Giovanni Buffoni pregustava già il piacere che avrebbe avuto dicendolo a Marlene. Finalmente dopo un anno e mezzo di bella vita, le avrebbe potuto offrire qualche settimana di vita bellissima. Finora la bella vita era stata inframmezzata da qualche noia: gli impegni di lavoro, gli incontri con il figlio, gli appuntamenti con l’avvocato, le udienze davanti al giudice affianco a quella strega della ormai (Dio mio, che liberazione) ex-moglie. Ora che tutte le villette del comprensorio Poggio Ameno erano state vendute e che le banche erano state pienamente soddisfatte e che le minacce s’erano trasformate in invito a intraprendere nuove avventure, che il figlio aveva programmato un soggiorno di due mesi negli Stati Uniti, ora sì, aveva potuto prenotare quella crociera sul Mediterraneo che avrebbe lasciato Marlene a bocca aperta. A sessant’anni in giro sul mare azzurro assieme a una bella ragazza di venticinque, bionda, formosa, gentile, sì, forse un po’ imbronciata qualche volta, ma comunque sempre disponibile alle carezze o al sesso, beh, cosa poteva chiedersi di più! L’entusiasmo gli aveva fatto prendere sottogamba che di venerdì pomeriggio 24 giugno volersi spostare da Viale Marconi verso Torvajanica percorrendo la Pontina è cosa da sfidare il più placido degli uomini, figurarsi lui che bolliva dal desiderio di far saltare di gioia la sua Marlene e non voleva certo dirglielo per telefono, voleva averla davanti a sé, farsi inondare dal suo (presunto) stupore estatico. Giovanni Buffoni non aveva né l’attitudine né la pazienza per chiedersi se veramente per Marlene quella notizia sarebbe stata poi così eccitante, fatto sta che il più delle volte, quando ritardiamo la comunicazione di una notizia che riteniamo entusiasmante ubbidiamo a un impulso egoistico (non molto diverso dall’impulso che guida la beneficienza pubblica): la persona attinta da tanta benevolenza ne deve godere non per sé e in sé, bensì per nostro tramite e dev’essere un mezzo per aumentare la considerazione che desideriamo che quella persona abbia di noi.
Già all’altezza del Raccordo, prima e seconda, prima e seconda, freno, frizione e acceleratore, quest’ultimo appena sfiorato, il muscolo della coscia e il tendine della caviglia già cominciavano a dolere. In più la suoneria del telefonino, con il display che annuncia, non Marlene, come aveva sperato, no, non Marlene, il display annuncia, e proprio non se l’aspettava e proprio non voleva crederci, Adele. Non rispondere sarebbe stato inutile, perché la sua ex-moglie avrebbe continuato a farlo squillare fino a notte inoltrata e gli avrebbe rimproverato che neanche per un grave incidente del figlio sarebbe stato rintracciabile.
- Sì, pronto.
- Ah, buongiorno. Dove sei?
- Cosa importa a te dove sono io.
- Giusto. Stai venendo a prendere Gianluca? O te ne sei dimenticato?
Se n’era proprio dimenticato. Prima che Gianluca partisse per gli Stati Uniti, spettava loro o dovevano sopportare un altro fine settimana insieme.
- Non me ne sono dimenticato. Ci ho parlato e gli ho spiegato che ci vediamo domenica pomeriggio. Lui sa perché. Ciao e buon fine settimana
Contava di poterlo avvertire subito dopo essersi liberato dal morso canino di Adele, ma non fece in tempo a premere il tastino rosso e del resto sarebbe servito a poco conoscendo l’ostinazione della ex-moglie.
- Ah, e quando glielo avresti detto, visto che Gianluca è qui affianco a me e non ne sa niente ed è così scrupoloso che prima di uscire per fatti suoi ha voluto che ti avvertissi…
- E tu giustamente non ti sei fatta pregare. Da madre premurosa e tutta votata al benessere del figlio, soprattutto dopo che il bel Maurizio…
- Sei proprio egoista e meschino.
