Il 27 gennaio di ogni anno ci troviamo a commemorare “Il giorno della memoria” per non dimenticare, per ricordare “ciò che è stato”; ma ogni anno che passa i testimoni in grado di parlare diventano sempre più rari. E allora tocca alle arti: alla letteratura, al cinema, alla musica, al teatro affidare il ricordo dell’immane tragedia che ha coinvolto l’Europa intera. Il ricordo però non basta, come diceva Primo Levi la memoria da sola non basta dal momento che da sola la memoria è una ri-scrittura che si allontana ogni volta dal ricordo originale. La memoria va coltivata ogni giorno facendone oggetto di una attività rigorosa e continua per comprendere la banalità del male a cominciare proprio dalle testimonianze di chi ha vissuto l’esperienza del lager: “Volevamo sopravvivere anche e soprattutto per raccontare ciò che avevamo visto: questo era un discorso comune, nei pochi momenti di tregua che ci erano concessi” è un passaggio importante e fondamentale della testimonianza di Levi indignato sì della realtà dei lager ma anche e soprattutto di certe storture della civiltà. Come quelle interpretazioni che oggi propongono una rivisitazione del dramma della shoah a cui noi istupiditi come siamo dalle frottole televisive crediamo ciecamente indicando il “nemico” solo lì in quella generazione nazista e non nella nostra condizione razziale che ci pervade giornalmente.
Non siamo oggi all’epoca dei lager e quindi bisogna andare a fondo nella ricerca storica e non fermarsi alla superficie, a quel revisionismo di moda. “Ci si incontrava, al mattino, all’appello e quando ne mancava uno, era considerato di cattivo gusto andare a fondo” questo per i deportati, ma noi che viviamo nel mondo cosiddetto libero oltre che recuperare queste memorie bisogna anche capirle, capire i motivi per cui si è arrivati a quel punto e non commettere sempre gli stessi errori. “La differenza fondamentale tra la nostra giovinezza e la giovinezza attuale è la speranza di un futuro migliore, che noi avevamo in modo clamoroso e che ci sosteneva anche negli anni peggiori, anche nel lager: la meta c’era e era costruire un mondo nuovo di uguali diritti, dove la violenza era abolita o relegata in un angolo, costruire il Paese per riportarlo a livello europeo. Invece, i giovani di oggi, mi pare abbiano molte meno speranze. In generale vedo che tendono a scopi immediati, e questo forse è anche abbastanza giusto, in quanto non distinguono un altro futuro. Mi pare, paradossalmente, che sia stato più facile la nostra giovinezza, perché oggi sono troppi i mostri all’orizzonte. Trovo che sono pochi i giovani che pensano di fare o studiare in qualche modo per un loro preciso futuro. E’ il senso del tramonto dei valori, per cui bisogna godere e bruciare tutto subito”. Come suonano attuali queste parole di Primo Levi e come è impressionante leggere di una meglio gioventù (società) di un tempo rispetto alla nostra, quella del benessere. Per tutto questo bisogna continuare a ricordare e a riprendere certi valori, per non scadere nell’abiezione che oggi ci circonda.
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