L’emergenza è particolarmente sentita in Toscana, tradizionalmente zona della geotermia italiana, dove tra gli operatori c’è il timore che con le liberalizzazioni in atto si rallenti lo sviluppo del settore, fino a ieri in ottima salute. Il nuovo decreto rinnovabili prevede la riduzione degli incentivi e il riassetto della normativa di settore dove fino ad oggi esisteva un regime di esclusività delle attività di coltivazione riservato a Enel Green Power. E’ da oltre un secolo infatti che le Province di Siena, Pisa, Grosseto e Livorno detengono il primato per la produzione di energia da fonte geotermica; il decreto apre la strada a nuove richieste di perforazioni che potranno avvenire anche in altre regioni diverse dalle quattro province della Toscana.
“In poco più di due anni – si legge in una nota del CoSviG(Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche e UGI (Unione Geotermica Italiana) – sono state presentate in Italia, da circa una trentina di imprese italiane e straniere, più di 110 richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica. Una vera e propria esplosione di richieste che non ha precedenti nella storia italiana dello sfruttamento della geotermia a fini termoelettrici. Se queste iniziative avessero tutte esito positivo il conseguente potenziale produttivo potrebbe andare molto al di là di quanto previsto nel Piano di Azione italiano per le fonti rinnovabili (PAN), già nell’arco di 10 anni”.
“Il PAN – prosegue la nota – stabilisce, infatti, che la risorsa geotermica nel settore elettrico debba aumentare la propria capacità di circa 170 MW, dal 2010 al 2020, per arrivare a una produzione annua di circa 1100 GWh. Obiettivi di sviluppo in termini di capacità installati possibili e anche superabili, anche senza le nuove istanze di permesso di ricerca ma, spiega la nota, “il conseguimento del potenziale legato alle nuove iniziative sarà però possibile solo in presenza di un quadro chiaro e definito di regole, sia dal punto di vista dei sistemi di incentivazione che dei regimi autorizzativi. Se poi si considera il contributo che potrà venire con i nuovi permessi di ricerca richiesti (su una superficie presunta prossima a 10.000 km2), la stima è che i fluidi geotermici reperibili possano essere sufficienti per l’installazione di alcune centinaia di MW di nuova potenza, incrementando ulteriormente le stime del PAN“.
Un potenziale delle risorse davvero eccezionale che, secondo i rappresentati delle Associazioni di categoria: “ha stimolato un grande interesse del mercato che porta prudenzialmente a stimare che nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell’arco del prossimo decennio. C’è poi da considerare che questo potrebbe produrre anche un grosso sviluppo economico del settore tecnologico, dato che le richieste per i nuovi permessi di ricerca fanno riferimento, in molti casi, alla possibilità di produzione geotermoelettrica da risorse di media temperatura, resa oggi economicamente conveniente dallo sviluppo tecnologico per mezzo di tecnologie a ciclo binario, in cui l’industria Italiana è ben presente“.
“Questo scenario virtuoso sia per l’economia che per l’ambiente – secondo il comunicato -rischia di sfumare se non verranno definite e condotte adeguate politiche di promozione della risorsa geotermica che consentano alle istituzioni (centrali, regionali e locali) di affrontare insieme alle imprese, le principali criticità“.
Queste criticità, spiegano CoSviG e UGI, “sono costituite dalla definizione dei regimi d’incentivazione, della valutazione e riduzione del rischio minerario, della semplificazione e gestione delle procedure autorizzative, dell’accettabilità sociale degli impianti”
“La riduzione degli incentivi – infine- porterebbe una contrazione degli investimenti anche nel rinnovo degli impianti esistenti con conseguenze occupazionali sull’indotto già esistente, con forti negatività sociali, nelle zone geotermiche tradizionali”.