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Giovani Prospettive. Omaggio di parole a Natalia Drepina

Creato il 15 febbraio 2016 da Wsf

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Natalia Drepina è nata nel novembre 1989 a Lipetsk, in Russia. Impegnata nella fotografia dal 2009. Specializzata nell’arti oscura, ritratti emotivi e nudo femminile. La sua fotografia è psicologicamente profonda e riflettono l’ anima dei personaggi ritratti nei suoi scatti.

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Immagine

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Tè col miele di Alba Gnazi

Giunge il tempo di
tornare a casa, di nascondersi
tra le strade, fidando appena
in un qui e ora
cui non servano
salvezze o tributi.

La mia grammaticale afasia
spesso converge con una destinazione
rotta specchio,
e chissà cosa presumo di
leggere dietro le parole, dietro le pupille
nell’offuscamento di un risveglio
in cui mi percepisco dirottata.

Ho conservato la tua coperta nell’armadio, forse
a qualcuno servirà, a qualcuno
importerà la cura
con cui l’ho riposta, importerà che ancora
il tuo odore lì sopra
ti porti viva – e lì dentro
ogni mia infanzia.

(Il tè col miele
come negli anni ottanta e tu
di spalle davanti al televisore, sempre
al mattino presto, con uno scialle e
di schiena in quel silenzio:
quando ti voltavi
mi trovavi sveglia.)

Anch’io per qualcuno sono una città – altrove
l’ho scritto.
Per altri
una nemesi di polvere e sorrisi.

Tempo di tornare a casa, e chissà
come e quanto e
ancora
lo scriverò.

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Se non fossi stata morta
e non fossi sepolta da uno sciame di api
dentro il corpo
se non portassi il raschietto per scrostare
infiltrazioni d’acqua
che colpiscono l’albero dentro la fiaba
incavo di vento nell’incanalatura
e non portassi ad ogni centimetro un chiodo
sul luogo dove oscilla la grata
non ti avessi smarrita per scelta fuori dal ventre figlia
sapresti che faccio a pezzi la luce
la geometrie delle strade
non le attraverso le intarsio
inciampo sui tuoi occhi piccole api
sui tacchi a dirupo, sulla porta d’ingresso
ho perso il principio degli alberi
che farne del paradiso
del sudario dell’ala che raggiunge l’eterno
mi farò bersaglio su rima
al riparo degli alveari
anche i fiumi hanno un gesto
quando ti attraversano!

Di Anila Hanxhari

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Natalia Drepina

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il cane cambiò voce
– è un uomo ormai
dicemmo sorridendo
riconosce il territorio

come le nostre mani
nel tremore di averci

è un girone il tuo corpo
un inferno d’amore

di Carmen Morisi

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Abbiamo tutti un semecattivo
fa germi e poi non germoglia.
Finge il fiore, erba astuta
nella ferita, filtra sotto la cute
di vene radici invadenti
del corpo una casa di spettri.
Il tetto non basta a tenere la linfa
in tepore, ma espande e contrae
Con rabbia il suo mantice
vigliacco il camino, nullo il recinto.
Ché tutto è una scorza secca di legno
e la morte non è più livella, ma pialla.

(Solo a interrarlo il semecattivo
forse è poca speranza.
Che sia pace tacerlo nel fango).

Di Chiara Baldini

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-attraverso- di Francesca Dono

attraverso un cappio
fragili parole
alle finte mascelle.
Tu cos’eri?
Una tuta di tulle
incipriata per la fame della gente.
La morte non sceglie
divora.

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Da lei
caccio la bella vita
tra ragni di.versi
che additano solo alle farfalle.
Mandate un telegramma
su questa città-colon
o dati detti e fatti
per cose vere.
Monosillabi
per colmare l’assenza
o l’uomo.

***

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PUTTANA di Izabella Teresa Kostka

Mi chiamate puttana,
eppur varcate ogni confine
dei sensi di colpa
per palparmi la carne
e le calde membra.

Quanto arde in voi
il bramoso desio,
divora la ragione
e fa negare il Dio.

Vi plasmo,

godendo del mio potere,
spingo le menti nella lussuria,
impossessati dal sesso,
privati d’orgoglio,
pagate per i gemiti
coi lingotti d’oro.

Ora
mi date della puttana?

Eppur sono Io la vostra Padrona!

***

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Farewell letter di Luca Gamberini

Non sono bravo in materia di commemorazione, ricordarti per come eri mi è impossibile, poiché non ho mai saputo chi fossi veramente fino a quando non ti sei estinta. Non ricordo la data, ti sei spenta lentamente come si spegne una malattia, tra ritratti d’istanti non necessariamente dislocati in ordine cronologico, immagini di un repertorio che sapevi recitare alla perfezione, donare oro in cambio di sangue è tutto ciò che ti distingue, dal prossimo tuo come te stessa, recidività indefessa, spargere dolore attraverso la menzogna facendo assumere alla parola amore i crismi di una gogna. Anche tutto quel tempo trascorso ora giace, racchiuso in un archivio di un paio d’ore, senza odore, catalessi del non scrissi per non ferire, tanto l’unica certezza che ci lega è il dovere, prima o poi, morire.

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ESTEMPORANEA di Izabella Teresa Kostka

Planano i pensieri
nello spazio del non ritorno,
ingenui sposi
della luna degli alberi che germogliano,
ancorati tra rimembranze
e rubati sospiri di ieri,
espulsi dalle lande
del mio domani.

