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Giù le mani dalla Libia!

Creato il 24 febbraio 2011 da Gctorino
Giù le mani dalla Libia!

In Libia, più che una guerra per il pane, è in atto una guerra civile. Lo scontro non nasce, come negli altri paesi del Maghreb e arabi, per motivazioni innanzitutto economico-sociali. Le condizioni di vita restano, in Libia, decisamente migliori di quelle negli altri paesi d'area, nonostante contrazioni in tale ambito dal 2003, con l'avvio delle liberalizzazioni (e ripresa delle relazioni con USA e Unione Europea) e con l'esaurimento del processo di socializzazione delle risorse. Il Gheddafi degli ultimi anni è profondamente diverso da quello che animava le lotte anticoloniali e pose il suo paese come sponda dell'antimperialismo africano e della resistenza araba. C'è una spaccatura dentro il gruppo dirigente della Jamayria, con evidenti ripercussioni e spaccature in ambito militare. Ci sono interessi da tempo consolidati di una borghesia clanica, reazionaria, di Stato, sostanzialmente anti-rivoluzionaria ed 'occidentale', ingrassatasi con le rendite petrolifere. Vi sono forze storicamente ribelli nella regione della Cirenaica islamica. Ci sono interessi imperialisti esterni che ambiscono ad inserirsi nel conflitto interno libico per spostare l'asse a tutto vantaggio di una nuova entità politica servile.
Le immagini che vengono di continuo rilanciate dalla grancassa massmediatica 'occidentale' di manifestanti con cartelli in inglese tipo "Free Libya" e bandiere della fu (fino al 1969) monarchia semicoloniale e corrotta di Idris la dicono lunga. Tutto ciò deve far profondamente riflettere. Che il senso critico non si perda sull'onda dei condizionamenti e delle manipolazioni massmediatiche. E' necessario uno sforzo di analisi e di comprensione, di ricerca di fonti alternative e di messa in moto della materia grigia per posizionare al meglio la propria riflessione ed una conseguente azione politica.
Giù le mani dalla Libia!
Gheddafi sembra si stia comportando in maniera brutale. Allo stesso tempo, però, in campo "occidentale" si danno già i numeri. Si parla di genocidio e fosse comuni, richiamando una situazione già vista contro la Serbia. Il ministro della Difesa francese parla di intervento militare, altri lo pongono di sfondo –e come scusa– per l'evacuazione degli "europei". Poche ore fa, la voce del padrone: il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nella sua prima dichiarazione da quando la crisi è cominciata, ha detto che la violenza «deve» essere fermata, e ha fatto appello alla comunità internazionale per un intervento «coordinato e concordato». Con lui c'era il segretario di Stato, Hillary Clinton, che lunedì a Ginevra incontrerà altri ministri degli Esteri per valutare un’azione comune. La violenza «deve» essere fermata. Parole non pronunciate per i massacri in Bahrein (anche) di queste ore e di cui nessuno parla o per le repressioni degli alleati filo USA. Parole mai pronunciate verso la violenza pluridecennale antipalestinese di Israele, che si continua anzi a sostenere, anche ponendo il veto all'ultima risoluzione di condanna di Israele (al Consiglio di Sicurezza dell'ONU lo scorso 18 febbraio), stavolta per la sua politica degli insediamenti coloniali.
Per gli USA intervenire in Libia sarebbe una bella mossa per instaurare un regime servile ed impiantarsi in una zona strategica, tra l'altro ricca di petrolio, al confine con l'Egitto, da destabilizzare se la transizione non andasse come auspicato. Avendo un ulteriore trampolino di lancio non solo in funzione di controllo delle economie subalterne cosiddette "europee", comunque da tenere sempre sotto controllo, ma anche per rafforzare la politica di contrasto a tutto campo della penetrazione cinese in Africa. La copertura comunicativa per un intervento militare in Libia ha già cominciato a produrre i suoi rumors di fondo, tra istanze umanitarie contro dittature e azioni preventive contro lo spauracchio di governi della Spectre, cioè pro Al Qaeda. Controllare un Paese di 8 milioni di abitanti non è come intervenire in uno di 40 o 80. Così dovrebbe essere. A Washington lo sperano e hanno già iniziato a muovere le loro pedine.
Fonte: http://indipendenza.lightbb.com/t754-giu-le-mani-dalla-libia

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