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Mi ha molto colpito leggere un recente rapporto realizzato dall’Istituto per la Competitività, realizzato per l’associazione “La Scossa”. Uno studio che ha messo nero su bianco quanto costa all’Italia -in termini di Pil- l’annichilimento dei propri giovani in patria. E, soprattutto, qual è il conto della loro fuga dal Paese. I dati sono realmente impressionanti:
-L’Icom è partito da alcune statistiche -purtroppo ben note: un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 28%, una quota di Neet (giovani che non studiano né lavorano) al 23,4% (+8,3% rispetto alla media europea), last but not least un saldo emigrati-immigrati tra i giovani laureati negativo (-0,1%).
-Sulla base di questi dati, l’Icom ha calcolato come la mancata occupazione del 27% dei giovani italiani comporti una perdita di otto miliardi di euro di Pil all’anno, con un mancato reddito netto potenziale pari a cinque miliardi. In termini di mancate entrate per lo Stato, parliamo invece di 3,5 miliardi. Se vogliamo essere realisti, abbassando quantomeno il livello di disoccupazione ai livelli europei, il Pil ne beneficerebbe per 678 milioni di euro. Puntando agli standard tedeschi (9,9% di disoccupazione giovanile), il guadagno per il nostro Pil salirebbe a 1,5 miliardi.
-Quanto ci costano i troppi Neet? L’iperbolica cifra di 36 miliardi di euro in termini di impatto sul Pil, secondo l’Icom. Anche qui, se ci allineassimo alla media europea (15% di Neet), il nostro prodotto interno lordo potrebbe beneficiarne per 9 miliardi di euro in più, se riuscissimo invece ad allinearci alle performance della Germania (10,6%), per ben 17 miliardi.
-Veniamo così al costo della fuga dei talenti, in termini di saldo netto tra emigrati italiani qualificati ed immigrati altrettanto qualificati. Lo studio si concentra sulla fascia d’età 20-34 anni. In questo caso, il saldo negativo comporta una perdita netta di 1,2 miliardi di euro l’anno in termini di Pil, di 760 milioni di euro in termini di reddito annuale, e un minor gettito fiscale pari a 524 milioni di euro. Ancora più interessante è se l’Italia riuscisse a invertire la tendenza, passando a un saldo positivo. Lo studio prende ancora una volta in considerazione l’esempio della Germania (saldo immigrati-emigrati qualificati pari a +1,3%): l’impatto positivo sul Pil sarebbe pari a 20 miliardi di euro, con entrate fiscali aggiuntive per 9 miliardi.
In conclusione, lo studio stima che, se l’Italia avesse presentato valori percentuali simili alla Germania, in termini di disoccupazione giovanile, Neet e saldo emigrati/immigrati qualificati, l’impatto positivo sul Pil sarebbe equivalso a 40 miliardi di euro, con maggiori entrate fiscali per 17 miliardi. Niente male, no? Soprattutto per un Paese che boccheggia. E’ la dimostrazione che il solo inserimento di energie nuove e fresche nella nostra economia potrebbe costituire la prima mossa per rivoluzionare il Paese. Cosa aspettiamo? Muoviamoci!
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