#GiroTeam | Androni Sidermec | Week 0

Creato il 11 maggio 2015 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Nella sala da pranzo c’è il brusio leggero di tutte le sale da pranzo degli alberghi. La solita tavolata e i nove ragazzi Androni per il Giro d’Italia 2015. Pellizzotti, Dall’Antonia, Appollonio, Frapporti, Stortoni, Zilioli, Bandiera, Tvectov, Gatto. E’ la vigilia. Fuori dalle finestre c’è il mare della sera, le palme che diventano sagome scure contro il cielo ancora chiaro all’orizzonte.
Sui piattini i vasetti di yogurt, il miele, qualche fetta di prosciutto, mezzo limone. Sono le sette e mezza, il cameriere porta il dolce e una torta di mele anche per me. Poi chiede ai corridori che cosa vorrebbero per la prossima cena, quella di domani. “Guarda che se vuoi la pasta con le vongole basta che me lo dici, io te la porto” scherza con Oscar. “Basta che poi pedali!” Arrivano Roberto Miodini e Giovanni Ellena i DS, a distribuire i numeri per domani e il programma della giornata.
Alle dodici si esce? Ma quand’è che si mangia?” chiede Simone.
Non si mangia” gli risponde ridendo Zilio.
Uscita in bici alle nove e poi prova percorso. Appo dice che oramai lo sanno a memoria, c’è solo da correre. Son diciassette chilometri di pista ciclabile col mare a fianco, fino a Sanremo. Cronometro a squadre come da tradizione. Oh, Oscar lanciami una spilla” chiede Tiziano. C’è uno scambio di spille da balia, quelle che servono per attaccare i numeri, qualcuno non le vuole, preferisce le sue, quelle che ha portato da casa.

Piccole scaramanzie. Assieme ai piccoli rituali, come quello del caffè sul pullman prima di andare a dormire. Mentre si fa buio, ci si siede tutti sulle poltrone a fianco della macchinetta espresso e si parla sotto la luce al neon di quella che per loro è una piccola casa viaggiante. Di tutto, di niente. Pelli apre un cassetto, cerca i biscotti. Ce ne è un pacchetto ancora chiuso. L’ultimo. Cuor di mela, vanno a ruba. Li rimette a posto ridendo. Non si può aprirli, il Giro non è nemmeno cominciato, vanno tenuti da conto. Da fuori si pensa sempre che la vigilia di una grande corsa a tappe sia un momento quasi sacro. La concentrazione, la tensione che va stemperata con un buon sonno, con la ricerca della serenità. Il silenzio. Tiziano è seduto di fianco a me e, quando gli chiedo se sono tesi, mi risponde ridendo: “Per niente! E’ un Giro duro, già da subito, dalle prime tappe. Ma tensione zeroForse l’unico che avverte l’aria della vigilia è Serghei. E’ seduto in silenzio con il suo caffè in mano. Quest’anno è stato catapultato nel mondo delle corse europee e questa è la sua prima volta al Giro. La prima volta. La folla, il tifo, le città di tappa che si colorano di rosa e per un giorno sono il centro del mondo. Forse non riesce bene ad immaginare davvero quello che l’aspetta. Flag lo sa fin troppo bene: lo scorso giro ha trascorso più chilometri in fuga che nella pancia del gruppo. Lo amano soprattutto per questo, il pubblico ha da sempre un debole per quelli che restano al vento per tanti chilometri. Conosce l’affetto che la gente regala ad ogni arrivo, dal primo all’ultimo. “Sì, ci sono delle tappe che ci siamo segnati” spiega Tiziano. “E abbiamo anche segnato le altre” ride Frappo, “quelle dove bisogna almeno cercare di arrivare sani e salvi, a limitare i danni!” “Noi dobbiamo anche pensare a sopravvivere in certe situazioni” dice Oscar. “Non siamo come gli  squadroni che possono guardare solo alla classifica generale.” Le luci della strada si accendono e anche quelle del camion con le biciclette: i meccanici sistemano le ultime cose. Cose da meccanici che servono perché tutto sia perfetto, perché le gambe abbiano il cavallo giusto.

