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Ci sono cascato. Mi ero ripromesso che mai e poi mai sarei caduto nel tranello. E invece eccomi qua a combattere una lite di media intensità con mio figlio Matteo, di anni 20. Egli ha una discreta passione per la musica e una buona predisposizione alla manipolazione di una chitarra elettrica. Così dicasi per i suoi amici e i loro rispettivi strumenti musicali. A me piace la musica; si può quindi tranquillamente affermare che questa cosa ci accomuna. Il muro – solido, impenetrabile e inamovibile – si alza quando si discorre sui brani da interpretare (loro fanno prevalentemente cover). Chiedendogli distrattamente quali fossero le loro band di riferimento, mi ha snocciolato nomi incomprensibili e mai uditi dalle mie orecchie scarsamente – e colpevolmente – poco informate suoi nuovi “talenti” in campo musicale. Testardo, ho cercato un punto d’incontro. Una boa a cui aggrapparmi. E pensavo di averla trovata; “Ti dice nulla Starway to heaven?”. Risposta: “Così, su due piedi, no. Dovrei pensarci un attimo...”. L’ultima, definitiva cazzuolata di malta sul muro che ci divide, è stata gettata.
È vero. Niente è più trito e fastidioso dei rimbrotti ai giovani di oggi fatti dai giovani di ieri. Quindi, è da considerarsi un errore pacchiano contrapporre il culto dei Tokio Hotel a quello dei Led Zeppelin: ci si limiterebbe a constatare che ogni adolescenza ha i suoi sogni. E che tutti i sogni vanno rispettati. Sono d’accordo. Ma sento che qualche cosa non quadra.
Per quanto io cerchi di relativizzare le mie esperienze giovanili rispetto a quelle odierne (e cercando di non ricalcare le pedanterie che ho dovuto subire in passato), io so, fortissimamente so, che i Tokio Hotel e i Led Zeppelin non sono la stessa cosa. E la so non in quanto giovane di ieri, ma in quanto persona che avverte la siderale differenza di qualità e di valore che passa tra i geni del Novecento (Beatles, ma anche Picasso e Mastroianni) e gradevoli mestieranti.
Questo vi piaccia o no, fa una differenza. Anzi, fa la differenza. Parlare di questa differenza è difficile: si ricade nello stereotipo dell’adulto saccente. Non parlarne, fa anche peggio.
Si ricade nella decrepita categoria dell’adulto ipocrita...
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