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Giovanni Antonio Grassi, un gesuita italiano fra i fondatori della prestigiosa Georgetown University di Washington

Creato il 12 settembre 2011 da Wally26

Fonte:  Treccani (Stralci)

Giovanni Antonio Grassi, un gesuita italiano fra i fondatori della prestigiosa Georgetown University di Washington

Nacque a Schilpario, nel Bergamasco, allora in territorio veneziano, il 10 settembre 1775 da Florino e da Alma Matti. Ancora novizio, fu mandato (1801) in Bielorussia dove, per volere di Caterina II, la Compagnia di Gesù non era stata sciolta; a Polock, completati gli studi di teologia, prese gli ordini sacerdotali.  Proprio nel 1804 il G. fu scelto insieme con altri due gesuiti dal padre generale per andare a rinforzare l’ormai sparuta missione dell’Ordine a Pechino, nell’ambito di una spedizione politico-diplomatica organizzata dallo zar. Dopo una lunga serie di peripezie, vistisi rifiutare il trasporto dalla Compagnia delle Indie, passarono il 28 sett. 1805 a Lisbona contando di raggiungere la Cina via Macao. Ulteriori difficoltà e la notizia di persecuzioni anticristiane in Cina li tennero bloccati a Lisbona per altri due anni durante i quali il G., protetto dal nunzio, il bergamasco L. Caleppi, studiò trigonometria e matematica all’Università di Coimbra e approfondì le tecniche di rilevamento navale. Tramontato definitivamente il progetto della spedizione in Cina, nel 1810 la Compagnia inviò il G. nella missione gesuita del Maryland. Restò in America sette anni svolgendo un’opera di grande rilievo soprattutto come direttore del Georgetown College (l’attuale Georgetown University, della quale è annoverato tra i padri fondatori) nell’ottobre 1811.

Qui Grassi riaffermò le regole della Compagnia e la dipendenza del College dal generale. Abbassando le tasse d’iscrizione, risanò inoltre la situazione finanziaria perché favorì l’accesso al College dei figli della borghesia, anche protestante, della vicina capitale federale Washington (durante la sua direzione la presenza di studenti protestanti raggiunse il 25 per cento). Sotto la sua guida il College divenne dunque un’istituzione centrale, aprì al pubblico il suo museo e spesso ebbe in visita deputati e senatori provenienti dalla vicina Washington; e il presidente degli Stati Uniti J. Madison ne sancì l’importanza assegnando, nel 1815, valore legale ai titoli di studio che vi si rilasciavano.

Dopo il suo ritorno in Italia, che ebbe luogo nel 1817 e fu motivato dalla necessità di informare la congregazione di Propaganda Fide sul cosiddetto scisma di Charleston che aveva alla base un contrasto tra preti irlandesi e gerarchia ecclesiastica francese,  in attesa di tornare Oltreoceano, redasse le Notizie varie sullo stato presente della Repubblica degli Stati Uniti (di cui si puo’ leggere un interessante estratto dalla rivista “The North American Review“) rapida ma penetrante descrizione della giovane nazione americana, edita tre volte fra il 1818 e il 1822. L’autore vi descrive il clima, il suolo, i prodotti, il commercio, soffermandosi in modo particolare sull’incremento della popolazione. A tal proposito mette in guardia da un quadro idilliaco del fenomeno dell’immigrazione, che sconsiglia agli Italiani, ritenendoli per carattere lontanissimi dagli Americani industriosi e avidi di guadagno. Apprezza lo spirito di libertà, pur condannandone gli eccessi, e sottolinea l’importanza dell’istruzione elogiando le biblioteche circolanti. Facendo un paragone sfavorevole con gli Italiani, mette in evidenza l’inventiva degli Americani e il gran numero di brevetti e di trattati di ingegneria. Dopo aver descritto le leggi e i costumi politici degli Stati Uniti, passa alla religione elogiando la costituzione americana che garantisce la libertà di culto, che favorirebbe in definitiva la religione cattolica evitandole, a differenza di ciò che accade in Europa, ogni condizionamento da parte del potere politico. Mostra infine il frazionamento delle varie sette protestanti e illustra l’espansione territoriale delle diocesi cattoliche descrivendo la vita semplice e dura degli ecclesiastici.

Costretto da un’indisposizione fisica a rinunciare al desiderato ritorno negli Stati Uniti, il G. mantenne comunque la cittadinanza americana e visse la seconda parte della vita soprattutto tra Torino, Napoli e Roma. Nel frattempo, con sua grande sorpresa, fu scelto come confessore dal re Carlo Felice e dalla consorte Maria Cristina e fatto oggetto, con i confratelli J.P. Roothaan, futuro generale, e L. Taparelli d’Azeglio, della polemica scatenata dai liberali contro il ruolo egemone assunto dai gesuiti in Piemonte nel campo dell’istruzione. Anche la vicinanza del G. all’erede al trono Carlo Alberto non fu ben vista negli ambienti laici al pari delle altre mansioni a lui affidate, quali il recupero dei beni della vecchia Compagnia e la riforma dell’Università di Genova. Dal febbraio 1831 seguì quotidianamente la malattia del re fino alla morte (27 apr. 1831). Il 10 maggio 1831 il G. fu nominato primo provinciale della nuova provincia gesuita di Torino e rettore del collegio dei Ss. Martiri. Fu inoltre autorizzato a continuare la funzione di confessore della regina Maria Cristina, impegno cui il G. si dedicò per molti anni riducendo la sua attività nella Compagnia, tanto che, per seguire a Napoli la regina.

Nel 1842 Roothaan lo nominò assistente d’Italia, carica che detenne sino alla morte e che lo obbligò a rinunziare al ruolo di confessore, che avrebbe potuto conservare solo se Maria Cristina si fosse stabilita a Roma. Ciò provocò vibrate proteste da parte di Filiberto Avogadro di Collobiano, procuratore della regina, che accusò la Compagnia di Gesù di crudeltà, facendo temere ritorsioni su di essa. Per la sua conoscenza della Chiesa americana, nel 1846 il G. venne ancora incaricato da Propaganda Fide di esaminare gli atti del VI concilio provinciale di Baltimora sui quali redasse un “voto”. La rivoluzione romana del 1848-49 provocò la chiusura delle residenze gesuite. In virtù della sua cittadinanza americana, il G. restò a Roma continuando a vestire la tonaca e dando lezioni di inglese e di francese, anche se sorvegliato e costretto spesso a uscire dalle porte secondarie della sua residenza in palazzo Altieri. Nel maggio 1849 l’ormai anziano gesuita venne assalito nel suo letto e derubato. La sua salute, già da tempo malferma, declinò rapidamente e a partire dall’agosto restò in costante pericolo di vita. Spirò il 12 dic. 1849.


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