Anche se l’Hiv negli ultimi dieci anni è praticamente sparito dai media, non è più oggetto di campagne e in generale ha smesso di suscitare attenzione, questo non vuol dire che non ci sia più come molti erroneamente credono. E la Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids che si tiene l’1 dicembre, di ogni anno dal 1988, è un’occasione per non abbassare la guardia, perché anche se non è più una malattia “per cui si muore sempre”, il numero delle infezioni non solo non è diminuito ma negli ultimi anni ha ricominciato ad aumentare costantemente. In Europa poi ha toccato un livello mai visto neanche negli anni ’80. E in Africa l’Aids è diventata la prima causa di morte tra gli adolescenti (ogni ora si verificano 26 nuove contagi).
Giornata Mondiale contro l’Aids, “un’occasione per non abbassare la guardia”. Proprio in questi giorni c’è stato il 30 anniversario della morte di Rock Hudson che trent’anni fa, con la sua confessione di essere ammalato di Aids ed omosessuale, diede il via a una stagione mediatica che ha grandemente contribuito alla lotta contro l’Aids, permettendo di trovare risorse e fondi per sviluppare trattamenti sempre più efficaci. Ma la malattia non è sparita e ogni anno ci sono oltre due milioni di nuove infezioni Hiv, in parte dovute anche a questa errata convinzione.
In Europa la situazione non è affatto lieve. Il sistema di sorveglianza ha registrato lo scorso anno 142mila nuove infezioni nei 53 paesi della regione europea dell’Oms, di cui circa 30mila nella sola Unione Europea, il numero più alto mai visto da quando è iniziato il conteggio. Sono in aumento, segnala un rapporto Oms-Ecdc, le nuove infezioni dovute a rapporti omosessuali, che erano il 30% nel 2005 mentre ora sono il 42%, mentre quelle dovute a rapporti eterosessuali sono il 32%. Marginale invece l’apporto di nuove infezioni da parte di tossicodipendenti che usano droghe iniettabili, appena il 4,1%.
L’11% delle infezioni avviene nella fascia tra i 15 e i 24 anni e il tasso tra gli uomini è 3,3 volte quello tra le donne. L’Italia non fa eccezione, come segnalano sia i dati dell’Istituto Superiore di Sanità’ che quelli dell’associazione dei microbiologi italiani (Amcli). Sono soprattutto i giovani tra i 25 e i 29 anni i bersagli preferiti dal virus dell’Hiv nel nostro paese, afferma il Centro Operativo Aids dell’Iss, e, nonostante anni di campagne informative, si contagiano nell’84% dei casi attraverso rapporti sessuali senza preservativo, che avvengono nel 40% casi dei tra omosessuali maschi. Il mancato calo delle nuove diagnosi, unito comunque alla bontà delle cure per chi scopre di avere un’infezione, fa sì che nel nostro Paese ci siano 140mila sieropositivi, il numero più alto d’Europa. La profilassi pre-esposizione, l’assunzione cioè dei farmaci prima di contrarre l’infezione, ridurrebbe i contagi del 90%, ricorda uno studio del Cdc di Atlanta, ma non è molto conosciuta neppure dai medici oltreoceano, tanto che oltre un terzo non ne ha mai sentito parlare. (ANSA)