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Giornate tranquille di Lizzie Doron

Creato il 01 agosto 2010 da Leragazze

Giornate tranquille di Lizzie DoronLei, l’Autrice l’abbiamo già intervistata perché i primi due libri pubblicati in Italia da Giuntina ci sono piaciuti molto (C’era una volta una famiglia e Perché non sei venuta prima della guerra).

Anche in questo terzo romanzo l’ambientazione è il mondo di qua (Tel Aviv) dove, il salone del parrucchiere Zaitshik, uomo giusto, benvoluto da tutti, diventa il punto di ritrovo di uomini e donne del quartiere, quasi tutti sopravvissuti alla shoà, e lì si dipanano i terribili racconti degli avvenimenti capitati loro nel mondo di là: fardelli pesantissimi da portare, difficili da raccontare, gelosamente custoditi nei loro cuori perché il solo parlarne fa risvegliare il terrore.

La protagonista è Lea, una sopravvissuta, orfana di entrambi i genitori, cresciuta dopo la guerra in un orfanotrofio in Polonia e successivamente portata a vivere in Israele, in un kibbutz. Nel mondo di qua, si sposa, ha un figlio ma dopo poco rimane vedova. Viene assunta da Zaitshik caro amico del marito, come manicure nel suo negozio di parrucchiere, e vi lavorerà per molti anni, segretamente innamorata di lui e sentendosi quasi la sua “casta” compagna di vita.

Con queste poche righe non ho anticipato nulla del libro: tutto ciò che accade viene raccontato nelle primissime pagine. Interessanti sono le storie di shoà che si intrecciano: storie narrate non dai diretti interessati (sarebbe troppo dura!) ma sempre da qualcun altro. Ancora una volta la Doron ci fa capire come gli orrori nazisti non abbiano solo portato all’uccisione di 6 milioni di ebrei, ma abbiano anche condizionato le generazioni successive, cresciute dolorosamente osservando impotenti la follia dei genitori scampati.

Avevo ricevuto opinioni diverse su questa lettura: chi l’aveva trovata bella, chi eccessivamente triste. Sono vere entrambe le cose. Certamente un libro non facile, seppure scorrevole; difficile rendersi conto della pesantezza, della cupezza che attanaglia il cuore di chi ha la colpa di essersi salvato, e non credo che avrebbe potuto essere “alleggerito” senza fargli perdere la sua essenza. Tra la letteratura della shoà mi sembra che i libri della Doron abbiano il pregio di raccontare le storie da un’altra angolazione, da un altro tempo.



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