- Tu invece sei una rompipalle frustrata. E ti ricordo che hai cominciato tu con il bel Maurizio, il quarantenne palestrato che si è tolta la curiosità per la babbiona in calore e poi…
- Io invece ho qualche comunicazione da darti. Lo sapevi che la dolce Marlene prima di trovare il grande amore, il padre putativo, o il nonno, il vecchio porco, tanto per dire, divideva una monocamera con tre marocchini…
- Non me ne frega nien…
- Ma ancora non sono riuscita a sapere se l’affitto lo pagava in natura o coi quattro soldi guadagnati pulendo i cessi!
- E tutte queste belle cose tu come le sai?
- Le so, le so mi sono inform…
- Un investigatore privato! Hai preso un investigatore privato! Ma è fenomenale! Sei molto peggio di quanto si poteva mai immaginare! Oppure mi ami talmente tanto da interessarti ancora dei cazzi miei.
- Per carità, bello mio! Voglio solo impedire che il culo e le tette di un’immigrata si mangino il patrimonio di mio figlio…
- Che madre deliziosa…Sappi comunque che Marlene diventerà mia moglie e che tra pochi giorni andremo in crociera. Sì, proprio quella crociera che non abbiamo fatto per colpa tua e del bel Maurizio. Te lo ricordi? Il medico me l’ha sconsigliata, potrei soffrire il mal di mare, non me la sento di lasciare Gianluca da solo…Quante cazzate: erano i pettorali di quel cretino che non volevi lasciare. Povera imbecille!
- Ah, un’altra cosa ho saputo. La dolce Marlene faceva i bocchini al tuo avvocato prima di trovare il grande amore: gli faceva le pulizie a studio e gli faceva i bocchini. Com’è non te l’ha detto il tuo grande amico, il grande avvocato De Santis?
- Tu vedi troppo televisione, Mora, Fede e la Minetti ti hanno fatto dare di volta al cervello. E almeno in televisione ci mettono il bip, visto che Gianluca è lì vicino a te…
- Vuoi fare l’innamorato e invece sei solo un vecchio porco!
- Sì, ma c’è solo una cosa peggiore di un vecchio porco, una vecchia porca!!
Stavolta il tastino rosso l’aveva premuto e non avrebbe saputo dire se “stronzo” l’aveva sentito o solo immaginato. E non fece nemmeno in tempo a domandarselo perché aveva dovuto frenare a secco per non tamponare la macchina che lo precedeva, per altro con la paura di farsi beccare dalla macchina dietro: aveva preso un po’ di velocità prima della curva, prima, seconda, terza, 40, 60, 80 all’ora e subito dopo di nuovo come prima, tutti fermi, a smadonnare per telefono, de visu o nel pensiero.
“Se morirò in un incidente stradale, morirò a questa maledetta curva della Pontina!”
Avevano gridato tutto il tempo, fino a farsi dolere la gola e le vene del collo. Aveva bisogno di rifarsi un po’ la bocca, e giacché aveva ancora il telefonino in mano, decise che non avrebbe aspettato di essere chiamato.
- Ciao, dolcezza mia, che fai?
- Sono in spiaggia e mi rompo.
- Sto arrivando. Sono sulla Pontina, una mezz'ora e sono lì.
Press’a poco le stesse parole che migliaia di mariti, fidanzati, amanti stavano dicendo a quell’ora, su quella strada e con quel tono alle migliaia di mogli, fidanzate e amanti da sole sulla spiaggia. Per fortuna le cose si stanno un po’ mescolando e cominciano a esserci centinaia di mogli, fidanzate e amanti che possono dire la stessa cosa.
- Mi avevi detto che stavi qui ieri sera.
- Dolcezza mia, sono rimasto a Roma a prepararti una sorpresa…Ma ti dico dopo, sennò va a finire che vado addosso a qualcuno.