Scende la notte sulla Riviera e la mattina della partenza di San Lorenzo al Mare è calda come un giorno d’estate. I bambini con le mamme corrono sulla spiaggia davanti al mare grigioazzurro e alla vecchia stazione le squadre si preparano per la cronometro. I ragazzi sotto il tendone rosso dei rulli hanno già cerottini e cotone. L’Androni Sidermec è la terza in lista partenti. Prima di loro AG2R, subito dopo Astana.
La cronometro scorre via veloce, tempo venti e ventinove. Contro il diciannove e ventisei dell’Orica Green Edge, sopra tutti gli altri in questo sabato pomeriggio. Ma questa è una specialità tutta particolare e ogni squadra ha il suo DNA. In quello di quasi tutti i ciclisti c’è sicuramente quello di guardare avanti e saper valutare le proprie potenzialità assieme ai limiti. La strada detta le leggi, ti insegna lei quello che sei.
La mattina dopo ad Albenga, attorno al pullman Androni c’è silenzio. Licio il meccanico dice che sono in riunione. Per Gianni Savio la riunione tecnica prima della corsa è fondamentale. Ecco, questa di sicuro è una cosa più sacra delle vigilie. Le biciclette aspettano la prima vera prova di forza metà al sole e metà all’ombra. Quella del capitano luccica di blu e di rosso. Pellizzotti.
Lo trovo più tardi, seduto in ammiraglia. Di fianco a lui, Serghei è appoggiato al manubrio della sua bicicletta: un piede a terra, l’altro infilato nel pedale. Manca poco all’incolonnamento.
Chiedo al capitano come è andata la prima tappa. Il Pelli si mette a ridere.
Non è che per caso hai una domanda di riserva?Il Giro comincia oggi. Davvero. Sotto questo sole di mezzogiorno che scotta e l’aria che viene dal mare. I tifosi hanno rapporti speciali con le loro squadre del cuore. Io credo che quelli dell’Androni Sidermec vogliano bene a questi ragazzi perché giù dalla bici sono gentili e sempre sorridenti e in corsa credono con tutto il cuore in ogni azione. Non è facile, soprattutto in un grande Giro, dove le fughe che partono da lontano sono per i sognatori folli, per quelli che sanno gestire anche a livello emotivo quella gara nella gara.
Pronti via e parte la fuga. Non so cosa abbia detto Gianni ai suoi ragazzi ma forse un po’ lo posso immaginare perché tra quelli che sono scivolati via dal gruppo c’è anche il numero quindici di Marco Frapporti. Sono in cinque e si danno cambi continui, il loro vantaggio sale fino a nove minuti. Poco prima del GPM sfortunatamente gli salta la catena ed è costretto ad inseguire per tutta la discesa per riprendere il gruppetto dei suoi compagni di fuga. Un passaggio a Genova, in mezzo al boato della gente sul traguardo di via 20 settembre e poi il gruppo se lo rimangia. Mancano solo dieci chilometri. Ma si sa che il ciclismo è così: possono riprenderti anche a pochi metri dalla linea. Qui non c’entra solo la fortuna ma c’è qualcosa che ha a che vedere con la perseveranza. O il coraggio. L’ultimo passaggio è solitario: il gruppo davanti, lui dietro. Ma sopra il rumore squillante della campanella c’è il saluto di Genova e il saluto suo. Il Frappo alza la mano e sorride appena: è un grazie reciproco. Il ciclista ai tifosi, i tifosi al ciclista. Si completano, sono due metà dello stesso cuore.
Sto bene” mi dirà dopo. Dopo la tappa, dopo che la piazza si è svuotata di tutto e sono rimasti i coriandoli a terra e l’acqua rosa che zampilla nella piazza deserta. “Già in Trentino sentivo che le gambe giravano bene. E poi Appo è arrivato ottavo, per l’Androni è una giornata da incorniciare.
Sto bene.
Forse l’avevo già capito subito dopo l’arrivo, quando era scivolato via sorridente da un’intervista. Questo sport è così. Arrivi imprecando oppure felice o ancora deluso. Ma la cosa strana è che non sempre dipende da una vittoria. E’ così difficile da capire per un mondo che vuole a tutti costi il gradino più alto, con ogni mezzo, però stando qui si capisce qualcosa in più sull’umanità abituata a fare sacrifici.
Frappo in fuga. Appo sesto.
Un caffè sul pullman e forse i Cuor di Mela aperti per l’occasione. La strada è ancora lunga ma per il coraggio e la fiducia non ci sono tempi prestabiliti. Fanno bene sempre. In bicicletta poi servono a tenere fisso l’ago della bilancia.
Hard work in the office, direbbero gli americani. Gli italiani, specialmente gli Androni che hanno quattro veneti in formazione, lo direbbero in dialetto.
Dura xe.  



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