Giotto e l'Italia, la sua Italia: quella unita nella pienezza di consensi attribuiti alla sua pittura. Come ultimo appuntamento del programma ideato da Palazzo Reale a Milano in occasione dell'Expo, ecco il racconto di un uomo e della sua vita fatta di continui spostamenti in lungo e in largo per il nostro bel paese. Questa l'idea che accompagna la realizzazione di una mostra che vuole essere un doppio omaggio: al sommo artefice di una forma pittorica proiettata verso la modernità, e alle città italiane che anno dopo anno hanno riconosciuto e onorato un talento collocatosi costantemente al di sopra delle divisioni territoriali, in nome di un'arte che mirasse davvero alla qualifica di "nazionale".
Giotto artista rivoluzionario: perché si è spostato di terra in terra, mescolandosi a uomini potentissimi - signori, cardinali, banchieri - e riuscendo a far convergere le attenzioni delle scuole e degli artisti locali verso il fulcro del suo stile innovatore, rivelatosi poi decisivo per dettare le regole del linguaggio figurativo moderno. Ha detto bene il ministro Franceschini: "A cavallo tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento a Firenze Giotto e Dante definiscono i canoni della letteratura e dell'arte italiana. Un'epoca straordinaria e cruciale per la storia della civiltà europea si dipana nel torno di due generazioni dando vita alla matrice originaria della nostra identità".
Come Dante glorificava ad aeternum la perfezione della lingua italiana, dipingendo con essa magistralmente le più crude voragini infernali e le più eteree volte celesti, così Giotto spostava da una troppo cristallizzata ieraticità i volti sacri per ricollocarli nel mondo terreno, rendendoli così più simili agli uomini.
Quattordici capolavori mai esposti a Milano prima d'ora, presentati per nuclei territoriali e cronologici, a testimoniare l'italianità di un artista che ha viaggiato dal nord al sud del nostro Paese, lasciando in ogni città preziosissime tracce del suo passaggio. Il primo gruppo racchiude la Madonna di Borgo San Lorenzo, quella di San Giorgio alla Costa, gli affreschi della Badia con il loro polittico e il Dio Padre della Cappella degli Scrovegni, a Padova: grandi testimonianze del percorso compiuto dall'artista in gioventù, a partire dalla formazione influenzata da Cimabue e dall'arte romana e medievale, in un periodo che va circa dal 1285 al 1305. Oltre quindici anni di costante crescita, siglati dalla capacità di impadronirsi dei bacini di committenza più dinamici ed elitari dell'epoca.
Segue il secondo gruppo, che comprende opere realizzate nel corso del secondo decennio del Trecento: dal polittico fiorentino di Santa Reparata al polittico vaticano Stefaneschi, fino a un frammento di collezione privata, proveniente da San Pietro, raffigurante due teste di santi e apostoli. Di notevole impatto visivo l'esposizione dei due polittici che, nella stessa stanza, "si guardano": quello di Santa Reparata vede protagonista delle raffigurazioni la Madonna, sul recto con il bambino in braccio, che affettuosamente le accarezza il mento con la mano, e sul verso nella scena dell'Annunciazione; il polittico Stefaneschi, invece, vede nel recto San Pietro in trono, mentre nel verso è Cristo a troneggiare nello scomparto centrale, mentre i pannelli laterali rappresentano la crocifissione di San Pietro e la decapitazione di San Paolo, momenti di straordinario impatto emotivo.
Infine, il nucleo delle opere tarde, nel momento in cui Giotto, al termine della sua vita, ha raggiunto la notorietà più alta che un artista potesse desiderare a quell'epoca, conquistando addirittura il re di Napoli. Il polittico Baroncelli (del 1330 ca.) e quello di Bologna (1332-1334 ca.) offrono infatti un'importantissima occasione di confronto sulla produzione del Giotto tardo. Di estremo fascino il Baroncelli: l'incoronazione della Vergine, al centro, è incorniciata, lateralmente, da un gruppo compatto di santi e angeli musicanti, in un tutto armonico e di delicatissima raffinatezza.
Un'esposizione che deve la sua carica suggestiva anche all'estro dell'architetto e designer milanese Mario Bellini: "Ho pensato a una materia, il ferro, e a un colore, il grigio penombra, caratteristico delle lastre di ferro nero così come escono dai laminatoi": il risultato è stata una sequenza di altari profani su cui spiccano le opere sacre del grande artista, ammirabili attraverso un percorso in cui il gioco di luci e ombra regna sovrano, facendo totalmente immergere il visitatore in un'atmosfera sospesa tra la dimensione terrena e quella superiore, con un occhio sempre rivolto a quell' humus originario che sono la radici di Giotto: "Giotto è nato povero e il suo talento lo ha sopraffatto quando aveva tredici anni. Questa mostra è "povera" e aspira a essere nobile come la sua arte". La luce accende così solo le tavole policrome di Giotto, a illuminare un artista che Serena Romano, curatrice di Giotto, l'Italia insieme a Pietro Petraroia, ha inserito nel gruppo di coloro che "bucano le cortine della distanza, del non specialismo e della non informazione, e sono suggestivi a partire dallo stesso semplice nome". Una mostra che celebra la nostra Italia unita da un artista errabondo, finalmente riscoperto come elemento portante della nostra storia culturale.
Giotto, l'ItaliaPalazzo Reale, Milano - Piazza Duomo, 12
dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016
Orarilunedì 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30
giovedì e sabato 9.30-22.30
il servizio di biglietteria resta aperto fino ad un'ora prima della chiusura
Curatori Serena Romano e Pietro Petraroia
Patronato Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana
Giotto, l'Italia è promossa da MIBACT Comune di Milano-Cultura ed è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Electa con il patrocinio della Regione Lombardia nell'ambito di ExpoinCittà
Progetto espositivo Mario Bellini
www.mostragiottoitalia.it www.palazzorealemilano.it