Aspettando il post
Mi rendo conto di quanto possa risultare vergognosa la mia assenza di questi mesi, ma a volte anche le star si assentano dal palcoscenico per un periodo, gli scrittori perdono l’ispirazione e i professori universitari si concedono l’anno sabbatico. Perciò.
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Frequentare mostre d’arte è impegnativo: sono costose, a volte necessitano l’attesa in file astronomiche e spesso sono deludenti rispetto alle aspettative che ci si era posti prima di entrare. Le stanze sono piccole e piene di gente che fa commenti a voce alta per dare sfoggio della propria erudizione, quindi risulta assai difficile potersi gustare la propria visita in santa pace ascoltando solo i propri pensieri e non quelli del simil-critico che vi sta accanto. Di solito i percorsi sono lunghi e si arriva all’ultima sala avendo completamente dimenticato il tema della mostra, gli artisti che dovevano essere presenti fino al punto che se un amico a cena vi chiede “vi è piaciuta?” voi avete serie difficoltà nel rispondere, e vi aiutate facendo scorrere sotto il tavolo le cartoline delle opere principali che avete acquistato al bookshop prima di uscire. Morale: una mostra dev’essere davvero entusiasmante per rimanere nel cuore del visitatore. Non solo per i pezzi esposti, perchè può apparentemente sembrare semplice e di facile successo esporre un’opera di Caravaggio ma siamo sicuri che in qualunque modo voi la esponiate si ottenga la stessa reazione di entusiasmo?Alla mostra “Miseria e splendore della carne” in corso al Museo d’arte della città di Ravenna, Caravaggio è in una posizione direi decisamente strategica. Cioè alla fine. Questo per alcuni semplicissimi motivi: perchè è l’opera-chiave-madre di tutta la mostra, e Caravaggio quindi è un po’ il deus ex machina di tutto il percorso; perchè la mostra è costruita su una struttura decisamente teatrale e quindi la “riapertura di un sipario immaginario” sul Ragazzo morso da un ramarro è uno spettacolo davvero sbalorditivo; perchè il critico al quale è dedicata la mostra, Giovanni Testori, era un anti-Radical, e in Caravaggio non c’è nulla di Radical Chic, anzi. Per usare un neologismo di gran voga ultimamente, questa è una mostra di pancia (che Simona Ventura mi voglia gentilmente passare il termine da lei coniato…): Caravaggio è un’artista di pancia, come lo sono Francis Bacon, Chaïm Soutine, Alberto Giacometti, Renato Guttuso e sì, anche Ennio Morlotti (se non lo è stato lo diventa inserito in un contesto del genere…). Questi sono solo alcuni dei nomi presenti che fanno da corteo a Caravaggio e a tutta la generazione dei caravaggeschi “pestanti” carichi di colore scuro e luci soffuse e scenari morbosamente macabri. Le teste mozzate del Battista sono carichi di una passionalità travolgente quanto lo può essere la carnalissima estasi della Maddalena, di Erodiade e di San Francesco d’Assisi. L’ambiguità, ecco cosa si percepisce osservando queste opere: San’Antonio da Padova è ambiguo quanto la Strega di Otto Dix, o l’Esteta di Schlichter. E’ come se le opere scelte, collezionate e studiate da Giovanni Testori rispecchiassero esattamente la sua ambiguità omosessuale che è in continuo tormento col la sua fede smisurata. Tormento ed estasi, spiritualità e perdizione: come se Testori si sentisse perennemente in colpa per ciò che era e provava, un continuo contrasto interiore rispecchiato da queste tele maciullate di colore che lui vedeva come carne pulsante.
Ci sono tanti stati d’animo quindi, che si possono percepire all’interno di questo percorso fatto di tre piani, cinquanta artisti e centocinquanta opere d’arte. Un percorso tutto sommato semplice, se si pensa che inizia dal Cinquecento con gli artisti di area lombarda (trasudanti Lombardia tanto quanto ne poteva trasudare Testori essendo nato e cresciuto in una provincia lombarda) fino ad arrivare alla Transavanguardia, in particolare al teatralissimo Mimmo Paladino innamorato del palcoscenico tanto quanto lo era stato un Testori che in ambito creativo diciamo se l’è cavata abbastanza bene in vari settori, dalla critica d’arte al giornalismo, dalla pittura alla poesia al teatro. Forse un po’ troppo dannunziano, per certi aspetti nei suoi testi di critica, ma intenso e passionale e soprattutto vero: Giovanni Testori si potrebbe definire anti-Radical proprio perchè amava la pittura vera, diretta e realistica, priva di ambizioni intellettualistiche e di nicchia. Anti-Radical perchè controcorrente, ma non per moda, per davvero: non amava gli ultra-inflazionati impressionisti, non amava il cubismo, non amava tutti quegli stili forse un po’ troppo distanti dalla realtà e non leggibili da chiunque. Guttuso e non Picasso, la pittura della gente contro gli sfoggi di virtuosismo stilistico, frutto di elucubrazioni mentali totalmente lontane dalla tangibilità del reale.Alla fine di questo lungo percorso quindi, si trova Caravaggio, che riassume in un certo senso tutti i concetti esaminati lungo le sale, che corona un’esposizione entusiasmante, coinvolgente: una ciliegina, che difficilmente vi permetterà di dimenticare “il groppo” che proverete facendo parte anche solo per un’ora del turbolento mondo di Giovanni Testori.