Nel senso di domenica, certo (ché – oh, Italia mia cripto-cattolica! – in questo giorno, sul lavoro, non c’è neppure un mangiapreti, che osi importunarla). Ma soprattutto di mercoledì scorso, quando la ‘povna (contrariamente a quanto le capita spesso – secondo una modalità che non solo lei, ma il Contratto Collettivo Nazionale ritiene, sia chiaro, non diritto, ma prassi), contro ogni previsione, pur non avendo lezione, è stata a casa.
Per il grande evento, si era organizzata in spolvero. Il menu della giornata prevedeva, nell’ordine: visione di una casa, in vista della conclusione (?) della vertenza edilizia; fare la massaia disperata, a vario titolo (lavatrici e cucina, soprattutto); correggere i compiti dei Merry Men almeno in parte; andare al cinema; portarsi avanti nel preparare le lezioni.
Alle 9.30, sotto una pioggia torrenziale, la ‘povna corre alla fermata dell’autobus (l’appuntamento per la casa è dall’altro capo della città, ovviamente). Bus in arrivo, si appresta a chiudere l’ombrello, il telefono squilla per la prima volta.
“‘povna, sono Mickey Mouse, scusa se ti chiamo in giorno libero…”.
“Dimmi pure, figurati” – (nel frattempo riesce a chiudere l’ombrello, che si era incastrato mentre saliva a bordo, e a guadagnare il suo posto in vettura).
“Avevo bisogno di sapere la differenza tra immigrati di prima e di seconda generazione, per un bando”.
La ‘povna esegue il suo numero da Enciclopedia Treccani di pronto soccorso, si astiene dal commentare, saluta e attacca. (Nel tempo di andare e tornare dall’immobiliare appuntamento, Mickey si farà vivo con altri tre sms, aggiornandola in tempo reale su tutta la vicenda).
Intanto è scesa, e si dirige in via Larga a grandi passi. La pioggia batte, e il cellulare ri-squilla.
“Pronto ‘povna, lo so che per una volta ti stai godendo il giorno libero, sono l’Ingegnera Tosta. La Pesciolina avrebbe bisogno delle norme per l’esonero tasse, che scade domani, con urgenza. La DSGA dice che è nel verbale dell’ultimo consiglio di Istituto, ma non ho trovato niente. Mi sono detta che magari è stato detto a voce, e si è dimenticata di scriverlo. Tu che c’eri, ne sai qualcosa?”
(Per lo meno, questa, è una richiesta ragionevole, che giustifica davvero il suo intervento), però:
“Mi dispiace, Ingegnera Tosta, ma mi sa che la DSGA (come al solito) si sbaglia: non ne abbiamo parlato nemmeno di striscio, ci siamo limitati ad approvare le esenzioni per merito dell’anno passato”.
“Mannaggia, e ora come facciamo? Nell’altra segreteria nessuno mi risponde…”.
La ‘povna dà un paio di consigli e poi saluta, ché intanto è già arrivata.
La casa è brutta, non se ne fa di nulla. Il resto della mattinata va a colloquio con l’avvocato ChiParla, e poi di nuovo al telefono con l’Ingegnera Tosta:
“Mi dai il numero della Pesciolina”.
“Purtroppo non l’ho più, me lo hanno rubato insieme al resto. Ora le scrivo sul canale telematico”.
Apre il computer, digita, aspetta la risposta, e manda, veloce, sms:
“Cara Ingegnera Tosta, eccomi, questo è il numero della Pesciolina”.
La giornata diventa sua per qualche ora, incredibilmente. La ‘povna corregge temi e poi va al cinema (che questo film non se lo vuole perdere). Esce, e non fa in tempo a riaccendere il telefono: questa volta è in bici (e sempre sotto la pioggia).
“Pronto…”.
“Pronto ‘povna, sono Pluto, son qui in montagna con le Giovani Marmotte…”.
Seguono diversi minuti nei quali lui illustra alcuni avvenimenti (niente di grave, per fortuna) e le strategie educative che lui ha scelto per gestirli. Pluto è intelligente, portato e molto giovane. La sua non è una richiesta di aiuto, ma di conferma. La ‘povna lo intrattiene, si fa spiegare, argomenta. E rimanda un rassicurato Pluto al suo dovere.
Mentre il buio sta calando sulla piccola città, la ‘povna ritorna alle sudate carte. Le sembra che, tutto sommato, il giorno libero possa dirsi concluso, almeno per quanto riguarda l’interattivià scolastica. Si era scordata, invece, sciocca, la quotidiana tassa:
“‘pov, volevo dirti, per il registro elettronico” – e giù doppio scambio con Hal9000.
Sulla soglia della cena, arriva infine la radio-giornalista:
“Ciao ‘povna, avevamo fissato per questa sera il tuo intervento in diretta per parlare dei vostri scolastici progetti…”.
“Certo, come dimenticarlo, dimmi tu l’ora, sono pronta”.
“Facciamo le 21.30?”.
“Benissimo”.
All’alba delle dieci passate, al telefono con la Testarda (“Prof., l’ho sentita alla Radio, ma era proprio lei, che bello!”) la ‘povna può consumare la sua cena, finalmente. La sveglia (già preparata come i vestiti, in bell’ordine) segna, per il giorno successivo, le sei e un quarto del mattino.
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