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Giovani talenti crescono. Intervista ad Alessio Lauria, alla sua prima esperienza nel lungometraggio con "Monitor"
Creato il 27 novembre 2015 da Luca Ottocento
Prodotto da Rai
Cinema e Tea Time Film con un budget di 200.000 euro, Monitor è un’opera
affascinante e con tante idee che segna l’esordio nel lungometraggio di Alessio
Lauria. Dal 19 ottobre è visibile gratuitamente online sul sito di Rai Cinema Channel.
Il suo divertentissimo corto Sotto casa, che raccontava la storia di un uomo in estasi per aver trovato parcheggio davanti al portone del proprio palazzo, nel 2011 era divenuto un piccolo cult sul web. A quattro anni di distanza Alessio Lauria ha girato Monitor, una atipica love story ambientata in un mondo distopico, solo apparentemente perfetto, in cui i dipendenti di una multinazionale sfogano ansie e frustrazioni a dei monitor, persone che li ascoltano da dietro un muro senza conoscerne l’identità e hanno il compito di stilare relazioni per l’azienda. Il risultato è un’opera prima per molti versi coraggiosa, inventiva e ottimamente realizzata.
Una delle cose migliori di Monitor sono le interpretazioni di tutti gli attori principali, in primis dei protagonisti Michele Alhaique e Valeria Bilello. Qual è stata la tua esperienza con loro?
Michele è stato fin dall’inizio la prima scelta mia e di Manuela Pinetti, tanto che abbiamo scritto la sceneggiatura pensando al suo volto. Nonostante avesse un range abbastanza ristretto di emozioni entro cui poter spaziare, è riuscito a rendere con efficacia l’evoluzione di un personaggio che pur cambiando non si snatura mai. Con lui, che aveva da poco girato come regista il film Senza nessuna pietà, ho anche discusso di diverse scelte registiche. Valeria Bilello invece mi era piaciuta molto in Happy Family di Salvatores e fin da subito si è dimostrata una persona estremamente intelligente e ricettiva. C’è stata un’affinità immediata tra noi e anche lei, come Michele, è stata bravissima nel non andare mai sopra le righe, giocando con microespressioni e microtoni. Oltre a loro due tutti gli interpreti, sotto pressione a causa del poco tempo a disposizione per le riprese, hanno fatto un ottimo lavoro.
Così come le interpretazioni e la sceneggiatura, composta da dialoghi asciutti e ben scritti capaci di descrivere in profondità la psicologia dei vari personaggi, anche la regia si caratterizza per un’essenzialità priva di virtuosismi fini a se stessi.
Il mio gusto personale è legato all’essenzialità e alla sobrietà. Sono convinto che se non si abusa dei movimenti di macchina e li si usa solo quando funzionali a un particolare momento del racconto, allora acquistano un valore aggiunto e si possono apprezzare di più. Nel contesto di un film low budget come il nostro non ci sarebbe comunque stato modo di dedicarsi a elaborati movimenti di macchina, che avrebbero richiesto molto tempo e una grossa organizzazione. In questo caso, quindi, la scelta di una regia essenziale si è dimostrata a tutti gli effetti la più adeguata.
Non capita spesso di riuscire a girare un lungometraggio avendo alle spalle un solo corto. Come ci sei riuscito?
