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Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente

Creato il 22 aprile 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Valeria Arena 22 aprile 2013 Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente

Era quasi impensabile credere che il livello di narcisismo della prima stagione di Girls potesse essere superato, e invece Lena Dunham ci ha regalato, nel corso della seconda, un quinto episodio (One Man’s Trash) completamente scollegato dall’intera serie, che altro non era che la rappresentazione fittizia del bisogno di realizzarsi in pieno, almeno a livello sentimentale, e quindi di conseguenza anche professionalmente, di uccidere le proprie sfighe e rendere reali i desideri più inconsci, almeno apparentemente: il simbolo più eloquente del suo lavoro e della generazione che continua a dipingere in maniera perfetta. Lena Dunham è infatti un’inguaribile romanticona, come dimostra il finale di stagione, una che crede nella favola e che mette l’amore sempre al primo posto. Non è un caso che l’allontanamento da Adam sia il principio di una serie di sfortunati eventi che porteranno all’autolesionismo più sfrenato, dai capelli alla Giovanna d’Arco al Còtton fiòc nell’orecchio, passando per l’esaurimento nervoso e il menefreghismo sul lavoro. Questa seconda serie, con l’eccezione di quel raggio di sole che è il quinto episodio e l’happy end, è decisamente più cupa e pessimistica. Lo sbriciolamento della sfera degli affetti e del mondo professionale segue la scia della prima stagione, ma questa volta affonda il coltello: c’è chi perde il lavoro e deve reinventarsi, cosa che a vent’anni sembra essere difficile per il team di Girls, chi vuole qualcosa di più di un fidanzato poco ambizioso e poco affascinante, che niente c’entra con il tanto sognato Sex and the City, chi ha scoperto che il matrimonio con uno sconosciuto è effettivamente una grande stronzata, e chi, nonostante abbia trovato un editore che gli commissioni un libro (sulle modalità e sui tempi ci sarebbe da scrivere un altro articolo) e abbia regalato un procedimento restrittivo a un ex apparentemente scomodo, cade in paranoia, vittima di un disturbo ossessivo compulsivo che è la metafora perfetta della generazione più nevrotica che sia mai esistita, quella dei ventenni di oggi, ambiziosi e pretenziosi.

Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente

La Dunham rincara la dose e disegna nuovamente un gruppo di giovani ossessionati da sé stessi e dal proprio mondo, che si rincorrono senza tregua. Gli stessi giovani campioni mondiali di lagna sulla spalla dell’amico, convinti che i loro problemi siano sempre peggiori di quelli degli altri, e che le loro sofferenze possano dare vita a opere e lavori leggendari, come l’app a prova di ex e il tour di droghe di cui è protagonista Hannah. I giovani figli di Zuckerberg, il simbolo di una generazione, quello che, con il cuore a pezzi, ha creato Facebook dopo esser stato mollato dalla fidanzata, e cambiato le relazioni sentimentali. I protagonisti di Girls esorcizzano le delusioni amorose alla maniera di Zuckerberg, e sono degli eterni insoddisfatti, perché vorrebbero avere a vent’anni quello che nemmeno a cinquanta è dato per certo, come se l’equazione insoddisfazione sentimentale = capolavoro potesse valere sempre. Lena Dunham è però ricca di talento, ironia e senso critico, ed è diventata davvero la voce della sua generazione, proprio come la sua Hannah desiderava. A ventisette anni riunisce in pieno tutte le idiosincrasie e le ambizioni dei giovani che rappresenta e racconta, ecco perché la sua bravura ha qualcosa di arrogante e ammaliante allo stesso tempo. Quel che è certo è che il motore di Girls è l’amore, la difficoltà di conciliare la realizzazione professionale e quella sentimentale, solitamente la seconda ha un’influenza devastante sulla prima, e il bisogno di acciuffare tutto ciò che si desidera. Una generazione di sopravvalutati, non dagli altri ma da sé stessi, convinti di meritare di più solo perché giovani e ricchi di aspirazione e di esperienze. Gli stessi a cui Nora Ephron e Philip Roth hanno fatto del male, e creato false speranze, perché non basta un’esperienza personale per creare un capolavoro o un’opera degna di nota, ma è necessario saperla raccontare, assimilarla, comprenderla, analizzarla e forse anche superarla.

Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente

D’altra parte ci sono poi i casi patologici, o quanto meno presentati come tali, Adam e Ray, per citare i più importanti, gli sconfitti per natura, realistici tanto quanto gli altri. L’altra parte della moneta, quella che non aspira e non sogna, ma si adegua alla propria mediocrità, andandone spesso anche fiera. Quello che accomuna i due esemplari è la disastrosa vita sentimentale e il non sapere ricongiungere i pezzi di un’ambizione fin troppo pretenziosa nel primo caso e del tutto assente nel secondo. Adam e Hannah, in maniera differente, sono esempi perfetti di masochismo, di lagna e piagnistei, di bisogno impellente di urlare i propri disagi, insieme alla finta volontà di voler migliorare e cambiare. La generazione di Hannah si piace così, vittima e carnefice allo stesso tempo. Non meno importante è la questione femminista, tutta racchiusa nel personaggio della Dunham e nel suo fisico non spettacolare, pieno di grasso e cellulite, simbolo ormai di un gruppo di donne che sfida a parole i modelli pubblicitari e dell’industria dello spettacolo, pur sapendo che il vento ha preso da tempo altre traiettorie. Una mossa senza dubbio ricattatoria, populista e vagamente narcisista, e quindi ammaliante per chi da anni vuole dimostrare che la scenografia e l’apparenza hanno poca importanza; Hannah, nonostante non sia né una modella di Victoria’s Secret né una Belen qualsiasi, ha un parterre pieno di uomini che nemmeno una taglia 42 può sfoggiare.

Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente

La scenografia crolla e le poco attraenti possono finalmente trionfare. C’è chi gioca a fare la femminista, ignorando il reale e la contemporaneità, e chi invece, per molto meno, ha inseguito il mito della perfezione fisica, come Geppi Cucciari, che alcuni secoli fa era la nostra Lena Dunham. Quel lagnarsi, quell’elogiare la taglia 48, quel dipingere un modo che effettivamente non esiste, è solo una maniera per giustificare sé stesse e perdonarsi per non aver avuto la stessa buona volontà della Cucciari. Capisco che essere contemporanei e realisti è un lavoro faticoso, e bisognoso di talento, ma la mossa della Dunham appare scorretta; anche io, allora, regalando un barattolo di Nutella a tutte le donne nel mondo, e giurando che possiamo essere attraenti e seducenti pure con qualche chilo in più e con occhiaie chilometriche, posso crearmi un endorsement da paura. Quel «non curatevi della vostra persona, dei vostri capelli, del vostro viso e della vostra alimentazione, tanto sarete fighe lo stesso», indugiando sul proprio corpo, è per ogni donna nettare puro, e Lena Dunham lo sa bene. È diventata il simbolo di una generazione, ma sarà sempre quella che veste Zac Posen, che ha vinto un Golden Globe, che vive a New York e ha un fidanzato rockstar, a cui il popolo reale non somiglierà mai. Avrà pure surclassato le sue amiche e colleghe fighe, ma la sua scenografia c’è e si vede. Chi la ama spera che la sua buona volontà non avrà mai il sopravvento su un barattolo di Nutella, come è invece successo alla nostra Cucciari, al contrario estremamente contemporanea.

Girls Season 2: lo Sgretolio di una Generazione Pretenziosa e Saccente


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