Onore ad Easy-Ryder Hesjedal (Garmin-Barracuda), primo vincitore canadese del Giro d’Italia: è stato l’unico a non farsi ipnotizzare – e narcotizzare – dal ritornello “oggi devono attaccare i big”, rilanciato anche da noi – che ci abbiamo creduto per davvero! – quanto puntualmente smentito da ogni tappa, e gli è bastato resistere al ritorno di Joaquim Rodriguez (Katusha) – uno che doveva venire al Giro a caccia di tappe e invece rischia, a momenti, di tornare in Spagna con una maglia rosa, dopo aver focalizzato la preparazione sulle Classiche delle Ardenne (che ha corso da protagonista) – per vincere.
Sarà per via dell’età, o di un talento cui manca sempre qualcosa per permetterci di dire che è completo, ma – rispettivamente – Ivan Basso e Michele Scarponi ci hanno deluso. Damiano Cunego è “NP”, ma del resto non è partito da Herning per vincere, mentre possiamo consolarci con i “one hit wonder” Ferrari e Guardini (per gli sprint), Adriano Malori (un giorno in maglia rosa) e Matteo Rabottini (maglia azzurra, protagonista dell’azione più entusiasmante di queste tre settimane coronata con il trionfo a Pian dei Resinelli).
A tutti quelli che si chiedevano, dopo aver visto Hesjedal vestire la rosa a Rocca di Cambio, chi fosse questo canadese, ironizzando sul suo nome (is he Ryder?, ossia: è un ciclista? e di che tipo?), Milano ha dato la risposta meno prevista e più spiazzante: yes! Vincere dopo 3.500km di corsa non è mai facile; ma con una concorrenza così bloccata dietro tatticismi – alla luce dei risultati – davvero poco comprensibili, è stato Easy-Ryder Hesjedal.