Entrambi i miei lavori sono stati realizzati grazie al Premio Solinas. Sotto casa è nato nel contesto del concorso “Talenti in Corto” ed ha avuto molta fortuna. Nello stesso anno, il 2011, ho vinto anche il concorso “Solinas Experimenta” e così poco dopo ho avuto l’opportunità di iniziare a lavorare a Monitor. Per tutto il processo di scrittura e di realizzazione del film il Solinas mi ha messo a disposizione tutor molto preparati e da loro ho imparato tanto. Per me si è trattata di un’esperienza formativa alla quale mi sono approcciato come fosse una vera e propria scuola. Tornassi indietro nel tempo lo rifarei mille volte e sono sicuro che, se come spero dovessi girare a breve un altro film, mi porterò dietro questo bagaglio e partirò molto avvantaggiato. Articolo pubblicato nel numero 11 di Fabrique du Cinéma (Autunno 2015)
Il suo divertentissimo corto Sotto casa, che raccontava la storia di un uomo in estasi per aver trovato parcheggio davanti al portone del proprio palazzo, nel 2011 era divenuto un piccolo cult sul web. A quattro anni di distanza Alessio Lauria ha girato Monitor, una atipica love story ambientata in un mondo distopico, solo apparentemente perfetto, in cui i dipendenti di una multinazionale sfogano ansie e frustrazioni a dei monitor, persone che li ascoltano da dietro un muro senza conoscerne l’identità e hanno il compito di stilare relazioni per l’azienda. Il risultato è un’opera prima per molti versi coraggiosa, inventiva e ottimamente realizzata.
Una delle cose migliori di Monitor sono le interpretazioni di tutti gli attori principali, in primis dei protagonisti Michele Alhaique e Valeria Bilello. Qual è stata la tua esperienza con loro?
Michele è stato fin dall’inizio la prima scelta mia e di Manuela Pinetti, tanto che abbiamo scritto la sceneggiatura pensando al suo volto. Nonostante avesse un range abbastanza ristretto di emozioni entro cui poter spaziare, è riuscito a rendere con efficacia l’evoluzione di un personaggio che pur cambiando non si snatura mai. Con lui, che aveva da poco girato come regista il film Senza nessuna pietà, ho anche discusso di diverse scelte registiche. Valeria Bilello invece mi era piaciuta molto in Happy Family di Salvatores e fin da subito si è dimostrata una persona estremamente intelligente e ricettiva. C’è stata un’affinità immediata tra noi e anche lei, come Michele, è stata bravissima nel non andare mai sopra le righe, giocando con microespressioni e microtoni. Oltre a loro due tutti gli interpreti, sotto pressione a causa del poco tempo a disposizione per le riprese, hanno fatto un ottimo lavoro.
Così come le interpretazioni e la sceneggiatura, composta da dialoghi asciutti e ben scritti capaci di descrivere in profondità la psicologia dei vari personaggi, anche la regia si caratterizza per un’essenzialità priva di virtuosismi fini a se stessi.
Il mio gusto personale è legato all’essenzialità e alla sobrietà. Sono convinto che se non si abusa dei movimenti di macchina e li si usa solo quando funzionali a un particolare momento del racconto, allora acquistano un valore aggiunto e si possono apprezzare di più. Nel contesto di un film low budget come il nostro non ci sarebbe comunque stato modo di dedicarsi a elaborati movimenti di macchina, che avrebbero richiesto molto tempo e una grossa organizzazione. In questo caso, quindi, la scelta di una regia essenziale si è dimostrata a tutti gli effetti la più adeguata.
Non capita spesso di riuscire a girare un lungometraggio avendo alle spalle un solo corto. Come ci sei riuscito?
Entrambi i miei lavori sono stati realizzati grazie al Premio Solinas. Sotto casa è nato nel contesto del concorso “Talenti in Corto” ed ha avuto molta fortuna. Nello stesso anno, il 2011, ho vinto anche il concorso “Solinas Experimenta” e così poco dopo ho avuto l’opportunità di iniziare a lavorare a Monitor. Per tutto il processo di scrittura e di realizzazione del film il Solinas mi ha messo a disposizione tutor molto preparati e da loro ho imparato tanto. Per me si è trattata di un’esperienza formativa alla quale mi sono approcciato come fosse una vera e propria scuola. Tornassi indietro nel tempo lo rifarei mille volte e sono sicuro che, se come spero dovessi girare a breve un altro film, mi porterò dietro questo bagaglio e partirò molto avvantaggiato. Articolo pubblicato nel numero 11 di Fabrique du Cinéma (Autunno 2015)
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