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Giovanni Peli – Non abbiate solo vent’anni

Creato il 23 settembre 2015 da Carusopascoski

“Accorgetevi,
non abbiate solo vent’anni”
da un verso di Mario Benedetti

Giovanni Peli è principalmente un cantautore, un poeta e un amico. E tante altre cose insieme. Ci siamo scritti per anni e non ricordo neppure più da dove abbiamo iniziato. E poi ci siamo incontrati a Brescia, casa sua di cui conosce ma non ama ogni angolo. Li conosce tutti e ne ama alcuni, che fa amare anche a te. Mi ha regalato tutti i suoi dischi, i suoi libri, che sto leggendo poco a poco con piacere raro, perché Giovanni ha una intelligenza delicata e sorniona, pronta ad accendersi in un ritornello che ammalia, in una chiusura di versificazione che ti ferisce, insegnandoti sempre qualcosa della vita e dell’amore, dell’amore per l’amaro della vita. Sembra aver vissuto tanto, tantissimo più dei suoi anni, a giudicare dalla mole di dischi e libri che mi ritrovo adesso tutti davanti con mia fortuna, dalla coerenza dell’evoluzione di umori, temi e stilemi che attraversano i vari capitoli della vita della sua mente. Cantautore cerebrale e poeta sentimentale (nonché scrittore di storie per l’infanzia, neo-editore e saggista con fantasia), lo propongo qui nella sua duplice veste alternando una canzone a una poesia, e così sia.

Aiutami a scrivere questi versi
che siano del tutto veritieri.

Sul marmo levigato da un profeta
incise la sua storia dal principio.

Troppa aria risparmiano i polmoni
due braccia incastrate tra i cuscini.

Troppi nemici comporta la vita
la fede nella ragione e nella musica
atti dell’amore che più non ritorna.

Per questo volle amare come fanno tutti
dare il nome in uso ad infinite copie di chiavi.

Perciò abbandonò le frasi fatte
i richiami virgiliani e il paese delle meraviglie.

L’alternarsi di giorno e notte uscì di metafora.
Una vita noiosa lo accolse in un solletico
e ridendo amava ritenersi libero e carino.

Solo l’orizzonte lo turbava ancora
quei limiti infiniti ed impassibili
l’orizzonte che prolunga la distanza.

Imporrà agli uccelli di fregarsene
e godere di questa commedia brillante.

A parole si immolerà per gli abbietti
sangue per la disuguaglianza sociale.

Conobbe collezionisti di automobili
autostoppisti con zaini puzzolenti
filantropi glaciali e paternalisti.

Scrisse versi contro una città perbene
ma gli umili quanto a pensieri
anche loro hanno dentro le bugie.

L’ossessionava la verità che lo seguiva ovunque
con la sua silhouette trasparente e porca.

Ma a fin di bene si cede a tutto.

Si cede all’indottrinamento
perché alla fine è giusto così
e la verità la possiamo immaginare.

Il suo è un nome qualunque
spezzato in cento e passa diminutivi.

Erano quattro considerazioni
eco sciupate di castelli in aria
Marco-cuore-raro e le amare rime.

Senza pensare che ha perso il lavoro
cinnamon girl canticchia aggiornatissimo
perché il Principe non l’ha mai tradito.

Ma come avrebbe fatto lui a gestirsele
alla ricerca di una guida anch’io
fossi gatto fossi in una storiella.

Rifarsi una vita dietro il cespuglio
strusciami fra i tuoi seni belli e penduli.

C’erano stazioni obbligatorie
sentieri di recente asfaltati
per ritirarsi in una tana di fiabe.

Mondi alternativi e perfetti
dove le parole sono troppo importanti.

Un padre mai avuto

Sono dei poveri diavoli anche loro
alla fine lavoratori
e poi un po’ a puttane un po’ a bere
gli inglesi
mentre allo scalo a Singapore
ancora gli occhi chiusi teneva.

Figlio mio, vedi com’è bella la vita
non sai mai quello che ti capita
come cadere, uccidersi.
E gli occhi io me li sono ammalati.
Ma
puoi scegliere
di proteggerti

avere cura di te, non innamorarti delle persone sbagliate.
Scoprire che la colpa
del tuo male è invisibile a tutti ed è solo tua.
Impara a non rispettarti, a saperti nemico
allora sì che allora tu te la cavi.

Omaggio a Pagliarani

La macchina fotografica la voleva regalare proprio a lei,
la giovane sua nuova segretaria, che poi avrebbe capito,
che qualcosa in cambio era giusto darlo, e lui, il capo, proprio se l’aspettava.
L’impiego era bello,
l’ufficio in una via così vecchia e accogliente,
vicino a certi palazzi vecchi con dentro il giardino,
che belle le ville dei signori e il capo quel furbo,
mandava sempre Franco a fare le commissioni
e cominciava a parlare di quanti soldi aveva,
di come gli affari stavano andando bene,
di come era contento di avere in ufficio due aiutanti bravi e giovani,
e belli come lei, e anche come Franco, che era un bravo giovane.
Tutto lei con quel viso avrebbe poi ottenuto
e un vuoto per tutta la vita
e giochi senza regole, apatia.
E noi
col sonnifero e tanti rimandi letterari
cose vere non nostre.

Giovanni Peli – Non abbiate solo vent’anni


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