Magazine Diario personale

Giornata “capelli no”

Da Silvanascricci @silvanascricci

Giornata “capelli no”

Avete, per casa, figlie femmine con la fissa dei bei capelli?

No? allora siete fortunati.

Si?, allora potrete capirmi.

Ore 14,28 torno a casa e trovo la figlia rilasssssattissima e giuliva che smanazza sul PC.

Questa sera, alle 19.00, deve andare dal dentista a Trebbo di Reno e poi a dormire dal suo ragazzo a Ca’ di Dio (letteralmente).

L’assistente del dentista, chiamata per consulenza, consiglia di non andare in macchina ma di farsi accompagnare al ritorno; si consulta mio marito che dice di non poter andare a prenderla dal dentista (io, notoriamente, non guido).

Decisione finale: andata in autobus, ritorno in taxi almeno fino ad una delle porte di Bologna da cui verrà prelevata dal suddetto ragazzo.

Ok, studiato, pianificato, deciso, attuato.

Alle 16.31 la fanciulla in questione decide di prepararsi, comincia a muoversi tra la camera ed il bagno in maniera sempre più concitata e frenetica.

Dopo una mezz’oretta sento provenire dal bagno urla, strepiti, schiamazzi ed improperi.

Vado a sincerarmi di che cosa sia successo di tanto grave; risposta: “ho i capelli in una giornata NO, e quindi sono incazzata come una bestia, ma tu non c’entri niente”.

Pfiù…. meno male, la colpa non è mia.

Non voglio tediarvi a lungo ma vi dirò che gli strepiti, gli incazzi, le porte sbattute, i vaffan… si sono moltiplicati esponenzialmente fino a terminare in un urlo preistorico e belluino.

Mi sono prudentemente tenuta lontana e non ho profferito verbo su tutta la situazione (esperienza di madre insegna), le ho dato ragione su qualunque cosa uscisse dalla sua boccuccia di rosa.

Sono intervenuta solamente quando, nello studio dove mi ero rifugiata, ho sentito provenire dall’ingresso un grido sguaiato che intimava: “Scricci vieni qui subito a darmi una mano, altrimenti urlo e butto tutto giù dalla finestra”.

Adesso urli? adesso?, ma se son ore che non fai altro che urlare ed imprecare come uno scaricatore di porto livornese (ad onor del vero, però, dalla finestra non era ancora volato nulla).

Sono corsa là da dove proveniva l’invocazione e l’ho trovata quasi impiccata tra le tracolle delle tre borse che pendevano esauste e rassegnate dai fianchi.

Non ho detto nulla sul fatto che portarsi dietro la casa, come una qualunque lumaca di buona famiglia, per star fuori una sola notte non mi pareva la volpata della vita, soprattutto se prima devi fare una capatina dal dentista a togliere il dente del giudizio (oddio giudizio è una parola forte, se togliamo anche il dente quanto gliene resterà?).

Dopo aver sbrogliato la matassa e averla vista rovesciare sul pavimento l’intero contenuto di tre borse di sopravvivenza per ottimizzare lo spazio e poter portarne in giro solo due è uscita di casa.

Erano le 17.58

Dopo che è uscita ho tirato un sospiro di sollievo, ho guardato dove l’erba non sarebbe mai più ricresciuta, ho raccolto da terra tutto quello che c’era rimasto e mi sono accasciata sul divano.

Ah naturalmente non le ho detto che era molto, molto carina con i capelli acconciati in quel modo, mi avrebbe incenerita con lo sguardo, le Erinni che sono in lei si sarebbero scagliate su di me con spaventosa e ferale furia.

Però era davvero carina, però….



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