Ritardare, invece, una brutta notizia è spesso un atto d’amore: prolungare l’inconsapevolezza dell’altra persona di una morte o di una malattia grave o di un licenziamento o di una bocciatura, significa tenerla più lontano possibile da una sofferenza. Ma anche quest’atto d’amore ha una coda controversa: la persona salvaguardata potrebbe rimproverarci di aver nascosto una verità. Se invece la brutta notizia è contenuta in una domanda che a sua volta contiene un sospetto, e la brutta notizia sarebbe “ho motivo di dubitare di te”, allora il ritardo o la cautela tornano ad avere un’origine egoistica: se il sospetto è fondato non avremmo più la possibilità di credere che la cosa non sia avvenuta e dovremmo sobbarcarci il faticoso compito di ricostruire una nuova architettura d’illusioni per continuare a vivere e considerarci come prima.
Glielo avrebbe chiesto? Avrebbe avuto il coraggio di domandarle “Prima di conoscermi, andavi a letto con Vito, l’avvocato De Santis?”
Se lo avesse fatto, la cosa sarebbe andata press’a poco così. Immerso nell’acqua della piscina, avrebbe goduto dei movimenti rallentati, grazie al liquido che l’avvolgeva, alla frescura, alla quiete che gli offriva, avrebbe sentito che le cose più spigolose, gli aculei più fastidiosi possono ammorbidirsi, possono sciogliersi in modo quasi naturale o magico, si farebbe fatto l’idea che in fondo era una domanda come un’altra. Poi seduto sul lettino, continuando a frizionarsi la testa con l’asciugamano, sfruttando la scia di benevolenza che la notizia della crociera avrebbe dovuto assicurargli, “Senti, Marlene, ho bisogno di sapere una cosa. Prima di conoscermi o quando ci conoscevamo appena, andavi a letto con Vito?” Marlene, immobile, sdraiata sul lettino, senza togliersi gli occhiali da sole, senza dare a vedere un minimo di turbamento, come se le avesse chiesto se non volesse un gelato, avrebbe risposto “ma che dici, che ti viene in mente?” “Davvero, solo per curiosità.” Marlene si sarebbe alzata di scatto, avrebbe gettato sdegnata gli occhiali sul lettino, “no, non ci sono stata a letto, va bene adesso?” avrebbe detto. E se ne sarebbe andata verso la piscina a passo rapido, portandosi via quel bel corpo bianco nonostante i tentativi di rovinarlo con l’abbronzatura e sodo.
Sì, ma in realtà Adele aveva parlato di altro, si sarebbe detto Giovanni. Ma al ritorno dalla piscina non avrebbe avuto modo di precisare la domanda.
Il disgusto e il disprezzo che Marlene provava per quest’uomo che sembrava spiarla quando si vestiva, che era tutto contento quando, durante le compere – lo shopping, diceva lui -, tra le due paia di occhiali firmati lei sceglieva non quello che le piaceva di più, ma quello che costava il doppio dell’altro, e che prima di metterle le mani addosso le chiedeva ogni volta “ti va, amore mio. Sei sicura che ti va?”. Ora a quel disgusto e a quel disprezzo dissimulati e tradotti in sorrisini timidi e imbarazzati, ora poteva aggiungere il corpo flaccido, abbandonato, soddisfatto di sé e della grandiosa notizia che le aveva portato, mezzo o tutto addormentato su questo lettino da spiaggia sotto il sole e, soprattutto, poteva aggiungere questo filo di bava che colava da un lato della bocca e che Giovanni, mezzo o tutto addormentato, non sembrava sentir colare e non asciugava. Quel disgusto e quel disprezzo erano stati sovrastati, dopo che gli aveva gettato sul viso un piccolo asciugamano, “pulisciti, non vedi che sei sporco?”, dopo che l’aveva scosso sempre più violentemente, dopo che aveva gridato, dopo che aveva tentato di svegliarlo a voce sempre più alta, dopo aver chiamato aiuto, dopo essere inorridita, quel disgusto e quel disprezzo erano stati inghiottiti dal ribrezzo retrospettivo per aver toccato un morto.