Occidente, negli anni passati, e neanche troppo lontani nel tempo, per la formazione di giovani comunicatori africani.

Lo hanno fatto un po’ tutti e cioè le organizzazioni non governative, il mondo missionario e le nostre stesse università attraverso rapporti di studio e di collaborazione.

Ebbene, negli ultimi cinque anni, secondo il”Rapporto Giornalisti in esilio 2012”,reso pubblico in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato,  ben 464 operatori dell’informazione hanno scelto di lasciare il proprio Paese per motivi di sicurezza.

Un numero alto, se si considera per l’Africa tutta l’ esigenza e l’importanza insieme di una corretta informazione.

E le fughe riguardano Paesi come l’ Eritrea,l’Etiopia, la Somalia e, purtroppo, anche il piccolo  e virtuoso Rwanda, denominato dalla pubblicistica internazionale  la Svizzera d’Africa, proprio perché pare che lo standard di vita per il cittadino medio sia decisamente più buono rispetto al resto del Continente.

La necessità di affrontare in Africa un esodo forzoso (è tutto chiaramente evidenziato nel Rapporto) dipende per la maggior parte dei giornalisti quasi sempre dal rischio di morte certa.

Infatti, la Somalia annovera tristemente, e nel corso di questo solo anno, sei giornalisti morti ammazzati sulla cui fine e ad opera di quali mandanti ,come è normale in questi casi, non si è fatto assolutamente luce.

E quindi nessun processo e nessun imputato.

Comunque la Somalia non è la sola. Così come la stessa Africa orientale è in buona compagnia,ad esempio, con la Repubblica democratica del Congo,oppure con il Camerun, oppure ancora con la Costa d’Avorio o il Togo, dove pestaggi, violenze gratuite e ammazzamenti non mancano affatto per colui o colei ,che manifesta la propria dissidenza nei confronti del potere costituito.

Il problema per i giornalisti fuori dall’Africa resta, comunque, ugualmente di estrema pericolosità.

Perché, anche fuori dall’Africa,secondo i dati forniti dal Rapporto, la sicurezza personale, accanto a condizioni di precarietà in aggiunta,inevitabili in un paese straniero,  può venire fortemente a mancare in qualsiasi momento.

Con le conseguenze che non è difficile immaginare.

E da qui si evince l'importanza della contro-informazione di certe riviste, anche quelle  missionarie, per riuscire ad avere in Occidente un quadro degli eventi africani il più chiaro e  il più realistico possibile.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

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