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Giudici, uomini o caporali

Creato il 14 agosto 2013 da Bernardrieux @pierrebarilli1

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GIUDICI, UOMINI O CAPORALIGIUDICI, UOMINI O CAPORALI A mar­gine di quanto recen­te­mente acca­duto, intendo le inter­vi­ste rila­sciate dal pre­si­dente della Sezione feriale della Cas­sa­zione, Anto­nio Espo­sito, c’è un aspetto che risulta agghiac­ciante e che risulta evi­dente dalle regi­stra­zioni divul­gate da “Il Mat­tino”: la grave dif­fi­coltà di locu­zione dell’alto funzionario.
Non per­ché si sia espresso in forma dia­let­tale, ma per la sua evi­dente dif­fi­coltà nel costruire delle frasi di senso com­piuto e nella zop­pi­cante costru­zione gram­ma­ti­cale. È un aspetto che stride con il pro­filo di una figura isti­tu­zio­nale, che ci si aspet­te­rebbe di altis­simo livello — almeno sotto il pro­filo cul­tu­rale -, quale dovrebbe essere quello di un giu­dice. Ad ascol­tarlo, sem­bra il cre­ti­netti della pub­bli­cità che ha pas­sato tutta la notte sul pc a cer­care voli o alber­ghi, finendo per sproloquiare. Pur­troppo que­sto non fa pub­bli­cità, non fa ridere, ma decide del cor­retto svol­gi­mento di due gradi di giu­di­zio, inci­dendo sulla libertà delle per­sone. E, di solito, uno che non sa par­lare, non sa nem­meno leg­gere. Spe­riamo solo che la scelta di far pro­nun­ciare la sen­tenza a quel giu­dice sia stata casuale e non per­ché repu­tato il migliore dei cinque. Da que­sta inter­vi­sta però tra­spare un aspetto ben più grave. La Cas­sa­zione non dovrebbe entrare nel merito ai pro­cessi, ma solo veri­fi­care se siano stati svolti in modo cor­retto o meno. Dalle dichia­ra­zioni del giu­dice (con­danna con­fer­mata per­ché sapeva, non per­ché non poteva non sapere) ciò non sem­bra affatto. La Corte suprema di cas­sa­zione non giu­dica sul fatto, ma sul diritto: è giu­dice di legit­ti­mità. Qual­cuno dovrebbe infor­mare Espo­sito e qual­cun altro dovrebbe pren­dere i dovuti prov­ve­di­menti del caso. Certo, la riforma della giu­sti­zia è fon­da­men­tale; la sepa­ra­zione delle car­riere, indi­spen­sa­bile. Ma il pro­blema è più pro­fondo. Il pro­blema sono gli uomini, non le leggi.
Quando un Paese deve nor­mare tutto, legi­fe­rare per rego­la­men­tare ogni aspetto della vita di una società, spin­gen­dosi a deci­dere cosa sia lecito o meno per­sino in campo etico o morale, ebbene, signi­fica che gli uomini delle Isti­tu­zioni di quel Paese non fanno il loro dovere. Signi­fica che troppi nascon­dono la testa nella sab­bia, e quando dovreb­bero alzare la voce, tac­ciono per­ché nes­sun codi­cillo obbliga loro di par­lare, anche di fronte a palesi ingiu­sti­zie. Si chiama viltà. Nes­suna riforma (ben­ché neces­sa­ria e auspi­ca­bile) potrà ripor­tare la magi­stra­tura nel giu­sto alveo delle sue fun­zioni: sono gli uomini a dover agire. Ed oggi, il solo che potrebbe farlo è il pre­si­dente della Repub­blica. È una fun­zione legit­tima e dove­rosa, non solo per la valenza del suo ruolo isti­tu­zio­nale pri­ma­rio, ma anche e soprat­tutto per il fatto di pre­sie­dere il Con­si­glio supe­riore della magistratura. In altri tempi, un altro pre­si­dente, Fran­ce­sco Cos­siga, definì il Csm «ultima sacca di socia­li­smo reale del nostro paese» e non esitò un istante a togliere la delega al vice­pre­si­dente per gui­dare lui stesso un ple­num del Csm. Prima però chiamò il coman­dante dei cara­bi­nieri del Qui­ri­nale, ordi­nan­do­gli di pre­ce­derlo e di cir­con­dare con i suoi uomini il Palazzo dei Mare­scialli e di tenersi pronti a inter­ve­nire se, dopo il suo discorso, il Con­si­glio non avesse tolto dall’ordine del giorno argo­menti di carat­tere poli­tico, che eson­da­vano dalle fun­zioni del Csm. Il caso — guarda un po’ — fu risolto subito, per­ché il vice­pre­si­dente, Gio­vanni Gal­loni, non per­mise la discussione. Oggi, invece, dopo la sen­tenza poli­tica del caso Media­set, abbiamo un pre­si­dente della Repub­blica che si è limi­tato a bia­sci­care la sua indi­gna­zione ed irri­ta­zione con una sem­plice dichia­ra­zione: «ed ora biso­gna rifor­mare la giu­sti­zia». Dichia­ra­zione entrata da un orec­chio e uscita dall’altro, che inol­tre è suo­nata come beffa per chi ha subito ves­sa­zioni e per­se­cu­zioni ventennali. E chi, di gra­zia, caro pre­si­dente Napo­li­tano, dovrà fare que­sta riforma? Che fac­ciamo, atten­diamo il Mes­sia? Dimo­stri rispetto per il suo ruolo, mostri corag­gio — almeno per una volta -, prenda per le orec­chie il giu­dice Espo­sito, lo porti davanti ad un Csm da Lei pre­sie­duto e lo sbatta a calci fuori dalla porta. Inva­lidi la sen­tenza di Cas­sa­zione e la rimetta ad altra sede, veri­fi­cando — lei garante — che la scelta degli uomini che dovranno giu­di­care sia final­mente impar­ziale e di alto profilo. Que­sto farebbe un uomo, pie­gando le leggi alla giu­sti­zia, non nascon­den­dosi die­tro ad esse, come fa un tra­vet dell’ultimo uffi­cio pub­blico per­ché non vuole pren­dersi alcuna respon­sa­bi­lità ed è troppo anno­iato per alzare il culo dalla sedia. Cazzo! Salga a bordo!, direbbe qual­cuno. Scelga se essere un uomo o un caporale.  Paolo Visno­viz,  ago­sto 2013
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