Svolazzano vaganti,
discepoli muti dell’appassire.

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La parabola si compie nei risvegli di Maria Allo

Cerchi di limbi assorbono ragioni
ogni cosa in questi cieli sfioriti
è devastazione.
Si snervano innesti di stagione
su passi come chiodi.
Dietro ai rintocchi non vi è luce
nel deserto ostinato che ci coglie
e non si ha più voce
anche se l’etna si arrovella nel fragore
a immaginarci ancora vivi.
Siamo fessure nel deserto memorie sommerse
in bilico a una rivelazione
dentro solo cocci i nessi
da consegnare ai giorni dissidenti.
In sogno il vento ha grandi occhi di brina
si agita e come polvere imprime alle carni
il disordine del giorno.
Dalla gola in ogni fibra una voce straripa
l’aria invade annebbiando
il corpo immenso del perdono.
Qui resiste nel suo calore un grande cuore
ci detiene e tutti ci contiene.
Attendo parole antiche.
In questo luogo non c’è
altro luogo in cui vorrei essere.
Ecco come la notte prende il sopravvento
su tante solitudini straniere .
Forse un destino c’è per questo cielo ?
Vaga già nel buio tra gli ulivi
sui volti disperati
ma davanti alla violenza non si cede.
Fuori piove .
Un dolore ci sgretola la luce
ovunque sulla terra.
ll vento infuria e turbina di notte
labbra rapprese che dissipa al risveglio
ancora prima dell’alba.
Foglie riversenel mulinare s’infrangono
contro il cielo si stagliasu assi curve il Tempo.
Un dolore ci sgretola la luce
ovunque sulla terra…
Mi lascerò cadere
come scivolando su un libro chiuso .
Tu associa i miei scritti
alla tua pace.

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Abbandonami qui
alla deriva dei sensi,
lasciami piangere come Ofelia
che accarezzò l’anima nera del mondo
sciogliendosi nei suoi timidi brividi
mentre il sole le scivolava
tra i capelli umidi.
Concedimi di dimenticare
la tua dolce voce,
eco subacqueo,
onda lenta che sovrasta la mia sete di te
un liquido veleno
che le vene lentamente mi ghiaccia.

Di Maria Francesca Ferraina

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COME SEI LONTANO DA ME di Marino Santalucia

Dopo ogni ritorno
mi perquisisci per ricordare
il passato in ordine cronologico
felicità, litigi, offese.
Come sei lontano da me
anche ora, e dire
che bastava così poco
per essere noi stesse.
Una giuntura, un nodo per poi deviare
dalle nostre vite
oblique come scale,
ci attardiamo sul pianerottolo
l’una di fronte l’altra
osservandoci come inquiline sconosciute
tu scendi ed io salgo
sulla mia vita.

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ESSE

ESSE di Roberto Marzano

Splendenti
sinuose stelle
soavemente stese
su soffici sofà soffusi
soffiano sospiri
sibilando…

Sensuali
saffiche sirene
sussurrano suadenti
supplicanti
spargendo spasmi-sogni
si spalmano
struggendosi sublimi…

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Immagine

Ossesso di Romeo Raja

Nemmeno il giallo
rubato al sole
ad un pistillo
nemmeno fra i capelli
il giallo
ha distratto dal mio corpo
un solo sguardo.

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NataliaDrepina

con la morte negli occhi Rosaria Iuliucci

mi traduco a malapena in questo labirinto di parole , in questo scontro silenzioso di pelle e ossa .
mi sento disgregante di poesia , una morsa di memorie strette al collo dove si frammentano le paure e le forme dei demoni più alteri .
ciondolo contro l’esistenza con tremore continuo , con un’essenza sterile che mi percorre la gola come fosse un sentiero libero , un altrove senza tempo , misterioso e meno buio del mio cuore .

[sono più crudele del gelo d’inverno]

non ho più nessuna chiesa dove andare ad imprecare i miei deliri , dove andare a dissolvere l’anima come fossi una candela di cera eterna che scherza con la fiammella dell’aureola in dissolvenza .
chissà perchè peso più del mio desiderio , chissà perchè ho una temperatura più alta del fuoco stesso , chissà perchè questa vita non mi lascia in pace di ingiurare contro il discontinuo destino .

[sono più contundente di un vetro limato a sale]

più di una volta mi sono tagliata in due , più di una verità ha infettato la mia lingua , più di un nero a lutto ho vestito le mie membra .
ho stecche di amianto ai bordi dei fianchi per tenermi ferma e chiodi battenti ai lati della memoria .
non avrei saputo dire il mio nome se non fossi andata contro la morte , ancora una volta , precisa e tagliente .

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Immagine

Io rovo Io abbandono Io polso Io terra Io sguardo Io albero ramo fiore.

Io nel bosco e dopo io nella fanghiglia, io imperfetta, io anche stanca, io persino in sogno.

Io ti cerco, frugo tra foglie, io ti carezzo, vivo tra frasi, io ti osservo, tengo parole.

Io e le mani nere, e questo carbone che serve alla fiamma, io gioco col cuore in alto, mi volto e trovo foreste.

Io voglio io lascio io canto io cammino io freddo io incanto.

Io inspiro io rendo grazia io mangio patate io soffio calore.

Io ti stringo io ti attendo io ti porto io ti domando.

Io penso io piango io urlo io rimango.

E questa volta ho scostato le foglie, ho guardato oltre il biancospino, e la mia mente sorride, e forse.

Ora io vedo.

Di Rosario Campanile

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